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Antonio De Curtis - TOTO'
Napoli, 15 febbraio 1898 – Roma, 15 aprile 1967
Nato Antonio Vincenzo Stefano Clemente da Anna Clemente e dal marchese Giuseppe De Curtis, fu adottato nel 1933 dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas. Maschera nel solco della tradizione della Commedia dell'Arte, accostato a comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin, ma anche ai fratelli Marx e a Ettore Petrolini; adoperò una propria unicità interpretativa, che risaltava sia in copioni puramente brillanti, sia in parti più impegnate, sulle quali puntò soprattutto verso la fine della carriera.
Totò spaziò dal teatro, con oltre cinquanta titoli, al cinema, con 97 film interpretati dal 1937 al 1967, e alla televisione, con una serie di nove telefilm diretti da Daniele D'Anza poco prima della scomparsa. I suoi film, visti da oltre 270 milioni di spettatori (un primato nella storia del cinema italiano), riscuotono ancora oggi grande successo, e talune sue battute e gag sono diventate perifrasi entrate nel linguaggio comune. Concluse la sua vita in condizioni di quasi cecità, per una grave forma di corioretinite probabilmente aggravata dalla lunga esposizione ai fari di scena.
Totò nacque il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità (un quartiere considerato il centro della “guapperia” napoletana), in via Santa Maria Antesaecula al secondo piano del civico 109, da una relazione clandestina di Anna Clemente con Giuseppe De Curtis che, in principio, per tenere segreto il legame, non lo riconobbe, risultando dunque per l’anagrafe "Antonio Clemente, figlio di Anna Clemente e di N.N."
Solitario e di indole malinconica, crebbe in condizioni estremamente disagiate e fin da bambino dimostrò una forte vocazione artistica che gli impediva di dedicarsi allo studio, cosicché dalla quarta elementare fu retrocesso in terza. Ciò non creò in lui molto imbarazzo, anzi intratteneva spesso i suoi compagni di classe con piccole recite, esibendosi con smorfie e battute. Il bambino riempiva spesso le sue giornate osservando di nascosto le persone, in particolare quelle che gli apparivano più eccentriche, cercando di imitarne i movimenti, e facendosi attribuire così il nomignolo di «'o spione». Questo suo curioso metodo di "studio" lo aiutò molto per la caratterizzazione di alcuni personaggi interpretati durante la sua carriera. Terminate le elementari, venne iscritto al collegio Cimino, dove per un banale incidente con uno dei precettori, che lo colpì involontariamente con un pugno, il suo viso subì una particolare conformazione del naso e del mento; un episodio che caratterizzò in parte la sua "maschera". Nel collegio non fece progressi, decise di abbandonare prematuramente gli studi senza ottenere perciò la licenza ginnasiale. La madre lo voleva sacerdote, in un primo tempo dovette quindi frequentare la parrocchia come chierichetto, ma incoraggiato dai primi piccoli successi nelle recite in famiglia (chiamate a Napoli «periodiche») e attratto dagli spettacoli di varietà, nel 1913, ancora in età giovanissima, iniziò a frequentare i teatrini periferici esibendosi - con lo pseudonimo di "Clerment" - in macchiette e imitazioni del repertorio di Gustavo De Marco, un interprete napoletano dalla grande mimica e dalle movenze snodate, simili a quelle d'un burattino. Proprio su quei palcoscenici di periferia incontrò attori come Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo e i musicisti Cesare Andrea Bixio e Armando Fragna. Durante gli anni della prima guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio Esercito venendo assegnato al 22º Reggimento fanteria, rimanendo di stanza dapprima a Pisa e poi a Pescia. Venne quindi trasferito al CLXXXII Battaglione di milizia territoriale, unità di stanza in Piemonte, ma destinate a partire per il fronte francese. Qui si situò il comico episodio nel quale, prima di partire, il comandante del suo battaglione lo avvertì che avrebbe dovuto condividere i propri alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle strane e temute abitudini sessuali. Totò a quel punto, terrorizzato, improvvisò un attacco epilettico alla stazione di Alessandria, riuscendo a farsi ricoverare nel locale ospedale militare e a non partire per la Francia. Rimasto in osservazione per un breve periodo, quando venne dimesso dalle cure ospedaliere venne inserito nell' 88º Reggimento fanteria "Friuli" di stanza a Livorno. Proprio in quel periodo Totò subì continui soprusi e umiliazioni da parte di un graduato; da quell'esperienza nacque il celebre motto dell'attore: «Siamo uomini o caporali?».
Quando finisce la guerra torna al teatro. Comincia a fare "banda" con  gente come Eduardo e Peppino De Filippo, Cesare Bixio. Chi faceva prosa, chi componeva canzoni, chi si dedicava al varietà. Antonio continua su questa strada e acquista una certa notorietà. La coincidenza vuole che il marchesino suo padre avesse iniziato una sua attività, di agente teatrale, che lo aveva reso economicamente indipendente dalla famiglia che quindi si fosse riavvicinato ad Anna Clemente. E nel 1921, alla morte del marchese padre, si sposa con lei. Antonio diventa Antonio De Curtis (il riconoscimento vero e proprio sarà però del 1928). Una "versione romantica" che la prima moglie di Totò, Diana Rogliani, avrebbe a più riprese contestato.
Anna e Giuseppe si trasferiscono a Roma. E Antonio con loro. La sua vita subisce una radicale modifica. Dopo aver lavorato in vari piccoli teatri romani, approda da Jovinelli. Ben presto diventa una stella e inizia a viaggiare per l'Italia in tournée. Gli anni della povertà sono definitivamente finiti.
Il suo personaggio si è ormai consolidato: e la marionetta disarticolata, in bombetta, tight fuori misura, scarpe basse e calze colorate che conserverà per tutta la vita.Totò va pazzo per le donne e le donne vanno pazze per lui. Era celebre il divano che si faceva mettere in camerino per eventuali ospiti. Poi conosce Liliana Castagnola, famosa cantante di café-chantant da destino malinconico e tragico. Una maliarda, ma che di lui si innamora alla follia: gli propone di fare compagnia insieme e al suo rifiuto, la notte del 3 marzo 1931, si suicida. Colto da rimorsi postumi, Totò la fa seppellire nella tomba di famiglia dei De Curtis. E, qualche anno dopo, darà il nome dell'amante alla figlia. 
Sono passati pochi mesi dalla morte della Castagnola e a Firenze  Totò conosce una sedicenne  fiorentina, Diana Bandini Lucchesini Rogliani, che va a vedere un suo spettacolo, lo trova non brutto buffo "assemblato" in modo inconsueto; si innamora di lui e fugge da casa per raggiungerlo. Sono felici, nel 1933 hanno una bambina, si sposano nel 1935.  Ma poi scoppia la gelosia patologica dell'attore, che lo porta a chiedere l'annullamento del matrimonio in Ungheria (sarà ratificato in Italia, nel 1940). Ma malgrado ciò la famiglia resta in qualche modo unita fino agli anni '50. Nella stagione 1932/33 Totò fonda una propria compagnia, sono per lui gli anni d'oro dell'avanspettacolo. La gente lo ama e lo apprezzano persino critici e intellettuali. Il cinema in piena crescita lo vuole: nel 1937 interpreta "Fermo con le mani!", cui segue due anni dopo " Animali pazzi". Ma questi film, stranamente, non hanno molto successo, mentre le sue riviste non conoscono crisi. Solo nel 1947 con "I due orfanelli" Totò sfonda anche nel cinema. Inizia qui, si può dire, la seconda parte della sua vita professionale, che lo porterà a essere protagonista di quasi un centinaio di film e a trascurare definitivamente il teatro. Totò ha sempre vissuto con il complesso delle sue origini  di figlio di nessuno. E con un mai esaurito desiderio di nobiltà nel sangue. Sulla sua discendenza da Giuseppe De Curtis già si è detto quanto fosse incerta, forse costruita da lui stesso a posteriori (come raccontava Diana Rogliani). Già nel lontano 1933 il marchese  Francesco Maria Gagliardi Focas  lo aveva adottato, dandogli quindi il suo  nome, in cambio di un vitalizio. Alla  morte di questi potrà fregiarsi dei titoli araldici tanto sospirati.  Una conquista  che però arriva solo dopo una battaglia giudiziaria durata parecchi anni e portata avanti con caparbietà dall'attore. Dal 1945 avrà finalmente il diritto di farsi chiamare: Antonio Griffo Focas Flavio Angelo, Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponto, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e di Duraz.
Iniziati all'insegna del successo, dei premi (un Nastro d'Argento per "Guardie e ladri"), gli anni ‘50 vedono la doppia  "pugnalata", come lui la chiamava della  ex moglie Diana, che si risposa, e di Liliana che si unisce a Gianni Buffardi, figliastro del regista Carlo Ludovico Bragaglia, un uomo che a Totò non piaceva (anche se  gli darà due nipoti e diventerà suo produttore  per alcuni film, Totò aveva visto giusto e il matrimonio durerà molto poco).
Ma come al solito nella vita dell'attore, alla ferita segue un momento felice. Nel 1952 conosce e si innamora di Franca Faldini, ancora una volta una giovanissima (ha 21 anni). Si fidanzano ma non si sposano, saranno inseparabili.
Il sipario calò sulla sua vita il 15 aprile 1967, verso le tre e mezzo del mattino nella sua casa di Roma, l'ora in cui d'abitudine si ritirava per dormire. Nel giro di sette ore un susseguirsi di attacchi cardiaci lo avevano stroncato. Se fosse sopravvissuto all'ultimo sarebbe rimasto paralizzato, muto e totalmente cieco. Parzialmente lo era già.
Alle 11,20 del 17 aprile viene trasportato nella chiesa di Sant'Eugenio in viale Belle Arti. Sulla bara, la bombetta con cui aveva esordito e un garofano rosso. La cerimonia si limita a una semplice benedizione, a causa delle difficoltà create dalle autorità religiose perché con la Faldini non era sposato. Totò aveva sempre espresso il desiderio di avere funerali semplicissimi. Alle 16,30 la salma di Totò giunge a Napoli accolta, dall'uscita dell'autostrada fino alla basilica del Carmine, da una marea di folla. Viene sepolto nella cappella De Curtis al Pianto, il cimitero sulle alture di Napoli. Non era stato un uomo particolarmente religioso, ma a modo suo credente lo era. Credeva senza mezze misure nell'Artefice di questo Creato che non si stancava di ammirare e su di Lui non ammetteva lazzi o linguaggi irriguardosi. Non credeva in quell'Aldilà prospettato già dalla prima preghiera che ti infilano in bocca e anzi, a questo proposito affermava che l'inferno e il paradiso sono entrambi qua, in questo mondo, da quell'altro nessuno era mai tornato a descriverglieli.

Attività principali
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TEATRO
dal 1928 al 1957
circa 40 spettacoli
commedie-avanspettacolo-riviste

FILMOGRAFIA
dal 1937 fino alla morte
nel 1967 ben 97 film
Doppiatore cinematografico
Sceneggiatore cinematografico

TELEVISIONE
Nel 1967 TuttoTotò, una serie di nove telefilm diretti da Daniele D'Anza.

Compose circa 63 Poesie in dialetto napoletano

Autore di circa 40 canzoni
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TOTO' (ANTONIO DE CURTIS)


T
otò, nome d'arte di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, più semplicemente Antonio De Curtis. è stato un attore, sceneggiatore e poeta italiano. Attore simbolo del cinema comico in Italia, soprannominato «il principe della risata». È considerato, anche in virtù di alcuni suoi ruoli drammatici, uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema italiani.
Pagina a cura di Nino Fiorillo                          e-mail: nfiorillo@email.it
TOTO' (ANTONIO DE CURTIS)