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Salvatore Quasimodo
Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968
che era partito con mezzi di fortuna per recuperarli per l'impossibilità del padre Gaetano a lasciare il servizio.
Dopo circa due mesi dalla nascita di Salvatore, il padre Gaetano fu trasferito. La famiglia del piccolo Salvatore fu costretta a spostarsi frequentemente, al seguito del padre, nelle varie stazioni ferroviarie siciliane: (Aragona Caldare, Sferro, Comitini, Roccalumera, Valsavoja). Nel 1908 a Gela iniziò a frequentare le scuole elementari.
Nel febbraio del 1909 il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto il 28 dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Quegli anni resteranno impressi nella memoria del poeta che li evocherà nella poesia Al Padre scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto di Messina inserita nella raccolta La terra impareggiabile.
Nel 1916 si iscrisse all' Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi trasferirsi a Messina nel 1917 e continuare gli studi presso l' Istituto "A. M. Jaci" di Messina dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città conobbe il giurista Salvatore Pugliatti ed il futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni e con i quali nel 1917 fondò il «Nuovo Giornale Letterario» una pubblicazione mensile, sulla quale pubblicò le sue prime poesie, venduta nella locale tabaccheria di uno zio di La Pira che divenne luogo di ritrovo per giovani letterati.
Nel 1919 si trasferì a Roma dove pensava di terminare gli studi di ingegneria ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli per impiegarsi in più umili attività: disegnatore tecnico presso un'impresa edile, e in seguito impiegato presso un grande magazzino. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XIII. Collaborò ad alcuni periodici e studiò il greco e il latino dedicandosi ai classici, destinati anch'essi a divenire per lui fonte di ispirazione.
Le precarie condizioni economiche di questo periodo terminarono quando nel 1926 venne assunto dal Ministero dei Lavori Pubblici ed assegnato come geometra al Genio Civile di Reggio Calabria. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere. Nello stesso anno sposò Bice Donetti, una donna di otto anni più grande, con la quale aveva convissuto ed a cui dedicherà una poesia (Epitaffio per Bice Donetti) dopo la sua morte avvenuta nel 1946:

« Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,
è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza. … »

Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti (ME).

« Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore. … »

Il padre andò in pensione nel 1927 e dopo una breve permanenza a Firenze si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con due sorelle che non si erano sposate. Molti anni dopo il poeta emigrato si raffigurerà con questi versi della poesia Lettera alla madre:

« … quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. … »

Risolti i problemi economici poté dedicarsi più assiduamente alla letteratura. Fu invitato a Firenze dallo scrittore Elio Vittorini, che nel 1927 aveva sposato la sorella Rosa, che lo introdusse nei locali ambienti letterari permettendogli di conoscere Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e Alessandro Bonsanti. Il Bonsanti che in quel tempo dirigeva la rivista Solaria pubblicò nel 1930 tre poesie (Albero, Prima volta, Angeli). Maturò ed affinò così il gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre, che lo stesso anno pubblicò per le edizioni Solaria.
Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia ed in seguito presso quello di Genova. In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1930 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all'ermetismo.
Ottenuto il trasferimento a Milano nel 1934, venne però destinato da un capo-ufficio alla sede di Sondrio. Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura, iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in una impresa di editoria e soprattutto si dedicò alla collaborazione con Letteratura, una rivista vicina all'Ermetismo.
Nel 1938 pubblicò a Milano una raccolta antologica intitolata Poesie, e nel 1939 iniziò la traduzione dei lirici greci. Nel 1941 venne nominato professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che mantenne fino alla fine del 1968.
Nel 1942 entrerà nella collezione Lo specchio della Arnoldo Mondadori Editore l'opera Ed è subito sera, che inglobava anche le Nuove poesie scritte tra il 1936 e il 1942.
Nel 1940, a guerra iniziata e a Patto d'Acciaio consolidato, collaborò con la rivista Primato. Lettere e arti d'Italia dove il ministro Giuseppe Bottai raccolse intellettuali di varia estrazione ed orientamento, anche lontani dal regime. Gli sarà rimproverato, in anni recenti, di aver sostenuto l’uso del voi con un intervento su un numero monografico del 1939 della rivista Antieuropa, e di aver inoltrato supplica a Mussolini perché gli venisse assegnato un contributo per potere proseguire l’attività di scrittore. In realtà, almeno per la seconda questione si tratta di una pratica necessaria per le difficili condizioni e nel clima della dittatura che favoriva strumenti umilianti e di rapporto diretto cittadino-duce come lettere, suppliche, implorazioni. Pur professando chiare idee antifasciste, non partecipò attivamente alla Resistenza; in quegli anni si diede alla traduzione del Vangelo secondo Giovanni, di alcuni Canti di Catullo e di episodi dell'Odissea che verranno pubblicati solamente dopo la Liberazione.
Nel 1945 si iscrisse al PCI e l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo Con il piede straniero sopra il cuore — ristampata nel 1947 con il nuovo titolo Giorno dopo giorno —, testimonianza dell'impegno morale e sociale dell'autore che continuerà, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte, composte fra il 1949 e il 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile, che si pongono, con il loro tono epico, come esempio di limpida poesia civile.
Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi con passione all’opera di traduttore sia di autori classici che moderni, e svolse una continua attività giornalistica per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale. Nel 1950 il poeta ottenne il Premio San Babila, nel 1953 condivise il premio Etna-Taormina con il poeta gallese Dylan Thomas, nel 1958 il premio Viareggio e nel 1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura, che gli fece raggiungere una definitiva fama e a cui seguirono le lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel 1967.
Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in America per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che nel frattempo erano state tradotte in diverse lingue. Nel 1965 cura la pubblicazione di Calignarmata, opera di poesia dell'autore Luigi Berti, uscita un anno dopo la morte di quest'ultimo (1964). Del 1966 è la pubblicazione di Dare e avere, sua ultima opera.
Nel giugno del 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, venne colpito da un ictus (aveva avuto già un infarto mentre visitava la Russia), che lo condusse alla morte dopo pochi giorni all'ospedale di Napoli. Il suo corpo fu trasportato a Milano e seppellito nel Cimitero Monumentale.


Opere principali
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1930 - Acque e terre
1932 - Oboe sommerso
1933 - Odore di eucalyptus ed
          altri versi
1936 - Dal Profondo
1936 - Erato e Apòllìon
1938 - Francesco Messina
1938 - Poesie
1944 - Lirici greci
1942 - Ed è subito sera
1957 - Il fiore delle "Georgiche"
1945 - Petrarca e il sentimento
          della solitudine
1945 - Il Vangelo secondo
         Giovanni
1947 - Giorno dopo giorno
1947 - Alle fronde dei salici
1949 - La vita non è sogno
1953 - Il falso e vero verde
1958 - La terra impareggiabile
1960 - Il poeta e il politico e
          altri saggi
1966 - Dare e avere. 1959-1965
1969 - Leonida di Taranto
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SALVATORE QUASIMODO


S
alvatore Quasimodo nacque il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa a Modica, dove il padre, capostazione, era stato assegnato nella locale stazione. In seguito all'alluvione di Modica, il 26 settembre 1902, qualche giorno dopo il suo primo compleanno, la madre Clotilde con i piccoli Salvatore ed il fratello Enzo poco più grande nato nel 1899, si  trasferì  nella  più  sicura casa di Roccalumera, dal  nonno paterno Vincenzo
Pagina a cura di Nino Fiorillo                          e-mail: nfiorillo@email.it
SALVATORE QUASIMODO