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NINO MARTOGLIO

CENTONA*
* Confusione di voci di più persone: chiucchiuriaja, badanai, centone.

RACCOLTA COMPLETA
DI POESIE SICILIANE
CON L'AGGIUNTA DI ALCUNI
COMPONIMENTI INEDITI
E DI UNA PREFAZIONE DI
LUIGI PIRANDELLO



III.

– Sintiti, chi pigghiastivu 'a cinchina?
Faciti un discurseddu ca cunsola!
Ma 'un fussi megghiu ca pri stamatina
canciassivu sunata, mastru Cola?

Nni facistivu già la testa china;
ma chi vi pari ca semu a la scola?
Allocu di spitali e miricina
parrati di pastizzi e di cannola!

'Ssu prifissuri? Santu e binirittu,
li jettichi ci allonganu li jórna.
Froliu? Sia lodato unn'è ca passa!

Ma a nui, ca nn'assicuta lu pitittu,
non nn'avitì a cuntari comu torna;
nn'avissivu a 'nsignari comu passa!

______________________

Note.

Pigghiastivu (pigliaste)
Discurseddu (discor- setto)
Cangiassivu (cangiaste)
Semu (siamo)
Allocu (invece)
Pastizzi (pasticci)
Cannola (cialdoni ripieni di crema)
Unn'è (dov'è)
'Nn'assicuta (ci insegue)
'Nn'avissivu (ci dovreste).

Pagina a cura di Nino Fiorillo == e-mail:nfiorillo@email.it ==
Nino Martoglio

PREFAZIONE
_________

di
Luigi Pirandello
__________________
Mentre egli vive qui, e vivrà ancora per tanto e tanto tempo, e canta e ride e piange e freme in tutta la sua opera arguta e schietta, così calde e sincere simpatie suscitando col suo canto in tutto il popolo della sua Sicilia, e tante risa e tanta commozione ogni sera, nei teatri d'Italia, negli innumerevoli spettatori delle sue commedie e dei suoi drammi, pensarlo morto (e d'una così inopinata orribile morte!), pensare che non potrò più rivederlo nella fraterna consuetudine che avevo con lui e nella quale di giorno in giorno mi si rivelavano tutti i moti della sua nobilissima anima e del suo cuore generoso, moti che, seppur talvolta violenti e inconsiderati, palesavano sempre in lui l'eterno fanciullo-poeta: tanto oscuro e freddo turbamento mi cagiona e tal dolore mi dà, che non m'è possibile mettermi a scrivere ora di lui, come vorrei.
Nino Martoglio è per la Sicilia quello ch'è il Di Giacomo e il Russo per Napoli; il Pascarella e Trilussa per Roma; il Fucini per la Toscana; il Selvatico e il Barbarani per il Veneto: voci native che dicono le cose della loro terra, come la loro terra vuole che siano dette per esser quelle e non altre, col sapore e il colore, l'aria, l'alito e l'odore con cui vivono veramente e si gustano e s'illuminano e respirano e palpitano lì soltanto e non altrove.

Nino Martoglio è tutta la sua Sicilia, che ama e che odia, che ride e giuoca e piange e si dispera, con gli accenti e coi modi che qui in Centona sono espressi per sempre, incomparabilmente. Giornalista per tanti anni nella sua nativa Catania, figlio di giornalista, fondò e diresse il d'Artagnan, la cui memoria è ancora vivissima nell'Isola: miniera inesauribile di spirito. Per la coraggiosa e audace satira della vita cittadina, per certi tipi colti dal vero, e certi epigrammi ad hominem e certi dialoghi di finissima arguzia paesana, parecchie volte dovette battersi in duello, e più d'una col rischio di perderci la vita.
Don Procopio Ballaccheri fu, in quel giornale, quel che poi Oranzo E. Marginati fu nel "Travaso delle idee"; e il Lucatelli lo riconosceva e lo dichiarava; e il Martoglio ne era orgoglioso. Morti tutti e due, adesso, e prima del tempo!

Famosissima rimase, dell'attività giornalistica e poetica di quegli anni, la satira politica in versi: La triplice alleanza; tanto che non fu possibile al Martoglio eliminarla, come forse avrebbe voluto, dalla raccolta dei suoi versi. E si trova ancora, difatti, e si legge con piacere, in fondo a questa Centona, che lo fa, dopo il Meli, il poeta dialettale più espressivo del popolo siciliano.

Tutti in Sicilia conoscono Centona. Le edizioni di essa si esauriscono e si rinnovano continuamente; questo è il segno che il popolo riconosce nel suo poeta la sua voce. Il che basta a perpetuare la fama del Martoglio anche se di queste liriche appassionate o giocose, di questi tanti sonetti, in cui un intero dramma, un'intera commedia, son racchiusi con potente efficacia nel giro di quattordici versi e tante volte in una sola parola o in un gesto espressivo, segnato con un'esclamazione, la critica ufficiale del Continente non ha mai mostrato di accorgersi bene. Sonetti come La cira sono autentici capolavori. E sono parecchi.

Ma Nino Martoglio non fu poeta lirico soltanto: fu anche commediografo acclamato, in lingua e in dialetto. Tutti immaginano facilmente le grandi soddisfazioni che l'esito trionfale d'alcune commedie gli procurò; ma nessuno forse immagina quanto gli costò d'amarezze, di cure, di fatiche e anche di denari il teatro siciliano che vive massimamente per lui e di lui e di cui egli fu il vero ed unico fondatore. Fondatore rivelatore, poichè fu lui a mettere per il primo in luce e in valore i suoi attori più grandi, ora giustamente famosi; il Musco e il Grasso; e poi gli Spadaro e il Lo Turco e l'altro Grasso, la Bragaglia, l'Aguglia, la Balistrieri, l'Anselmi, il Marcellini, il Pandolfini. Quante amarezze, povero Martoglio, per quel suo grande sogno, così ingiustamente e perfidamente avversato sino a farlo fallire, della Compagnia del Teatro Mediterraneo, con la quale, divenute già a mattatore quelle dapprima fondate col Grasso e col Musco, s'era proposto di mettere insieme, per spettacoli di pura arte, una numerosa Compagnia di "complesso", meravigliosamente affiatata; quella Compagnia che diede al pubblico di Roma, al Teatro Argentina, rappresentazioni d'insuperabile bellezza, come quelle del Ciclope di Euripide, del Rosario del De Roberto, del Dal tuo al mio e della Lupa del Verga.
Preparava il Martoglio un libro di Memorie su questo suo teatro siciliano, che non so se aveva già cominciato a scrivere. Non credo. Che un tal libro di memorie non si possa più avere è iattura grave per la storia del teatro ancora a noi contemporaneo, perchè il libro sarebbe stato pieno, certo, di notizie interessantissime, d'episodi caratteristici d'un sapore straordinario, per la vivacità impulsiva, le stranezze, i prodigi del meraviglioso intuito, che dovevano esservi narrati e rappresentati, dei comici siciliani.

Nino Martoglio fu un vittorioso. Vinse tutti gli ostacoli, tutte le diffidenze, tutte le gelosie. Il teatro siciliano difatti, vive: ha ormai un larghissimo repertorio e una fin troppo numerosa schiera di attori. E finchè vivrà, vivranno per la delizia dei pubblici d'Italia, Mastru Austinu Misciasciu del "S. Giovanni Decollato" e Don Cola Duscio del "L'aria del Continente" e 'U riffanti e i due ciechi di "Scuru" e il Capitan Turrisi di "Sua Eccellenza" e il povero Marchisi di Ruvolito e Taddarita e Nica e Capitan Seniu, tutte le creature del suo teatro, in cui quei magnifici attori si sentono vivi. Lui solo, povero Nino, non potrà più soffrirne o goderne. E che abbia lasciato sul meglio e innanzi tempo il suo lavoro, sul meglio e innanzi tempo i suoi adorati piccoli figliuoli, l'adorata Compagna, i fratelli, gli amici, così, per uno sciagurato incidente, aprendo per isbaglio una porta che dava in un baratro, è cosa di tale e tanta crudeltà, che veramente fa disperare e inorridire.

Roma, 18 Settembre 1921.
______________________
Note.

I

'U Mmulnirabuli (il vulnerabile)
Opira di li pupi (teatro delle marionette)
Addurmisciúti (addormentati)
Nentimenu (niente di meno)
Prisicuti (consecutivi)
S'arrusbigghianu (si destano)
Dormito in piano (all'aperto, fuori dell'abitazione)
Ci 'mmisco (gli appioppo).

II

'Nzirtasti (indovinasti)
Scrafazzasti (da scrafazzari: spiaccicare, abbiaccare, scofacciare; scrafazzaría o scafazzaría fracita significa: prendere un granchio a secco)
Arrosbigliasti (svegliasti)
Chianti (pianti, meni).

III

Daccilli (daglieli)
Cianchi (fianchi)
Viristru (vedeste)
Cca banna (da questa parte)
Curmatura (il colmo essiri ccu la curmatura: esser colmo, o colma).

IV

M'adduno (mi accorgo)
Belico (ombelico)
Scorce (scorte, scaglie)
Ascùto (ascolto).






V.

E dimmelo!... Non credo che ti pente
e fai una parte d'arrifardità!...
Pàrlemi comi a me, sinceramente!
– Ebbene, il mio lo sai dov'è che sta?

– Dove ? Ti ascolto beni attentamente!...
– Eccolo, guarda, in questo piedi qua,
sotto il carcagno... – E bravo, ha' ditto niente...
E per colpirti lì, come si fa?

– Eh, caro amico, questi sono affari
di famiglia!... Che cosa vuoi da me?
– E bravu Feraù, va, chi nn'ha' fari,

ca faciti 'a cumparsa d' 'u «Pepè»!...
– Ebbene, al largo, che ti fo' provare
il mio brando!... – Sì, e vuschi l'ahimè!...


VI.

Eccoti il primo colpo, Feraù!...
– Ahi!... La prima crócchiola ha satatu!...
– Ninu, murennu n'accumpari chiù?
– Cui? – Feraù di Spagna? – Ch'è 'nfatatu,

c'accumpàri da nóvu, armali, tu
stissu! – Giochi d'astuzia? toccatu!...
– Ahi!... la quarta scorcia!... – Acqua e zammù!
– Combatti! – Forza mentri è accalàtu!

– Ahi, n'altre due cròcchiole a una botta!
Non ho che il pruno!... – Se t' arrendi smetto!...
– Arrènniti!... A pirchì, pápira cotta?...

No, nemmeno se passano mill'anni!
E prendi!... – Ahiai!... Sangue di Maometto!
Son morto! – V' 'a sucastuu, don Giuvanni!

Note.

V

Arrifardità: (da arrifardiari: tradire, rimangiarsi una promessa o una parola data)
Carcagno (calcagno, tallone)
Fari la cumparsa d'un Pepè (far la figura del minchione)
Vuschi (buschi; vuscari l'ahimè: prenderle di santa ragione).










VI

Cròcchiola, o crocchiula (conchiglia, scaglia)
Accumpari (appare)
Zammù (anice: acqua e zammù: acqua con lo schizzo).
Accalàtu (calato, piegato in basso)
Pruno (prugna)
Arrénniti (renditi)
Pápira cotta (stupido, oca lessa)
V' 'a sucastuu (letteralmente tradotto: ve la succhiaste; ha però il significato di: l'avete abbreviata – la rappresentazione – accorciata, fatta finire in un batter d'occhio).



A LA NISCIÙTA DI L'OPIRA

– Ora ju 'mpari, nn'haju dispiaciri
ca morsi Ferraù... Era vagghiardu!
Sulu Orlandu ci potti putiri!...
– Pirchì si si cci mitteva Rinardu,

non ci 'a faceva? – Bisogna vidiri:
Si ci jucava all'uso sò, arrifardu,
forsi 'u 'bbatteva – ppi modu di diri –;
ma senza arrifardizza, 'mpari Nardu,

non sacciu bonu cu' è ca abbuccava.
– Cui? Ccu 'n corpu di fusberta 'nchinu!...
– Faceva pruvulazzu e s'allurdava!...

Si Ferraù non si scupreva, 'nsuma,
macari Diu furmatu a palatinu,
chi ci faceva, 'n quattruni di scuma?

________________________

Note.

Vagghiardu (gagliardo, forte, coraggioso)
Ci potti putiri (idiotismo: potè vincerlo)
Jucava (giocava)
Arrifardu (infido)
Abbuccava (da abbuccari: e precisamente: stramazzare)
Fusberta (la spada di Rinaldo)
'Nchinu (in pieno)
Pruvulazzu (polvere, Fari pruvulazzu: far fumo, far rumore, senza costrutto
Allurdava (sporcava, insudiciava)
'Nsuma (insomma)
'N quattruni di scuma (letteralmente tradotto: un quarto di rotolo di capellini; faricci un quattruni di scuma, ha però, un significato di dileggio come chi dicesse: far ridere per impotenza).


'A CAVALLARIA RUSTICANA

I.

– Unni fustuu, arsira, donna Tana?
– Vih, mi mi lassa stari, signurina!...
– Pirchì? – Ca me' cummari Vastiana,
'nsemi ccu Jenna, 'dda mula scintina,

mi tinniru tri uri di mmattana
pri purtàrimi all'opira, a' marina.
– E vui ci jstuu? – Putenza divina,
cu' ci cuntrasta, ccu 'dda cristiana?

– E chi faceunu, 'a storia d' Orlannu?
– Ca quali!... Chi ci pari, abbeniaggi,
ca era ópira 'e pupi? – No? – Ca quannu

mai, vih!... Tiatru propria, 'npirsunaggi!
Dramma Cavallaria!... Iddu ch'è beddu!
– Di Virga!... – Mai, chi era, rappareddu?

_________________________

Note.

Unni fustuu (dove foste)
Vastiana (Sebastiana),
Jenna (Venera)
Mula scintina (inetta, disutile)
Mmattana (mattana)
Opira (opera, teatro)
Ci jstuu (vi andaste)
Abbeniaggi (idiotismo: alcuni viaggi: talune volte)
Pupi (marionette)
Rappareddu (raperino. Lo zimbello, in Sicilia, si chiama passaru di virga: passero di verga. Il raperino si usa comunemente come zimbello).





II.

– No, la Cavallaria Rusticana...
– Sissignura, accussì?... Chi cosa ranni!
– È un dramma ca fu scrittu di Giuvanni...
– Giuvanni Grassu, 'u sacciu! Vastiana

'u canusci; pò aviri vintott'anni...
– Ma chi!... Giuvanni Virga! – O virga, o zana,
'u fattu è ca mi vinni 'na quarana
'ntr' 'o menzu 'u cori!... Vih, chi focu ranni!

– Pirchì? – Ci pari nenti quannu chiddu
ci muzzica l'oricchia ?... E 'dda gran schigghia:
«Hannu ammazzatu a cumpari Turiddu!...»

M'arrizzàunu 'i carni, vah!.. E 'dda figghia
di Santa, svinturata!... E chidda 'e l'ova?
Chi dramma naturali, malanova!

________________________

Note.

Chi cosa ranni (letteralmente tradotto: che cosa grande. Ha il significato di: che bella cosa)
Giovanni Grassu (l'oramai celebre attore dialettale siciliano, prima che io costituissi la prima compagnia siciliana e la portassi in giro per l'Italia, era un marionettista e, ogni tanto, nel suo teatrino di marionette, coadiuvato da pochi dilettanti, recitava, con successo, in personaggi. Era, in Catania, popolare fin da allora. Il suo primo rilevante successo l'ottenne appunto con Cavalleria del Verga)
Zana (specie di vinco, atto a far le ceste)
Quarana (calore interno per emozione, sussulto)
Focu ranni (modo di dire, per significare: che spavento)
Schigghia (grido acuto)
Arrizzàunu (arricciavano).

STRURUSÌA PALERMITANA

– Talè, talè, talè, ch'è curiusa!...
Ma ch'è, cursali, stidda, capu a ventu?
Maria, Maria, chi cosa 'raziusa!...
D'unni sbarcò?... Cu quali bastimentu?

Pirmissu, signurina?... Vassia scusa...
Si vota, quantu 'a viru p'un mumentu...
Chi dici? Chi mangiastivu, cimusa?
Comu parrati, lei? Non vi comprentu!...

Sciàtira e matra, chi friscò 'u papuri?
Ma c'aviti, 'u virtícchiu? chi? Chi fa?
E cu' l'àvi cu vui?... L' haju c' 'u vastuni!...

Comu? Ci staju 'ricennu ch'è 'n'amuri...
Chi vordiri, vassia è 'na rarità.,..
Soru carnali d' 'u 'attu mammuni!...

____________________________

Note.

Strurusìa (dispetto schernevole)
Talè, Talè (guarda, guarda)
Cursali (Aquilone grande, senza coda, che innalzano i ragazzi)
Stidda (Cervo volante)
Vassia (vossignoria)
Si vota (si volti)
'A viru (la vedo, la guardo),
Mangiastivu (mangiaste)
Cimusa (cimossa; mangiaste o aver mangiato cimusa: masticare le parole, parlar forbito)
Sciàtira e matra o matara (interiezione ammirativa: oibó, poffare, capperi)
Papuri (idiotismo: vapore)
Virticchiu (svenimento, deliquio)
Cu' (chi)
C' 'u (con il)
Vastuni (bastone)
Chi vordiri (che vuol dire)
Soru (sorella)
'Attu mammuni (Gatto mammone; specie di scimmia che ha coda).

NNIMICI SALARIATI *
* Dicesi della gente di servizio.

LA CRIATA SPARRITTERA

I.

– Bedda daveru, 'sta patruna nova!...
Non putéva acciuncári 'dda jurnata
ca misi 'u peri ccani, malanova!...
Sugnu chiù peju di 'na carzarata!...

Qualunchi cosa fazzu, sempri trova
chi diri... Curtigghiàra, sgraziata...
Va circannu li pila dintra l'ova
pri fari vuci ccu la matinata!...

Appena è l'alba sona 'u sbigliarinu:
«Non t'ha' susútu, ancora. Libaràta?!...
Pripàricci 'u cafè pp' 'u signurinu!...»

Cafè! Tanticchia d'acqua acculurata,
fatta di sucu, d'orzu e 'n cucchiarinu
di testa di ciconia atturrata!...

II.

Diminiscanza si 'ntra lu carvuni
t'ammatti, peracasu, 'n fumaloru!
'Jéttiti 'nterra a lingua a strascinuni,
'nficchiti 'ntra lu... stipu di to' soru!...

'Ncumencia: «...'Dda finestra!... – 'Ddu barcuni!...
Staju accupànnu!... M'ammazzasti!... Moru!».
Ci pigghianu li nervi... lu matruni...
Si dicu, vah, ca vali a pisu d'oru!...

Finutu lu cafè, l'autri guai:
T'attòcca di vistiriti e di scinniri
'nchianu, ccu la cagnola... ca fa: quai!

Torni, e dici c'ha' persu la matina,
Ca lassasti lu focu senza cinniri
e cci porti la casa a la ruina!
Note. 

I

Criata (serva: dallo spagnuolo: creada)
Acciuncari (storpiare)
Ccani (idiotismo: qui)
Curtigghiàra (pettegolona)
Tanticchia (un tantino)
Sucu (succo)
Ciconia (cicoria)
Atturrata (tostata).










II

Diminiscanza (Dio me ne scampi)
Peracasu (idiotismo, putacaso)
Stipu (armadio)
'Ncumencia (comincia)
Accupànnu (da accupari: soffocare)
Matruni (mal di fianco)
Scìnniri (scendere)
'Nchianu (fuori di casa)
Quai! (il guaito della cagna)
Cinniri (cenere).
III.

'Dda quacìna! Dicissi ch'è pulita!...
Talía 'ddi cazzalori, 'ddi pignati,
('ddi quattru cosi fráciti, di crita!),
e sempri arripitìa ca su 'nzunzati...

Lu mobili! Maria, chi mala vita!...
'Sti quattru ligna vecchi, stranchillati,
l'haju a pulizziàri ccu la sita
(abbeniaggi cáscunu malati!...)

'A casa è lorda... 'u cessu ci fa fetu!...
Ca... mi nni meravigghiu!... Chi ci curpu
si v'addubbàti a pani schittu e purpu?

Si vuliti 'u retrè ca vi fa ciàuru
manciati capituni cu l'addauru
comu 'e pirsuni di nobili cetu!...


IV.

La 'ran fami ca pigghiu, ccu 'sta 'ngrisa!...
Mancu all'uttantasetti, 'nt' 'o qualera,
quannu m' arridducî senza cammisa!...
Ma armenu non faceva 'a cammarera!

'Dda culazioni pari ca la pisa,
l'ogghiu mi l'ha' a sculari d' 'a lumera...
Sparti dici c'arrobbu supra 'a spisa
e 'nt' 'o ripostu... (ch'è 'na tabacchera!)

Chi ci ha' rubari?!... Annunca, suddu partu!
'Ddu furmaggiazzu 'u 'ccàttanu a quattruni,
'u struttu a 'n sordu, l'ogghiu a menzu quartu...

E sparti tuttu cosi sutta chiavi,
macari 'i mecchi... 'u fumu d' 'u carvuni...
chi ci ha' a rubari, 'a tinturìa ca javi?
Note.

III

Quacìna (idiotismo: cucina)
Arripitia (ripete insistentemente, noiosamente)
'Nzunzati (sudici)
Stranchillati (malfermi)
Pulizziàri (pulire)
Addubbàti (da addubbari: acconciare, contentarsi di poco)
Purpu (il polpo)
Ciaùru (odore)
Addauru (lauro).




IV

Qualera (idiotismo: colera)
M'arridducî (mi ridussi)
Cammisa (camicia)
Cammarera (cameriera. Qui l' interlocutrice si qualifica cameriera perchè spregia dirsi serva)
Lumera (lampada ad olio)
Sparti (oltre)
Arrobbu (rubo)
Suddu partu (se parto; qui vuol dire: se muovo lo scilinguagnolo)
'U ccattanu a quattruni (lo comprano a quarto di rotolo)
Struttu (è parola di pura lingua, che non si dovrebbe adattare in dialetto, invece del siciliano: saimi; ma io ho voluto usarla perchè molte serve, per darsi tono, usano più d'una parola Italiana)
Mecchi (lucignoli)
Carvuni (carbone)
Tinturia (miseria).

V.

Chi sorti, daveru !... Pri Natali,
sa chi vi pari chi m'arrialau?...
'N tintu, fitusu e misiru mantali
Ccu 'n spènsiri di tarpa, ca smuntau!...

Sempri mi jetta annocchiu 'sti riali,
pari ca m'arricchìu, c'a m'addutau!...
All'ura 'e pranzu, poi, mi fa 'n spitali,
dici ca mangiu quantu un mammadrau...

Unn'è ?... Facissi, armenu, comu a chiddu:
Tè, mangi picca, ma bonu mangiari?!...
Nenti!... U piattu miu m'attocca friddu!

Doppu c'haju sirvutu a tutti pari,
ci trovu quarche musca, 'ocche piliddu,
ju sugnu schinfignùsa... e l'ha' a jttari!


VI.

Ittàllu? Quannu fussivu patruni!
Vi pò arristari la minestra sana:
si non mangiati stativi diuni
ma lu piattu servi pri Baggiana!...

Zoccu si tassa torna a li patruni,
– c' è 'st'autra sistema amiricana! –;
Doppu, si vo' pigghiari un muzzicuni,
ti l'ha' a accattari ccu 'ddi quattru 'rana!...

Nè c'è spiranza d'arrimiddiari,
cu zoccu arresta, a tavula sciunnuta
prima pirchì 'dd'anticchia di mangiari

lu fa tantu e no chiù, 'ss'arripudduta
e poi pirchì è capaci di firmari
macari 'na cacòcciula arrustuta!



Note.

V

Arrialau (regalò)
'Ntintu (un misero)
Fitusu (sudicio)
Mantali (grembiale)
Spènziri (giubboncino)
Tarpa (tarpa, sorta di stoffa di cotone, ordinaria)
Smuntau (sbiadì di colore) – Jetta annocchiu (gitta all'occhio, rinfaccia, rimpiange) – Addutau (dotò)
Fari 'n spitali (lamentarsi di continuo)
Mammadrau (mostro favoloso)
Comu a chiddu (come colui; modo di dire)
Picca (poco)
Piliddu (piccolo pelo)
Schinfignùsa (schifiltosa).







VI

Diuni (digiuni)
Baggiana (graziosa: nome della cagna)
Zoccu (quello, ciò che)
Muzzicuni (boccone)
'Rana o grana (quattrini, soldi spiccioli)
Sciunnuta (sparecchiata)
'Anticchia o tanticchia (un tantino)
Arripudduta (villana, rifarda)
Cacòcciula (carciofo).
VII.

A la finuta di manciari, armenu,
dicissi, a chiddu, una s'arrizzetta !?...
Ca quannu mai buttazza di vilenu,
suddu non trova 'na pusata netta!...

L'ha' lavari tri voti, o' menu o' menu;
doppu li metti supra la buffetta
e si li cunta... senzamai c'è menu
'ocche cucchiara o 'nnunca 'ocche furchetta!...

Viriti chi sdilliziu!... (Ma... badamu:
chi vi cririti, vui, ca su' d'argentu?...
Quannu non su' di chiummu, su' di ramu!)

E all'urtimata, una, si s'assetta,
ddoppu deci uri ca non àvi abbentu,
dici c'arrobba si non fa quasetta!...


VIII.

La notti avemu 'n'autru fristinu!
Doppu du' uri c'hannu pistijatu,
si mettunu cc' 'a testa 'nt' 'o cuscinu...
e arrestu comu a chiddu priccantatu!

Haju a 'spittari afforza 'o signurinu
ca va, sira pri sira, a lu triatu,
e comu torna e mi fa lu surdinu
ha' cùrriri a grapiri 'u purticatu!

Ogne tantu ci porta a so' muggheri,
tutta 'mpupata, ccu 'ddu cornocchiali
ca pari c'ha' scupriri l'amisferi...;

e' picciriddi ci pigghiunu 'i mali,
chiánciunu comu. a tanti sunaggheri...
. . . . e ppi 'dda notti è notti di Natali!...

IX.

Nenti, ca non è cosa, avanti Diu!
Dumani mi nni vaju nn'Aciddara,
quantu m'adduva, puru a lavannara,
ma 'ntra 'sta casa mancu mi ci viju!

Curpa di 'ddu fitusu di me' ziu,
ca si pigghiò 'dda tinta lavannara!...
Ffu!... Chi ci vitti? Pirchì non si spara?
Curpanza d'idda àppi a scappari ju!...

Siddu non era ppi me' zia a 'st'ura
(ci avissiru a sparari 'ntra 'n filettu!)
ju, 'nt' 'a me' casa, facissi 'a signura!...

Si 'ddu bacillu s'arristava schettu,
ju ora non ittassi sirratura...
e... non guardassi dintra 'u culunnettu!


'MBRIACHI SCIENTI

ARRACIUNAMENTU DI DU' 'MBRIACHI

I.

– Scusàtimi, carissimu cumpari,
parru à secunnu di la pusizioni
di lu discursu... bellu... naturali!...
Mintemu dici: la me' 'pinioni

è abbasata di supra lu parrari
ca mi facistru... di 'sta suruazioni...
Piglio e arrisponto: chi nn'aviti a fari!
E sempri sugnu di 'na costruzioni!

Ma ju, però, non sulu ca m'opponu
di supra la parola ca dicistru
nell'atto della mia prepesizioni!...

Allura, forsi, chi non sugnu bonu
d'arraciunari, ju... ca mi facistru
l'offisa della vostra opposizioni?


II.

– Aspittati, cumpari, prummittiti...
Ora, ca vi spiegasturu abbasatu,
piglio e rispondo io: racioni aviti!
Ma ju, però, 'n'aveva tirminatu

di supra la parola ca diciti...
Autru è un discursu studiatu,
autru è si vui lo proferiti
in modo plausibeli e abbasatu!

Asempiu!... : Si ju, mentri parramu,
vi sputu 'nfacci... vah... chi faciti?
– A secunnu com'è ca nni chiamamu!...

Sidd'è ad atto d'amico... sempri viva
l'amicizia!.. – Ora discurriti!...
Cc'aviti 'nvucca ? – 'U nozzulu d' 'aliva!




Note.

I

– Una delle caratteristiche principali degli ubbriachi siciliani è quella di voler parlar la lingua, con vocaboli ricercati, e di argomenti sociali e persino scientifici
e letterarii.
Arraciunamentu di du' 'mbriachi (ragionamento di due ubbriachi)
Fecistru (faceste)
Suruazioni (situazione)
Non sulu (ha il significato di: soltanto)
Apponu (oppongo)
Dicistru (diceste).










II

Aspittati (attendete, aspettate)
Spiegasturu (spiegaste)
Nozzulu (nocciolo. – Fra gli ubbriachi, dirò così, di professione... esiste il pregiudizio che, un nocciuolo di oliva nera salata, in bocca, preserva dalle ubbriacature. È assodato, invece, che rende il vino più gustoso e invita a berne sempre più).
L'OMU SCIENTI

– L'omu scienti, 'mpari Vinnirannu,
s'osserva propriamenti nel mangiari...
Danti, mintemu, un jornu, fici stari
'n'ovu all'impedi, senza fausu 'ngannu!

E chistu è nenti! Doppu quasi un annu,
'na pirsuna ci fa : – Scusa, 'dd'affari...
non sacciu si mi speju... chiddu di tannu...
non disprizzannu, comu l'ha' a cunzari?

A corpu, chiddu, dici : «ccu lu sali;
il meglio muzzucuni sò di l'omu!...»
'Dda pirsuna arristò comu un minnali!...

Viriti unn'era agghiuntu l'Aligheri!
Ma vui, cumpari, mi diciti: comu?
Forza di sturiu... supra l'amisferi!



LI PUETA 'RANNI

– Puddu Missina, sì, fu prufissuri,
ca 'n'autru 'u stissu non si pò truvari!...
– Bravu!... E di Rapisarda, 'mpari Turi,
chi nni facemu; l'avemu a jttari? .

– Rapisarda, gnursì, àvi un valuri;
ma a pettu a chiddu s'ha' a jri ammucciari.
– 'Nsumma, secunnu vui, caru signuri,
quali pueta si ci pò appittari:

Pitrarca, Ariostu, Tassu, l'Aligheri?
– 'N mumentu, cu' 'i canusci, a 'sti signuri?
– Comu ?!... Lu Diu di li pueta veri!...

– Nenti, cu' fòra fòrunu, cumpari,
siddu campassi chiddu, sull'onuri,
mancu ci la putìssiru annacari!

Note.


Vinnirannu (Venerando)
Mintemu (mettiamo, poniamo)
Fausu 'ngannu (idiotismo: falso inganno, impostura)
Chistu (questo)
Sacciu (so)
Speju (spiego).
Chiddu di tannu (quello d'allora)
Non disprizzànnu (modo di dire: non disprezzando)
Cunzari (condire)
Minnali (minchione)
Agghiuntu (giunto, pervenuto, arrivato).







Puddu Missina fu un popolarissimo poeta volgare catanese, facile improvvisatore, che si suicidò nel settembre del 1898, lasciando una poesia, nella quale sono non pochi pregi e con la quale spiegava la causa che lo spinse al passo fatale.
Rapisarda (il poeta Mario Rapisardi)
Jttari (buttar via)
Ammucciari (nascondere)
Appittari (mettere petto a petto, misurarsi)
Cu' fòra fòrunu (chiunque essi siano)
Annacari (dondolare).
– L'intera frase: mancu ci la putissiru annacari, ha, presso a poco, il valore di: lo farebbero ridere di compassione.




CAINU E ABELI

– Sùpira 'ssu discursu vi 'gannati:
«Cu' pecura si fa» dici l'anticu,
«lu lupu si la mangia» Tistïati?
Ma 'ntantu v'arrispunnu, caru amicu:

Abeli morsi a manu di so' frati:
ma pirchì morsi? – Pirch'era chiù nicu!
– Chi c' entra l'aità, chi 'ncucchiati?
Morsi pirch'era un veru... beccaficu!

Sudd'era Abeli ju, quannu Cainu
accuminciava a carramari sorvi
e mi spuntáva 'u primu cricchimiddu...

– Sintemu, chi faceuru, don Tinu?...
– Ca... ci 'mmiscava 'n corpu di reorvi,
e tempu nenti facìa Abeli ad iddu!


DISCUSSIONI ELETTORALI

– Allura mi mittiti in costrinzioni
di diri la parola inartirata!
Prima d'entrari in questa discossioni
dovemu entrari, nella so' purtata.

Si, peracasu in tempu d'alizioni,
comu succedi, agghìca una lignata
per la disparità di 'penioni,
vui chi diciti, ca cangiamu strata?

A forza di lignati in sichizioni,
forsi la testa arristirà ciaccata
e accumparisci il russo del moluni:

ma chidda che cunsisti 'penioni,
non è ca si sdiváca strata strata,
pirchì la testa non è buttigghiuni!




Note.

Sùpira (sopra)
Tistïati (crollare il capo, muovere la testa in
              segno di canzonatura)
Morsi (morì)
Frati (fratello)
Nicu (piccolo)
Aità (età)
Chi m'incucchiati (che mi contate, che mi
                                date a bere)
Beccaficu (detto nel senso di minchione)
Carramari (abbacchiare zorbe; ha il significato
                   di: menar sodo, di santa ragione)
Cricchimiddu (bernoccolo, quell'enfiato che fa
                          la percossa in testa)
Faceuru (facevate)
Ci 'mmiscava (gli appioppavo)
Reorvi (revolver, rivoltella)
Facìa (facevo)
Fare Abele (far minchione)
Iddu (esso, lui).






Mettiri in costrinzioni (costringere;
l'interlocutore vuol parlare in linguaggio forbito)
Inartirata (inalterata; qui ha il significato di:
                  sincera, cruda)
Peracasu (idiotismo; putacaso)
Agghica (giunge, arriva)
In sichizioni (idiotismo; in seguito)
Accumparisci (appare)
Moluni (cocomero; qui ha il significato
               metaforico di testa, capo)
Chidda (quella)
Sdiváca (vota, versa)
Buttigghiuni (bottiglione).

L' OMU SUCIALI

– In atto di materia suciali,
sùgnu cumpostu di 'na comprissioni,
ca sempri parru bellu, ginirali,
senza difoortà, nè soggizioni.

Vui diciti, mintemu: il capitali
ed il lavuro su' all'opposizioni...
Cunfermu; ma nell'ebbica attuali,
non si ci po' pigghiari cupioni.

Pirchì il processu, 'mpari, è juntu a tali
ca l'omu 'nventa màchini e 'nvinzioni
e chidda ca è stati la fa 'nvernu...

Ma la corpanza è sempri del Covernu,
(non so si siti di 'st'opinioni),
pirchì non pensa all'omu suciali!


LU PALLUNI DIRIGIBILI

– 'Mpari, parrannu ad attu di palluni,
non si ci pò pigghiari cupioni;
migghia nni ponnu fari a miliuni,
ma sempri ammuzzu, senza dirizioni.

Lurtimamenti ci fôru taluni
ca ficiru una spurumentazioni,
la quali ca ci misiru un timuni
pi dirigillu; ma non fôru boni.

E sapiti d'unn'è ca nni pruveni?
Tiráti un sicchiu d'acqua e veni chinu,
tiráti un sicchiu d'aria... e chi cunteni?

– Giustu diciti, 'mpari Sarafinu!...
Vo' sapiti s'arrisurtassi beni
si allocu d'aria si truvassi vinu?...




Note.

In atto (a proposito)
Comprissioni (complessione)
Ginirali (generalmente; l'interlocutore intende:
                francamente)
Difoortà (difficoltà; qui è detto nel senso di:
                 paura, peritanza)
Mintemu (mettiamo, poniamo caso)
Cupiuni (opinione)
Junta (giunto, arrivato)
Chidda (quello)
Corpanza (colpa)
Siti (siete)
Omu suciali (l'interlocutore intende: il
                       socialista, il lavoratore).









Ad attu (a proposito)
Pigghiari (pigliare, prendere)
Cupiuni (idiotismo: opinione)
Ponnu (possono)
Ammuzzu (a casaccio)
Lurtimamenti (ultimamente)
Fôru (furono)
Spurumentazioni (esperimento)
Sicchiu (secchia)
Chinu (pieno, colmo)
Allocu (invece).





LU DISÌU

– Tuttu dipenni dalla circustanza
ca ci ammatti alla donna 'ntirissanti.
Mintemu: àvi un disìu di 'na pitanza,
comu fussiru funci... e fa un liafanti.

O puramenti si tocca la panza
mentri ca guarda un pezzu di 'gnuranti:
ci nasci un figghiu ca, diminiscanza,
è sceccu, vita natural duranti.

Per cui il disìu di donna in gravitanza
– mi spiegu ? – è l'occhiu di la simpatia.
– Giustu, la spiega è facili abbastanza:

Mintemu una ch'è 'ncinta guarda a tia,
si 'mprissiona e, parrannu ccu crianza,
sbróccula un sceccu di Pantiddaria!


L'OMU SECUNNU LA TIURIA DARWINIANA

– L' omu, cumpari, àvi un naturali
sempri di costroirisi da sè...
Ju haju un libru, dittu vigetali,
ca c'è 'na spiega di zoccu è ed è...

La quale, ca c'è scrittu, tali e quali,
l'arvolo discinnenti di Nuè,
unni ca l'omu nasci di l'armali
e nni pruveni dallo Scimpanzè...

Non artro, ca la signa è quattru manu,
mentre che il sceccu è dittu: quattru peri...,
d'unni nni vinni il suo congegnu umanu...

Cunsistenti ('ddu libru sempri 'nsigna),
ca l'omu àvi du' manu ccu du' peri... ;
e quindi è menzu sceccu e menzu signa!
Note.

Disio (desio, voglia)
Ammatti (imbatte, accade)
Mintemu (mettiamo, poniamo caso)
Funci (funghi)
Liafanti (elefante)
Diminiscanza, (Dio me ne scanzi)
Sceccu (somaro)
Sbróccula (scodella)
Pantiddaria (Pantelleria. In quest'isola si
    produce una razza di somari giganteschi).












Costroirisi (costruirsi, crarsi)
Haiu (ho)
Vigetali (vegetale: l'interlocutore intende:
                di storia naturale)
Spiega (spiegazione)
Zoccu è ed è (qualunque cosa)
Arvolo (albero)
Unni (dove)
Signa (scimmia)
Quattru manu (quadrumane)
Sceccu (somaro)
Quattru peri (quadrupede)
D'unni (d'onde, da dove).


LI PATRUNI 'TALIANI E LA BARIA CATANISA

– E comu fazzu, svinturata amara!
Ogni tanticchia: Ostia! Sacramentu!
Siti una bestia! Siti una somara!
Vi dicu, soru mia, non, haju abbentu!

La minna non è minna – donna Mara –
è puppa... E ju chi sugnu, bastimentu?
La brocca, ppi ss'armali, è la quartara,
'u spezzi è pipi... Aspittati 'n mumentu...

Ppi diri menzu quartu ha' diri jettu.
(Cci facissi jttari li vuredda!)
E 'a 'nfascianna si chiama pagghiulettu.

'A biancaria pulita è l'abbucatu...
E sparti, chi è ca chiamunu cciappedda?
Videmu s' 'u 'nzirtati!... 'U cucciddatu!

_____________________________

Note.

'Taliani (idioticamente, il popolino siciliano, chiama 'taliani – italiani –, tutti coloro che parlano la lingua)
Bària (balia)
Svinturata amara (più che sventurata)
Abbentu (quiete, riposo)
Minna (poppa)
Brocca (in catanese è la forchetta)
Quartara (la brocca)
Pipi (in siciliano è il peperone)
Vuredda (budella)
'Nfascianna (creatura in fascie, pargolo, pargoletto)
Abbucatu (avvocato)
Ciappedda (piastrella)
Pagghiulettu (piccolo pagliolo)
Cucciddatu (la ciambella).




a me' Matruzza.
LA 'ATTA E LA FIMMINA
Storii d' amuri

DEDICA

Mamma, si tu ci pensi, nicareddu,
quannu scrissi la prima puisia,
ti dissi: – Poi ti fazzu un libriceddu
tuttu d'amuri, didicatu a Tia –

Ecculu cca: Si vinni puvireddu,
cridilu, Mamma, 'n'è curpanza mia;
sarà mischinu lu me' ciriveddu
e chiù mischina la me' fantasia.

'Tostu, si tu lu trovi paûnazzu,
s'è lordu, spissu, di lu sangu miu,
non ti scantari, Mamma, è sangu pazzu.

Fimmina, pirch'è strammu, lu vattìu,
e a Tia, Matruzza, dedica nni fazzu,
pirchì è sanguzzu to', lu sapi Diu!

________________________

Note.

Nicareddu (piccolino)
Libriceddu (libriccino)
Puvireddu (povero)
Curpanza (colpa)
Ciriveddu (cervello)
'Tostu (piuttosto)
Lordu (sporco, tinto)
Strammu (strambo)
Vattìu (battezzo)
Matruzza (mammina).
LA 'ATTA E LA FIMMINA
Ju sugnu la 'atta
chi allicca e po' 'ratta
chi ridi e ti 'ncugna
e poi azzicca l'ugna.
Tu si' lu surcittu,
scantùsu e affrittu.

Pri spassu, pri pocu,
ti fazzu lu jocu;
ma quannu su' stanca
po' stennu la vranca,
t'afferru, t'aggranciu
ti sfardu, ti manciu!

Ju sugnu la 'atta
chi allicca e po' ratta
chi ridi e ti 'ncugna
e poi azzicca l'ugna.

La fimmina sugnu,
chi amuri ti dugnu,
la donna, chi duna
di spini la cruna.
Tu si' l'omu amanti,
sinceru e custanti

Ti stennu li trizzi,
ti fazzu carizzi...;
ma fatti li cunti
po' sciunnu li punti,
ti chiudu li porti,
ti dugnu la morti.

La fimmina sugnu
chi amuri ti dugnu,
la donna chi duna
di spini la cruna.

Note. – La 'atta e la fimmina (la gatta e la donna) – Sugnu (sono) – Allicca (lecca) – 'Ratta (graffia) – 'Ncugna (avvicina) – Azzicca (conficca) – Surcittu (topolino) –
Scantùsu (pauroso) – Aggranciu (abbranco) – Sfardu (sciupo) – Trizzi (trecce) – Sciunnu (sciolgo, slego) – Sciùnniri li punti (guastare, scombinare).



LU CORI NON 'NVECCHIA

Vitti a me' nannu, di la scrivania
nèsciri 'un sacciu quantu vecchi carti,
leggirli tutti e mettirni in disparti
taluni 'ntra 'na vecchia libraria.

Ma ccu tanta primura e ccu tant'arti,
ccu tantu affettu e tanta gilusia,
chi appena di la porta iddu niscìa
vosi lèggiri ju puru. La chiù parti

eranu vecchi littiri amurusi...
ed ju liggeva, quannu, jsannu l'occhi,
vitti a lu nannu!... Fici milli scusi...

iddu m'amminazzò ccu lu vastuni
e po' ridennu dissi: «scarabocchi
di giuvintù!» e jttò du' lacrimuni!





AMURI ANTICU E AMURI PRISENTI

Juncìu la Vita 'ntra 'na gran citati
e ddà 'ncuntrò l'Amuri, tuttu armatu.
Iddu ci dissi: – Bedda, a cu' circati? –
Idda rispusi: – A lu me' parintatu;
cercu lu Preju e la Felicitati... –
– Oh! – ci dissi l'Amuri – stamu allatu. –
– Cercu lu Chiantu...– E non v'alluntanati,
ca stamu 'ntra lu stissu purticatu! –


Note.

Vitti (vidi)
Nannu (nonno)
Nésciri (cavare)
Nisciva (usciva)
Vosi (volli)
Jsannu (alzando)
M'amminazzò (mi fe' minaccia)
Vastuni (bastone).














Juncìu (giunse)
Citati (città)
Iddu (egli, lui)
Preju (allegria, felicità)
Allatu (a lato, accosto)
Purticatu (portone, ingresso).


LA CURA PI LI JETTICHI
(discursu sciintificu fra du' scarpara palermitani)

I.

– V'aviti a fiurari, cumpareddu,
ca all'ebbica prisenti, la scienza
è cunsistenti d'una cunsistenza
ca vi pitta 'ntra l' aria 'n'aceddu.

Chista di lu dutturi Ciriveddu,
vulènnula arrifrettiri, 'ncuscenza,
vi pari cosa facili, ca senza
musturi vi fa stari bonu e beddu?

Li jettichi pigghiaru un ternu 'nsiccu;
e ora ca si fa lu sanatoriu
ognunu d'iddi già si senti riccu!

Vui tistiati? Cca la cosa è seria;
abbasta a diri ca 'Gnazieddu Floriu
fici un spitali di la Ninfa Egeria


II.

Unni ca si sviluppa un certu fetu,
ca pari fetu e fra di tantu è oduri...
e ccu 'ssa cura di 'stu prufissuri
lu malatu sta bonu e sta cûetu,

Pirchì sappi truvari lu sigretu
di dari lu pitittu e lu culuri,
e già ci su' rignanti e 'mperaturi
ca s'hannu scrittu dintra l'arfabetu.

E 'ssa cosa si chiama 'nfurmativa,
ardìca di furmicula, mi pari...
e 'na pirsuna morta torna viva.

Ci sturiò pri menzu d'una lampa,
ed io lu sacciu, cumpareddu Turi
pirchì 'stu fattu ha jutu pri la stampa.



Note.

Fiurari (immaginare)
Aceddu (uccello)
Ciriveddu (cervello. – Cervello chiamasi un medico palermitano insigne, inventore di un vaporogeno perfezionato, che sviluppa dei gaz a base di formalina, respirando i quali i tubercolosi risentono grandi vantaggi alla salute)
Musturi (misture, farmaci)
Jettichi (ettici,tisici)
Ninfa Egeria (corruzione di: Villa Hygea; l'incantevole villa del comm. Ignazio Florio, oggi hotel magnifico, che sorse però con l'intento di farne un sanatorio pei tubercolosi, idea indi abortita, perchè pare che l'igazzolo del Prof. Cervello non rispondesse, in tutto e per tutto, alla grande aspettativa dei poveri tisici e degli scienziati).







Fetu (puzza)
Cùetu (quieto, calmo)
Sappi (seppi)
Pitittu (appetito)
Arfabetu (l'interlocutore intende: il registro di prenotazione del Sanatorio)
'Nfurmativa (formalina)
Ardìca di furmicula (letteralmente tradotto: ortica di formica: l'interlocutore vorrebbe dire: aldèide fórmica)
Lampa (lampada; quella del vaporogeno)
Lu sacciu (lo so)
Ha jutu (è andato).
Note.

VII

A chiddu (a quello: modo di dire, per significare: putacaso, per esempio, ecc.)
Arrizzetta (si ricetta, si queta, si riposa)
Buffetta (dal francese Buffet: tavola da pranzo)
'Ocche (qualche)
Sdilliziu (idiotismo: delizia)
Chiummu (piombo)
Assetta (siede)
Abbentu (calma, riposo)
Arrobba (ruba)
Quasetta (la calza).

VIII

Pistijatu: da pistiari (mangiare smoderatamente e volgarmente)
Priccantatu (incantato, da incantesimo)
Afforza (per forza)
Triatu (idiotismo: teatro)
'Mpupata (imbellettata, acconciata ridicolmente)
E' picciriddi (ai bimbi).

IX

Aciddara (nomignolo di una nota impiegaserve di Catania)
Adduva (impiega)
Mancu (neanche)
Viju (vedo)
Fitusu (sporcaccione)
Tinta (miserabile)
Ffu! (esclamazione di sprezzo)
Vitti (vide)
Appi (ebbi a, dovetti)
Bacillu (per: imbecille)
Schettu (celibe)
Ittassi (getterei, verserei)
Sirratura (segatura di legno)
Culunnettu o culunnetta (comodino).




NINO MARTOGLIO  - CENTONA - Parte seconda
Note.

'Ntinne (antenne)
L'âmu o l'avemu (l'abbiamo)
Diffoortà (difficoltà; qui equivale a: dubbio)
Sacciu (so)
Mintemu (poniamo)
Agghica (arriva, perviene).











A mia (a me)
A pettu (di fronte)
Un schifiu (una porcheria, una quantità trascurabile)
Salaratu (sia lodato)
S'arristora (si ristora)
Non quarìu (non mi riscaldo)
Zoccu (quanto)
Lustru (luce)
Nesci (esce, sorte)
Ogghiu a gassi (il petrolio)
Chi nni fazzu? (che me ne fo?).

IL TELEFRICO SENZA FILI

– Siti bestia, quadrupedi, animali...
e non vi dicu artro, non vi dicu!...
Le 'ntinne ci su' sempri, tali e quali,
e l'âmu vistu ju e cumpari 'Ricu...

Chiddu ca non c'è chiù, mio caru amicu,
è il filo!... Oh, binidittu San Pasquali!...
Il filo, dintra il quale, a tempu anticu,
curreva il telecrama naturali!...

La mia difoortà, però, 'n'è chissa;
c'è un'artra cosa, ca ancora non sacciu
e della quali nn'arristai scossu:

Chiovi, mintemu, l'acqua si subissa?...
Com'è ca la parola del dispacciu
agghica bella, asciutta comu n'ossu?


LU SULI E LA LUNA

– Chi nni vuliti, caru amicu miu,
a mia m'ha fattu sempri 'sta 'mprissioni:
ca a pettu di lu suli su' un schifiu,
la luna e tutte le costillazioni..

Lu suli è fattu di 'na costruzioni
ca fa 'n caluri, sataratu Diu,
ca s'arristora 'na pupulazioni...
E inveci, cu la luna non quarìu!

– 'N mumentu... Approvu zoccu aviti dittu:
lu suli ci la vinci, in questa classi;
ma... in quantu a lustru, mi pariti pazzu.

La luna nesci quann'è scuru fittu
e ju sparagnu supra l'ogghiu a gassi...
'u suli nesci a jornu; chi nni fazzu?


I.

Quant'è vacanti la me' picciuttanza!
Haju giratu pri terra e pri mari,
sacciu tutta la 'Tália, la Franza,
e ancora quantu cosi m'e' 'nsignari!

Ju mi crideva, 'ntra la me' 'gnuranza,
ca 'ntra stu munnu, pri fàrisi amari,
bastassiru la fidi, la custanza,
l'onuri e la buntati di lu fari...

Sceccu, ca non sapia la custumanza
chi 'ntra l'amuri, comu 'ntra l'affari,
si teni a cura sempri a la sustanza;

e 'sti virtù, mitténnuli a pisari
contra di li palanchi, la vilanza
abbùcca d'unni sunnu li dinari!...


II.

'Na vota, un tali – ca non pozzu diri –
mischinu, si vuleva maritari;
pri 'ngegnu, amici nni putìa arricchiri,
ed era pri virtù vrazzu di mari.

Vidi 'na picciuttedda, idda ci arriri,
iddu si 'nciamma... si manna a spiegari;
ma la picciotta cci mannàu a diri:
«quantu mi 'nformu sidd'avi dinari!»...

Passatu quarche tempu ti la viri
sutta lu vrazzu di 'n'appartaturi
d'accussì bruttu ca facìa scantari...

Anniricatu comu li carcari,
zaúrdu, pintu, farsu, jucaturi...
ma pussidia tricentu mila liri!...

Note.

I

Vacanti (vuota)
Picciuttanza (giovinezza)
Haju (ho)
'Tàlia (idiotismo: Italia)
Franza (Francia)
M' è (m'haju, mi devo)
Sceccu (somaro)
Vilanza (bilancia)
Abbùcca (tracolla)
D'unni (d'onde, da dove).








II

Pozzu (posso)
Mischinu (poveretto, povero diavolo)
Maritari (ammogliare)
Nni putìa (ci poteva)
Vrazzu di mari (dicesi degli individui capaci, abili e lavoratori)
Picciuttedda (giovinetta)
Cci arriri (gli ride)
Si 'nciamma (s'infiamma)
Picciotta (giovinetta)
Mannau (mandò)
Sidd'avi (se ha, se possiede)
Viri (vede)
Facìa scantari (metteva paura)
Anniricatu (nero)
Carcari (fornaci per la calce e le terrecotte)
Zaùrdu (rustico, zotico)
Pintu (butterato dal vajuolo)
Farsu (falso).


III.

'N'autra vota, un certu don Sasà,
simpaticuni, beddu comu a chi,
chinu di pregi e chinu di buntà,
ma un pocu scarsuliddu di tarì,

signurineddi di la Suciità
nn'addimannò non sacciu quantu e chi:
vi l'assicuru, è santa virità,
non ci fu nudda ca ci dissi sì!.

'Ntutt'una, lu picciottu, comu fu,
eriditò 'na forti eridità,
e allura, amici mei, chi addivintò!...

Quantu picciotti schetti 'nnamurò
ju non lu sacciu!... Una cca, una ddà...
roba ca dissi: Non nni vogghiu chiù!


IV.

Ah! Unni sunnu chiù, ddi matrimonii!...
Unni t'attrovi, armuzza di me' nanna?!...
'Sti quattru mura sunnu tistimonii:
tu cci dicevi: Un cori e 'na capanna!

Ma quali doti, quali patrimonii!...
Lu nannu ti diceva: Amata Vanna,
hai 'ss'ucchiuzzi ca su' du' 'nnimonii!
E tu: Sta' mutu, la mamà è 'dda banna!...

Ti lu pigghiasti senza mancu un granu;
ma la spirtizza so' fu tanta ranni
e lu to' amuri d'accussì custanti,

ca 'ntra lu tempu di 'na para d'anni
t'arripustáu 'ntra lu cantaranu
dudicimila unzi di cuntanti!


Note.

III

N'autra (un'altra)
Scarsuliddu (scarsetto)
Tarì (moneta siciliana; si dice per «denari» )
Addimannò (domandò, chiese)
Nudda (alcuna, nessuna)
'Ntutt'una (tutto a una volta o a un tratto)
Picciotti schetti (zitelle, ragazze da marito)
Roba ca (tanto che)
Vogghiu (voglio)
Chiù (più).







IV


Unni (dove)
'Ddi (quei)
Nanna (nonna)
'Nnimonii (demonii)
'Dda banna (di là, da quella parte)
Granu (moneta siciliana infinitesimale)
Spirtizza (scaltrezza, abilità)
'Na para (un paio)
Cantaranu (canterano, cassettone)
Unzi (onze; monete siciliane del vecchio regime, corrispondenti a tredici lire cadauna, circa).

V.

Oh, beddi tempi, comu su' cangiati!
L'omini, oggi, cercanu la dota,
li fimmini addimannunu criati,
munzù, carrozza, vesti ccu la rota!...

Intillicenza, vuluntà, onestati,
su' cosi ca valevanu 'na vota;
oggi, si d'oru mi la 'mpanniddati,
vali chiù assai... 'na fracita carota!

Puru 'ntra la chiù megghiu suciitati
spusanu tutti a mezzu di sinsali:
– Vi porta tantu. – Tantu, ci lu dati?

Viva li matrimonii giniali!
Senza cuntari chiddi cumminati
ccu la recrammi supra li giurnali!...



VI.

Bedda, ora ca sugnu ammaistratu,
prima chi m'apprisentu pri maritu
vi vogghiu diri tuttu lu me' statu
cu lu curuzzu 'mpunta di lu jtu:

Ju nun pussedu: 'ntra lu me' casatu
non c'è casteddu e mancu castagnitu,
me' patri m'addutò 'n nomu onuratu
ed ju, gilusu, mi l'ha' custuditu .

S'iddu m'aviti 'ntra lu vostru cori,
chiddu chi v'offru vi divi bastari
megghiu di centu e di milli trisori.

Cu lu cugnomu miu vi pozzu offriri
lu strittu nicissariu pri campari:
pani, rizzettu... e quarchi piaciri.


VII.

Tegnu, però, jsata 'ntra li grui,
propriamenti a riba di lu mari,
'na varchicedda, ca 'ntra l'unni fui
comu lu ventu, e non si fa acchiappari.

Ddocu nni ci assittàmu tutti dui,
ju la varcuzza la fazzu 'nvilari,
da poi mi pìgghiu lu timuni e vui
nni cumannati d'unn'âmu a pigghiari.

Vui nni diciti: – A mari largu! – e nui
niscèmu fora, centu migghia a mari,
unni la terra non si vidi chiui...

Ddà non c'è nuddu ca nni po' guardari,
ddà, fitti fitti, 'ntra l'ucchiuzzi, a vui,
quantu vasuni ca vi vogghiu dari!...



VIII.

Pussedu quattru parmi di jardinu,
– Nn'avrìa vulutu chiù, ma Diu non vosi! –
– Ju mi lu zappu ed ju mi lu siminu,
e cci ha' chiantatu tanti beddi cosi.

Cci su' spichi di Francia e gersuminu,
ci su' garufaleddi e cci su' rosi:
chisti li jettu 'ntra lu to' caminu,
unni lu pedi affatturatu posi...

E sparti, 'mmenzu di l'arrampicanti
d'édira ardita e ciuri di passioni
c'è un pagghiareddu d'accussì galanti!...

'Ntra 'ssu pagghiaru, poi, nni ci ammucciamu:
tu carizzeddi mi nn'ha' a fari tanti
ed ju ti vogghiu diri quantu t'amu!
Note.

V

Criati (servitori)  – Munzù (cuochi) – Vesti ccu la rota (abiti con la coda) – 'Mpanniddati (da 'mpanniddari: inargentare, indorare, orpellare) – Suciitati (idiotismo: società)  – Cumminati (combinati)  – Recrammi («réclame»).

VI

Ccu lu curuzzu 'mpunta di lu jtu (sinceramente, col cuore in mano, sulle dita)  – Siddu (se)  – Rizzettu (ricetto).

VII
Tegnu (tengo) – Isata (sollevata, sospesa) – Grui (grue) – Varchicedda (barchetta) – Unni (onde) – Fui (fugge) – Acchiappari (afferrare, raggiungere) – Ddocu (ivi, lì) – Assittàmu (sediamo) – Varcuzza (barchetta) – 'Nvilari (metter con le vele al vento) – Pigghiu (prendo)  – D'unn'âmu (per dove dobbiamo) – Niscemu (usciamo)  – Fora (fuori) – Migghia (miglia) – Nuddu (nessuno) – Ucchiuzzi (occhietti, occhiucci) – Vasuni (baci).

VIII

Parmi (palmi, spanne) – Jardinu (giardino) – Siminu (sèmino) – Ci ha' chiantatu (vi ho piantati) – Spichi (spighe) – Jettu (gitto) – Affatturatu (incantato) – Sparti (inoltre) – Pagghiareddu (capannuccia) – Ammucciamu (da ammucciari: nascondere).
IX.

Haju 'na chitarredda e di li boni,
ccu deci cordi, 'ntarsïata a nuci;
li canzuneddi chini di passioni
mi l'accumpagna ccu 'na bedda vuci.

Quannu l'accordu e 'ntra li setti toni
la pizzicu e la toccu, duci duci,
fa certi noti e certi variazioni
ca spiccica li santi di la cruci!...

Li jorna ca mi duni lu tò amuri,
ju, ppi lu preju, ti vogghiu cantari,
ccu 'ssa chitarra, 'ntra lu do maggiuri;

li jorna ca là 'ncagna mi vo' fari,
canciu lu tonu, e 'ntra lu re minuri
cantu lu chiantu ca mi fa' jttari!



X.

Pussedu, poi, 'na cosa capricciusa
ca 'ntra lu ciriveddu sta di casa;
ora è sbambanti ed ora è visitusa,
secunnu la me' stidda e la me' fasa.

È l'Arti nuda e cruda e bisugnusa,
ca spissu spissu mi cunforta e vasa:
sugnu pueta, e tu si' la me' Musa,
bedda, c'arrissumigghi a 'na cirasa!

Quannu saremu maritu e muggheri,
ju 'ntra 'nsunettu ti vogghiu cantari
comu l'amanti so' cantò Alighieri;

e tanta bedda t'haju a pitturari,
'ntra la pirsuna e 'ntra li to' maneri,
c'ha' a jùnciri ddà banna di lu mari!...
Note.

IX

Chitarredda (piccola chitarra)
Preju (contento, allegria)
`Ncagna (il broncio)
'Nta, o 'ntra (nel).

X

Sbambanti (fiammante)
Visitusa (a lutto)
Stidda (stella)
Fasa (fase)
Vasa (bacia)
Mugghieri (moglie)
Pitturari (dipingere)
Jùnciri (giungere, arrivare)
Ddà banna (al di là).

XI

Staju (sto)
Jennu (andando)
Sdirrupari (dirupare, ruinare, rovinare)
Arvuliddu (alberetto)
'Ncüeta (irrequieta)
Varca (barca)
Joca (gioca)
To' o toi (tuoi).

PARTENNU PRI MARI

Partennu (partendo)
Munnu (mondo)
Vaju (vado)
Nuru (nudo)
Vrazza (braccia)
Fàrimi (farmi)
Riuturi (rivolture, turbini, turbamenti
               di atmosfera).

XI.

'N mumentu, staju jennu a precipiziu
e d'accussì mi vaiu a sdirrupari!...
Sacciu ca vi lassaru un vitaliziu
e aviti quarche cosa da purtari:

e vui ca siti donna di giudiziu,
ccu mia non vi putiti maritari;
ci voli l'arvuliddu gintiliziu,
cu tantu di curuna... e ccu dinari!

Oh, la me' fantasia quant'è 'ncüeta!
Chi rosi, quali varca, quali Musa,
quali sunettu, quali tu e to!...

Comu si vidi ca sugnu pueta!
Signurinedda, v'addimannu scusa:
pari ccu pari e joca ccu li to'!...




PARTENNU PRI MARI

Addiu, munnu 'ngannusu e tradituri,
ju ti salutu e partu pri lu mari,
nuru lu pettu, vrazza e pedi nuri,
ccu la natura vogghiu cuntrastari.

Megghiu timpesti, megghiu riuturi,
e di li pisci fàrisi mangiari,
chi sòffriri li peni di l'amuri
e di lu 'ngannu li turmenti amari.

Addiu pri sempri, addiu! Troppu duluri
mi costi, munnu, e non ti pozzu amari;
scava pri tutti li to' sipurturi,

ma l'ossa mei non ti li vogghiu dari;
dintra lu mari, virdi di culuri,
'ntra l'unni so' mi vogghiu ripusari!



FINE
PARTE SECONDA
UPIRANTI *
* Attori e frequentatori d'opera, di teatro. Dicesi
pure dei mattacchioni, che ne operano tante.

VIGILIA AMMUCCIATA

– Jhii!... Murèmu d' 'u friddu, signurinu!
– Voscenza nni fa 'nsordu 'i caritati!...
– Moru d' 'a fami!... – Ha' da stamatinu
ca non mangiamu!... – Comu vi chiamati?

– Ju Nardu. – Ju Ninu. – Ninu comu? – Ninu.
– Ma di cu' siti figghi?... Unni stati?
– Semu pigghiati d' 'u 'spitali, Ninu
e ju!... – Durmemu arreri 'i purticati!...

– Svinturateddi!... Te' cca, v' 'i spartiti!
– 'U Signuri ci 'a renni!... – 'Mpari!... – Auh!...
– E chi fu, 'nt' 'a sacchetta, v' 'i mittiti?...

– Ppi l'òpira!... Va, a 'st'ura 'ncuminciau!...
Ci sunnu? – Giusti giusti !... – E pp' 'a simenza?
– Don Salarinu a mia mi fa cridenza!...

_________________________

Note.

Voscenza (vostra eccellenza)
Caritati (carità)
Moru (muoio)
Unni stati (dove abitate)
Pigghiati d'u spitali (presi dall'ospizio dei trovatelli)
V' 'i spartiti (ve li dividete)
'U Signuri ci la renni (Dio gliela rende)
Opira (il teatrino delle marionette)
Simenzia (i semi abbrustoliti, o bruscolini)
Don Salarinu (famoso venditore di semi abbrustoliti, dentro il teatro di marionette del Grasso in Catania. Si chiamava Felice, ma tutti i monelli frequentatori assidui del vecchio fondaco, lo chiamavano Saladino, non so piú per quale ragione).
U 'MMULNIRABULI
('ntra l'opira di li pupi di don Giuvanni Grassu)

I.

– Ninu, chi fa, chi sunu addurmisciuti?
– No, su' sturduti... Nentimenu hanu
cummattùtu tri jorna prisicuti
e ancora 'u 'mmulnirabuli n' 'o sanu!...

– Varda ca s'arrusbìgghianu! – Va, muti,
picciotti! – Feraù chi è, cristianu?
– Forsi... chi sacciu?... – Bestii aricchiuti!
– Chi n' 'o viditi ch'è maumittanu!

– Oh Dio!... Perchè mai ho dormito in piano?
Ah... sì, che mi arricordo!... Ho combattuto
con quel vile di Orlando, il cristiano,

e con un colpo mi ha storduto!
Basta... ora prendo il brando con due mano
ci 'mmisco un colpo solo e me lo astuto!


II.

– Sì, e vattinni, babbu, ca 'a 'nzirtasti!...
– Prima voglio vedère se è viventi...
– Fràcita ppi daveru, 'a scrafazzasti!
– Orlando, che sei desto o sei dormienti!...

– Che sento!? Pria di me ti arrosbigliasti,
vile maomettano impertinenti?
Ancora con Orlando ti contrasti?
Prènditi la distanza!... – Ah, qual trementi

piacere godo nel combatter teco,
Orlando Paladino!... In quest'agone,
se hai coraggio battiti con meco,

che io ti sfido a singolar tenzone?...
– All'armi!... – Beni Orlandu!... – Anche di sbieco
chianti dei colpi, vile mascanzone?
III.

– Bravu daveru! daccìlli 'nt' 'e cianchi!
– Bella botta di scherma ca cci fici!...
'A viristru? – Ca comu! – E non ti stanchi
sotto i miei colpi? – Poviro infelici!

Ti credi d'avvilirmi? No, neanchi
se combattiamo, va... come si dici,
fino all'eternitate! – Du' palanchi,
di simenza cca banna, Don Filici!

– Perchè, che l'hai 'nfatata, l'armatura!
– No ma tengo una cosa più migliore!...
E cos'è? parla, se hai disinvoltura!...

– Ebbene, te lo dico a malincuore...
A vah, i du' sordi, ch'è cc' 'a curmatura!...
Parla, spagnuolo, non aver timore!...


IV.

– La mia persona è tutta inespugnabeli,
come la tua, da quello che m'adduno.
– Ebbene, dove l'hai il tuo 'mmulnerabeli?
– L'ho nel belico!... Prima, ad uno ad uno,

mi devi far saltare, se sei abeli,
sei scorce di testunia... – chi a nessuno
dei cavalieri più qualificabeli
ci ha bastato la forza!... – spunta un pruno

d'azzaru; quindi deve scomparire,
e quindi sarò morto, senza aiuto!...
Ed ora spero che mi devi dire

dov'è il tuo 'mmulnerabeli... ti ascùto!
– Il mio è in punto che non puoi colpire,
poviro Feraù, tu sei perduto!...