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NINO MARTOGLIO

CENTONA*
* Confusione di voci di più persone: chiucchiuriaja, badanai, centone.

RACCOLTA COMPLETA
DI POESIE SICILIANE
CON L'AGGIUNTA DI ALCUNI
COMPONIMENTI INEDITI
E DI UNA PREFAZIONE DI
LUIGI PIRANDELLO



Note.

I

'Ccillenza (eccellenza. – L'interlocutore è un marinajo che è stato l'eroe del dramma e, interrogato dal presidente delle Assisi fa la sua deposizione) – Cci dicu (le dirò) – Agghìri ddani (verso quel sito) – 'Na vuci sularina (una voce alta nel silenzio) – Fui-fui (fuggi fuggi) – Vitti (vidi) – Mastri (maestri) – Viddani (contadini) – Attàgghiu (accanto) – Unn'è (dove trovasi) – Facci 'i cani (faccia da cane – soprannome del fondacaio) – 'U sannu sèntiri (lo indicano col nome di) – Fudda (folla) – Casànza (a causa, per motivo) – C' 'a tradíu (che la tradì, l'abbandonò) – Niluzzu (diminuitivo di Emanuele) – Sautampizzu (Soprannome del medesimo) – Tudda (diminuitivo di Agata) – S'ha jttatu (s'è gittata).





II

'A matri (la madre) – Impazzuta (impazzita) – Scippàtu (da scippari: svellere, strappare con violenza, stracciare) – Spènziri (sorta di vestimento con maniche, che cuopre il busto) – Pinnenti (orecchini) – Chiddi (quelli) – Chiantava (menava) – Sbannuta (sbandita, che è in bando; dicesi comunemente anche dei forsennati) – Carusiddi (ragazzine) – 'I tastïàva (le tastava, le palpeggiava) – Jttava 'na schigghia (lanciava un grido) – Stiddi (stelle) – Sciatuzzu di l'arma mia (sospiro dell'anima mia) – Abbèntu (quiete, conforto) – Macari idda (anch'essa) – Nni scippava l'arma (ci strappava l'anima).
Pagina a cura di Nino Fiorillo == e-mail:nfiorillo@email.it ==
Nino Martoglio

PREFAZIONE
_________

di
Luigi Pirandello
__________________
Mentre egli vive qui, e vivrà ancora per tanto e tanto tempo, e canta e ride e piange e freme in tutta la sua opera arguta e schietta, così calde e sincere simpatie suscitando col suo canto in tutto il popolo della sua Sicilia, e tante risa e tanta commozione ogni sera, nei teatri d'Italia, negli innumerevoli spettatori delle sue commedie e dei suoi drammi, pensarlo morto (e d'una così inopinata orribile morte!), pensare che non potrò più rivederlo nella fraterna consuetudine che avevo con lui e nella quale di giorno in giorno mi si rivelavano tutti i moti della sua nobilissima anima e del suo cuore generoso, moti che, seppur talvolta violenti e inconsiderati, palesavano sempre in lui l'eterno fanciullo-poeta: tanto oscuro e freddo turbamento mi cagiona e tal dolore mi dà, che non m'è possibile mettermi a scrivere ora di lui, come vorrei.
Nino Martoglio è per la Sicilia quello ch'è il Di Giacomo e il Russo per Napoli; il Pascarella e Trilussa per Roma; il Fucini per la Toscana; il Selvatico e il Barbarani per il Veneto: voci native che dicono le cose della loro terra, come la loro terra vuole che siano dette per esser quelle e non altre, col sapore e il colore, l'aria, l'alito e l'odore con cui vivono veramente e si gustano e s'illuminano e respirano e palpitano lì soltanto e non altrove.

Nino Martoglio è tutta la sua Sicilia, che ama e che odia, che ride e giuoca e piange e si dispera, con gli accenti e coi modi che qui in Centona sono espressi per sempre, incomparabilmente. Giornalista per tanti anni nella sua nativa Catania, figlio di giornalista, fondò e diresse il d'Artagnan, la cui memoria è ancora vivissima nell'Isola: miniera inesauribile di spirito. Per la coraggiosa e audace satira della vita cittadina, per certi tipi colti dal vero, e certi epigrammi ad hominem e certi dialoghi di finissima arguzia paesana, parecchie volte dovette battersi in duello, e più d'una col rischio di perderci la vita.
Don Procopio Ballaccheri fu, in quel giornale, quel che poi Oranzo E. Marginati fu nel "Travaso delle idee"; e il Lucatelli lo riconosceva e lo dichiarava; e il Martoglio ne era orgoglioso. Morti tutti e due, adesso, e prima del tempo!

Famosissima rimase, dell'attività giornalistica e poetica di quegli anni, la satira politica in versi: La triplice alleanza; tanto che non fu possibile al Martoglio eliminarla, come forse avrebbe voluto, dalla raccolta dei suoi versi. E si trova ancora, difatti, e si legge con piacere, in fondo a questa Centona, che lo fa, dopo il Meli, il poeta dialettale più espressivo del popolo siciliano.

Tutti in Sicilia conoscono Centona. Le edizioni di essa si esauriscono e si rinnovano continuamente; questo è il segno che il popolo riconosce nel suo poeta la sua voce. Il che basta a perpetuare la fama del Martoglio anche se di queste liriche appassionate o giocose, di questi tanti sonetti, in cui un intero dramma, un'intera commedia, son racchiusi con potente efficacia nel giro di quattordici versi e tante volte in una sola parola o in un gesto espressivo, segnato con un'esclamazione, la critica ufficiale del Continente non ha mai mostrato di accorgersi bene. Sonetti come La cira sono autentici capolavori. E sono parecchi.

Ma Nino Martoglio non fu poeta lirico soltanto: fu anche commediografo acclamato, in lingua e in dialetto. Tutti immaginano facilmente le grandi soddisfazioni che l'esito trionfale d'alcune commedie gli procurò; ma nessuno forse immagina quanto gli costò d'amarezze, di cure, di fatiche e anche di denari il teatro siciliano che vive massimamente per lui e di lui e di cui egli fu il vero ed unico fondatore. Fondatore rivelatore, poichè fu lui a mettere per il primo in luce e in valore i suoi attori più grandi, ora giustamente famosi; il Musco e il Grasso; e poi gli Spadaro e il Lo Turco e l'altro Grasso, la Bragaglia, l'Aguglia, la Balistrieri, l'Anselmi, il Marcellini, il Pandolfini. Quante amarezze, povero Martoglio, per quel suo grande sogno, così ingiustamente e perfidamente avversato sino a farlo fallire, della Compagnia del Teatro Mediterraneo, con la quale, divenute già a mattatore quelle dapprima fondate col Grasso e col Musco, s'era proposto di mettere insieme, per spettacoli di pura arte, una numerosa Compagnia di "complesso", meravigliosamente affiatata; quella Compagnia che diede al pubblico di Roma, al Teatro Argentina, rappresentazioni d'insuperabile bellezza, come quelle del Ciclope di Euripide, del Rosario del De Roberto, del Dal tuo al mio e della Lupa del Verga.
Preparava il Martoglio un libro di Memorie su questo suo teatro siciliano, che non so se aveva già cominciato a scrivere. Non credo. Che un tal libro di memorie non si possa più avere è iattura grave per la storia del teatro ancora a noi contemporaneo, perchè il libro sarebbe stato pieno, certo, di notizie interessantissime, d'episodi caratteristici d'un sapore straordinario, per la vivacità impulsiva, le stranezze, i prodigi del meraviglioso intuito, che dovevano esservi narrati e rappresentati, dei comici siciliani.

Nino Martoglio fu un vittorioso. Vinse tutti gli ostacoli, tutte le diffidenze, tutte le gelosie. Il teatro siciliano difatti, vive: ha ormai un larghissimo repertorio e una fin troppo numerosa schiera di attori. E finchè vivrà, vivranno per la delizia dei pubblici d'Italia, Mastru Austinu Misciasciu del "S. Giovanni Decollato" e Don Cola Duscio del "L'aria del Continente" e 'U riffanti e i due ciechi di "Scuru" e il Capitan Turrisi di "Sua Eccellenza" e il povero Marchisi di Ruvolito e Taddarita e Nica e Capitan Seniu, tutte le creature del suo teatro, in cui quei magnifici attori si sentono vivi. Lui solo, povero Nino, non potrà più soffrirne o goderne. E che abbia lasciato sul meglio e innanzi tempo il suo lavoro, sul meglio e innanzi tempo i suoi adorati piccoli figliuoli, l'adorata Compagna, i fratelli, gli amici, così, per uno sciagurato incidente, aprendo per isbaglio una porta che dava in un baratro, è cosa di tale e tanta crudeltà, che veramente fa disperare e inorridire.

Roma, 18 Settembre 1921.
______________________
Note.


V

Mi scìsiru (mi scesero, mi calarono) – Chiarìu (chiarore) – Accuminzài (cominciai) – Nun m'arriniscìu (non mi riuscì) – Allippàta (impantanata: al di sotto del muschio e del limo del fondo) – Assumari (venire a galla) – Stesi (stiedi) – 'Pp'accurzari (per abbreviare) – Fici corpu (feci colpo) – Accumparìu (comparve) – Facìa scantari (metteva paura) – Unchia comu 'na buffa (gonfia come un rospo) – Vrazza (braccia) – Sangeli (sanguinacci) – Cafòlu o grafocchiu (buco, apertura fonda e informe) – Ca cci desi (che le diede) – Neli (diminuitivo di Emanuele) – Ci avìa azziccàto (le si era conficcato).







VI

'A desi vôta (l'ho legata) – Barusa (termine marinaresco per indicare una gassa o maniglia di corda) – 'Nsinga (segnale, segno) – Jsari (alzare, tirar su) – Catusa (cannelle, doccioni) – Canziàlla (scansarla) – Attruzzari (urtare) – Chiancìa (piangeva) – Stizza (stilla) – Purtusa (buchi) – Mi pensu (suppongo) – Cci nni parsi forti (fu preso dal rimorso) – Criatura (creatura: ha il significato pietoso di: sventurata) – Sbuttò a sugghiuzzu (sbottò in singhiozzi) – S'avìa misu (s'era messo, o posto) – Sùpira 'u coddu (sul collo).








VII.

Donna Tudda pareva cunurtata,
s'avia appujàtu all'orru, muta muta,
comu 'na babba, tutta 'nzalanuta,
guardannu 'a figghia so', lazzariata...

Quannu 'ntutt'una, mentri era arrivata
o' lustru, e stava pr'essiri strugghiuta,
parrannu cu don Neli, dici: – ascuta,
Neli, ca t'àju a fari 'na 'mmasciata.

Chiddu si vota, di sutta 'u fadali,
idda, nesci 'n'augghia 'i matarazzu
e chianta 'n corpu ca mancu un pugnali!...

'U cori ci 'u pirciò 'rittu filatu!...
– Te', ca ti scannu ju – dicì – 'nfamazzu!...
Figghiuzza santa, t'áju minnicatu!!...



VIII.

'U fattu avìa successu accussì prestu
chi ancora nun si nn'âvanu addunatu;
ma ccu 'dd'augghia a manu, lestu lestu,
idda s'apprisintàu 'nt' 'o diljatu.

Dici: – arristati a mia!...mancu mi vestu...
s'ha' a vidiri, 'stu sangu scialaratu!
E mentri 'a dichiaravanu in arrestu,
don Neli, ca 'un' avia pipitiàtu,

si isò tisu tisu... era 'n pileri...
jancu comu la carta, stracanciatu...
jttàu sangu, e po' abbuccò 'nn'arreri!...

E tempu ca cadìa 'ncoddu a nuâtri,
a donna Tudda, cu 'n filu di sciatu,
ci dissi: – tanti 'razii... 'gnura matri!

Note.

VII

Cunurtata (confortata, calma) – Appujàtu (appoggiato) – Babba (sciocca, stupida) – 'Nzalanuta (stordita, ingrullita) – Lazzariata (martoriata; dal Lazzaro della Scrittura) – 'Ntutt'una (tutt'uno, tutto a un tratto) – O' lustru (alla luce) – Strugghiuta (slegata) – T'haju a fari (debbo farti) – 'Na 'mmasciata (un'imbasciata, una confidenza) – Si vota (si volta) – Fadali (grembiale) – Augghia (ago, ferro) – Matarazzu (materasso) – Chianta (mena, assesta) – Ci 'u pirciò (glielo bucò, attraversandoglielo parte a parte) – 'Nfamazzu (infame) – Minnicatu (vendicato).






VIII

Avìa successo (era accaduto) – Nun sinn'âvanu addunatu (non se n'erano accorti) – Mancu mi vestu (nemmeno mi cambio d'abito) – S'ha' a vidiri (deve apparire, deve vederlo) – Scialaratu (scellerato) – 'Un' avìa pipitiàtu (non aveva detto ci; non aveva profferito verbo) – Tisu tisu (dritto) – Pileri (colonna, dicesi degli uomini dritti e ajtanti) – Jancu (bianco) – Jttàu (gittò) – Abbuccò (si rovesciò) – 'Nn'arreri (indietro) – 'Ncoddu (sopra) – Nuâtri (nojaltri, noi) – Ccu 'n filu di sciatu (con un fil di voce, quasi con un sospiro) – 'Gnura matri (signora madre).

A me' patri
(ca si nni 'ntenni!)
FIMMINI BEDDI

LIRICHE
Nona edizione riveduta e corretta

FIMMINI BEDDI

Non sacciu lu tudiscu e lu francisi
e mancu sacciu la lingua tuscana;
ma 'ntra lu gergu di lu me' paisi
mi sentu grossu, e fazzu buriana
'Ntra lu paisi miu, fimmini beddi,
ci nni su' tanti, indigeni e frusteri
ju m'e' 'mparatu tanti paruleddi
pi diraccilli di tanti maneri.




________________________

Note.

Sacciu (so)
Tudiscu (tedesco)
Mancu (neanche, nemmeno)
Mi sentu grossu (mi reputo più che abile)
Buriana (boria, ostentazione)
Frusteri (forestiere)
Paruleddi (paroline)
Diraccilli (dirgliele; o: dirle loro).


Nninghinignola, gnola, gnola
A cu' porta la capriola?

Sciuri sciuriddu e sciuri di panicu,
ju m'arriordu di la carusanza:
ju m'arriordu chi a lu tempu anticu
jucava a Peppi-Antoni e viva Lanza.
Ora vi mettu tutti a lu lammicu,
vui siti chiurma ed ju capu paranza;
sciuri sciuriddu e pàmpina di ficu,
ora mi spassu ccu la picciuttanza.

I.
                Sciuri sciuriddi,
ju nn'haiu vistu assai, fimmini beddi,
ma chista è la rigina di li stiddi.

                La megghiu sciura,
sant'Ajta scinnuta di la vara,
bedda di facci e longa di statura.

                Scuma di mari,
'ntra la facciuzza, janca di culuri,
ci spúntanu, ridennu, li cucchiari.

                Jalufareddi,
labbruzza di muredda e li capiddi
niuri e li manuzzi affusateddi.

                Sciuriddi rari,
l'ucchiuzzi, malandrini e tradituri,
l'avi chiù funni di lu stissu mari.

                Sciuri di spina,
e sparti, 'ntra lu vestiri è bagiana
e comu nenti fussi è fiurintina!

                Bedda viola,
di 'sti biddizzi ci nn'è una sula
cui non la 'nzerta la nninghinignola?
Note.

Nninghinignola (è un gioco che si fa da bambini. Il penitente si mette in ginocchio, con la testa fra le gambe della mamma – che così chiamasi il capogioco – e gli occhi bendati; gli altri giocatori, uno per volta, gli si mettono a cavalcioni sulle spalle, fino a tanto che non ha indovinato il nome di uno di loro, mentre gli sta addosso. Questi, allora, gli dà il cambio) – Sciuri (fiore) – Carusanza (adolescenza) – Peppi-Antoni, ecc. (altro gioco fanciullesco, del genere) – Lammicu (lambicco) – Chiurma (ciurma) – Capu paranza (capo comitiva) – Pàmpina (foglia) – Picciuttanza (giovinezza) – Sant'Ajta (Sant'Agata, la patrona di Catania, che dicesi fosse di rara bellezza) – Scinnuta (scesa) – Vara (barella). – Scuma (schiuma) – Li cucchiari (le fossette) – Jalufareddi (garofalini) – Muredda (le more) – Niuri (neri) – Affusateddi (affusolate) – Funni (profondi) – Sparti (in oltre) – Bagiana (graziosa, elegante) – Biddizzi (bellezze) – 'Nzerta (indovina).

Betta dicisti, lu jocu pirdisti,
Rosa dicevi, lu jocu vincevi.

'Nchianai lu munti, scisi a la chianura,
passai lu ciumi, navigai lu mari,
fimmini d'ogni merca e pilatura
quantu nni vitti non sacciu cuntari.

Vitti lu tipu grecu e lu rumanu,
vitti l'astrechi e vitti li cruati,
vitti li beddi di lu Gran Surtanu,
ma li chiù beddi su' 'ntra 'sti cuntrati.

II.
Sciuri d'aprili, sciuri di cirasi,
ju cantu li biddizzi catanisi,
ci nni su' tanti, 'ntra 'ssi casi casi.

                Sciuri di canna,
nni sacciu una ca è 'na madonna,
lu stissu Diu, vidennula, si 'nganna.

Sciuri ca si lu tocchi fa la 'ncagna,
chiudi li pampineddi e si 'ncutugna,
la trizza di 'sta fimmina è castagna.

                Beddi violi,
la so' facciuzza è un pumu di Natali,
l'occhi guardannu, diciunu paroli

                Sciuri sarvaggiu di la nipitedda,
scura la Luna e Veniri tracodda
quannu 'sta fata fa 'na risatedda.

                Sciuri bagianu,
lu spertu cerca sempri l'oru finu,
chista si l'arrubbò un palermitanu.

Sciuriddi chiù odurusi di li gigghi,
unni lu mari sbatti 'ntra li scogghi,
ddà sta di casa, ed àvi tanti figghi.

                Sciuri piccanti,
ma figghi ed anni non ci fannu nenti,
sempri chiù bedda e sempri chiù galanti.

Nninghinignola, nninghinignuledda,
furca pri cu' si perdi 'ntra la fudda,
vi l'haju datu ccu la cucchiaredda!
Note. 

Betta dicisti ecc. (è il ritornello che canta il capogioco, quando il penitente accusa un nome sbagliato) – 'Nchianai (ascesi) – Merca (marca) – Pilatura (colore del capelli) – Astrechi (austriaci) – 'Ntra 'ssi casi casi (di qua e di là, dappertutto) – Fa la 'ncagna (s'imbroncia) – Pampineddi (foglioline) – Si 'ncutugna (si accartoccia, si raggomitola su se stesso) – Trizza (treccia). – Pumu di Natali (sorta di mela bianca e rossa e odorosa, che matura a Natale) – Diciunu (dicono) – Nipitedda (nepitella, melissa nèpeta) – Spertu (scaltro) – Unni (dove, laddove) – Furca (forca) – Fudda (folla) – Darla ccu la cucchiaredda (darla facile, imbeccarla).








Pani jancu ecc. (è la frase di segnale per la tregua e il riposo, nel gioco) – Stricavi (stropicciai) – Jtu (dito) – Scumparìu (scomparve) – Attrivitu (ardito, audace e cupido) – Cca (qua) – Disìu (voglia) – Ammàtula (inutilmente) – Stricu (stropiccio) – Cugghìu (da cógghiri, gonfiarsi, supporare) – Sipalati (siepi) – Mureddi (le more) – Stiddi (stelle) – Jttati (gittate) – Pampineddi (foglioline) – Ardica (ortica) – Sauca (sambuco) – Giniusa (attraente) – Nica (piccola) – Niuri (neri) – Capiddi (capelli). – Jalufareddu (garofaletto) – Fannu scantari (mettono paura) – Su' (sono) – Tinnireddi (tenerelli) – Custïoni (questione) – Pintïatu (punteggiato) – Miatu (beato) – Bannera (bandiera) – Vïuledda (violetta) – Visitusa (a lutto) – 'Nzirtatammilla (indovinatemela).
Pani niuru, e Ciancianedda d'oru!...

M'haju 'nsunnatu tanti cosi beddi
e sugnu affrittu ca mi risbigghiai,
mazzi di rosi, gigghia e campaneddi,
spica di Francia, ca non sicca mai,

'mmenzu a li sciuri, poi, c'èra ammucciata
l'amanti mia, ch'è vivula e bagiana,
e aveva la gran trizza pittinata
ccu li fittucci a la palermitana.

IV.
Sciuriddu di muntagna ccu la cruna,
la luna è bedda e di sbrinnuri china,
ma chista è assai chiù bedda di la luna.

Sciuriddu di papaviru scarlattu
e sempri dormi sùpira d'un lettu
tuttu di rosi e di suspiri fattu.

Sciuriddu chi sta 'nchiusu 'ntra la serra,
ju m'accumpagnu supra la chitarra
e cantu l'occhi di 'sta bedda sgherra.

Sciuriddu jancu, sciuri di mughettu,
quannu 'ss'ucchiuzzi mi guardaru, a un trattu,
lu cori mi siccò dintra lu pettu.

Sciuri spinusu c' 'un si pò tuccari,
sulu l'amuri sò, lu sò pinseri,
lu cori mi lu fa risuscitari.

Sciuriddi nichi, sciuri di murtidda,
chi nn'haju a fari sidd'è nicaredda?
Veniri stissa era picciridda.

Sciuriddu di la dalia, ch'è tunnu,
è nica ed ju la vitti 'un sacciu quannu,
è nica ed è pri mia tuttu lu munnu.

Nninghinignola, nninghinignulidda,
non lu 'nzirtati, no, cu' è 'sta bedda,
'sta nniminagghia è surtantu pri d'idda!
CUSTURERA

I.

Sutta lu Ponti, attagghiu Novaluci,
a manu 'ritta, quasi a cantunera...
ci sta 'na picciuttedda custurera,
figghia di l'arma mia, chi cosa duci!

Si tu la vidi... pari 'na ciurera!
Janca comu lu spicchiu di la nuci,
russa comu la vampa di lu luci,
comu lu latti, tènnira e sanzera.

La vucca sò di perni è du' filagni
misi 'ntra 'n marzapanu di curaddu;
l'occhi su' du' pistoli ca ti spagni,

e li capiddi, nïuri giuitti,
longhi quantu 'na cuda di cavaddu,
su' tali, va, ca mancu si li pitti!


II.

Ma ancora nun t'ha' dittu n'autra cosa;
ha' a taliari lu so' purtamentu,
li so' manuzzi a pàmpina di rosa,
la vita, ca si rumpi cu lu ventu;

lu pettu, 'ranni Diu, ca ci arriposa
l'occhiu e ci arrifulia lu sintimentu,
lu coddu alabastrinu unni si posa
un cannulicchiu rizzu ch'è 'n purtentu!...

Pari fatta a lu tornu, è 'na rigina,
si parra li paroli su' canzuni,
si ridi fa cascari cristiani...

Ju nun ti sacciu fari 'n parauni:
'n'angiledda, 'na Dia, la fata Arcìna...
ti dicu, frati miu, mancu a li cani!

SI SITI BONI

Fimmini beddi ca non conusciti
l'auturi di 'sti versi sgammittati,
si siti boni, si gintili siti,
cu' è chi sugnu non mi dimannati.

Sugnu un aceddu e 'ntra li vostri riti
lassai li pinni mei 'nsanguniati
ora vi guardu, beddi mi pariti,
ca di luntanu, ca non struppiati!...

________________________

Note.

Pani niuru ecc. (è la frase di segnale per la lizza nel gioco) – M'haiu (mi sono) – 'Nsunnatu (sognato) – Risbigghiai (svegliai) – 'Mmenzu (in mezzo) – Ammucciata (nascosta, celata) – Vívula (vivace) – Sciuriddi di muntagna ccu la cruna (il ciclamino) – Sbrinnuri (splendori). – C' 'un (che non) – Murtidda (mortella) – Picciridda (piccina, piccolina) – Tunnu (tondo) – 'Un sacciu (non so) – Cu' è (chi è) – Nniminagghia (indovinello) – Pri d'idda (per lei).


_________________________


Sgammittati (sciancati, senza gambe) – Sugnu (sono) – Aceddu (uccello) – Lassai (lasciai) – Pinni (penne) – 'Nsanguniati (insanguinate) – Mi pariti (mi sembrate) – Struppiati: da struppiari (storpiare, arrecar danno).



Note.

I

Custurera (sarta, sartina)
Attagghiu (accanto)
A cantunera (al cantone)
Picciuttedda (giovinetta)
Figghia di l'arma mia (esclamazione di
      tenerezza, come: cuore mio, angelo mio)
Ciurera (fioriera, vaso di fiori)
Janca (bianca)
Luci (il carbone acceso)
Sanzera (sincera, sana)
Perni (perle)
Du' filagni (due filari)
Misi (messi)
Marzapanu (scatolo, astuccio)
Curaddu (corallo)
Ti spagni (ti spaventi)
Giuitti (giojetti, nerissimi)
Va (interiezione esclamativa, come per dire:
        ecco, andiamo, ecc.)
Pitti (dipingi).




II

Non t'ha dittu (non t'ho detto)
Ha' a taliari (devi guardare o notare)
Pàmpina (foglia, petalo)
'Ranni Diu (gran Dio)
Arrifulìa (da arrifuliari: girare insistentemente
                 attorno)
Cannulicchiu (ciocca ricciuta, anello
                         di capelli)
Fatta a lu tornu (regolare, impeccabile nelle
                            forme; fatta dal tornitore)
Sacciu (so)
Parauni (paragone)
'N'angiledda (un'angioletta)
Mancu a li cani! (esclamazione di meraviglia,
            che si usa tanto nel dispreggiativo
            quanto nell'esaltazione).
III.

Di la matina 'nsina a Virmaria,
'sta rosa furistera abbuttunata,
simprici ma bagiana, sta assittata,
sempri cusennu, 'avanti la putìa.

E non ti dicu la gran passiata
di studenti, mastranza e signuria!
Si sècuta accussì, parola mia,
tempu du' misi sfàrdanu la strata!

Idda lu sapi quant'è 'nzuccarata,
sa chi guardannu fa la mavaria
e a quannu a quannu, ccu 'na maistria,

spara ccu l'occhi quarche scupittata!...
Roba, ti dicu, d'essiri purtata
'ritta filata 'ntra la Vicaria!



IV.

Da poi non sacciu 'ssa facciuzza bedda
pricchì è ca l'àvi proprïu cu mia,
s'è ppi capricciu, s'è ppi simpatia,
o ppi vutari li me' cirivedda.

Fattu è ca si firrìu di la vanedda
o si ci passu attágghiu, di la via,
si sugnu sulu o sugnu 'n cumpagnia,
idda mi guarda e fa la risatedda!

Ora l'appùru ju, custuriredda,
zoccu vi passa pri la fantasia;
nun mi ci perdu, no, 'ntra 'ssi rucchedda!

S'è amuri, siti 'na patruna mia,
ma siddu mi tirati la curdedda,
tirati attempu... 'nnunca si linzìa!...
ACQUAJOLA

I.

Tanuzza l'acquajola è 'na carusa,
ma 'na carusa, va, ppi la patana!
Abbasta a diri ca 'na cità sana
nni sta niscennu pazza furiusa!

Già tu non sai ch'è duci la gazzusa
'ntra lu biccheri ca ti sguazza Tana!...
E la stissa acqua di la Reitana
'nn'idda è chiù frisca ed è chiù sapurusa.

Cu 'ddi capiddi a la napulitana,
si tu vidissi quantè ginïusa!...
Pari 'na puddastredda paduvana.

Ma chi t'ha diri, ju non sugnu 'n gana;
vacci a 'cattari l'acqua, e ccu 'sta scusa
sammillu a diri tu sidd'è bagiana.


II.

Avi lu ciospu 'mmenzu di lu Chianu,
propriamenti all'Università,
e ha' vidiri la curti ca ci fanu
li giuvinotti, passannu di ddà!

A la scola ci vanu e non ci vanu;
ma a Tana non la mòddanu, cusà!...
E idda servi a tutti, a manu a manu,
vinnennu l'acqua frisca 'nquantità'...

Ci vannu ccu 'sta scusa, e d'accussì,
idda si sta facènnu ccu li chippi,
e iddi si nni vannu beddi unchi.

Nni sacciu unu, un certu don Fifì,
ca ppi la tanta acqua ca si vippi,
dintra la panza fici li larunchi!...


A LA BEDDA DI LI BEDDI

Bedda, cu' fici a tia pinceva finu,
puteva fari scola a Tizianu,
ci travagghiò macari di bulinu
ccu la pacenzia di lu franciscanu.

Bedda, cu' fici a tia fu 'n Serafinu,
ch'aveva la fattura 'ntra li manu,
ti fici li labbruzza di rubinu
e li capiddi d'ebanu africanu.

Lu pettu ti lu fici palumminu,
li denti janchi e l'occhiu juculanu,
lu nasu privinutu e malantrinu,

nicu lu pedi e séngula la manu...
E doppu ca ti fici, st'assassinu,
spizzò la furma e la jttò luntanu!

________________________

Note.

Travagghiò (lavorò)
La fattura (l'incantesimo)
Palumminu (bianco e violetto, nelle vene)
Juculanu (mobile, ardente)
Privinutu (audace, eretto)
Séngula (affusolata)
Jttò (gittò).






Note.

I

Aggrâu (aggravo)
Nuddu (nessuno)
Sa chicumminau (chi sa quel che combinò)
Vanidduzza (vicoletto)
L'alluzzau (la sbirciò)
Chistu (questo)
San Pantalìu (il diavolo)
Scintinu (inetto, disutile, ramingo)
Pani pani, vinu vinu (chiaro come la luce
                                    del giorno)
Patìu (patì, soffrì).










II

Siti (siete)
Castagnedda (piccola castagna)
'Ntra la rizza (dentro il riccio)
Chiumputa (compiuta, matura)
Vistudda (vesticciola, buccia)
Trizza (treccia)
Spichi (spighe)
Côti (colte)
Prijzza (allegria, splendore, vivacità)
Scumazza (la schiuma del mare)
Alliazza (allaccia, lega)
Vampa (fiamma)
Biddizza (bellezza)
Vrazza (braccia)
Carcarazza (cornacchia).
MALACRIANZA

I.

Vostra matri sarà fimmina onesta,
– ju la cuscenza mia non mi l'aggrâu –
ma non mi leva nuddu di la testa
ca pri 'dda vota... sa chi cumminau!

Forsi fu San Micheli, jornu di festa,
'ntra quarche vanidduzza, l'alluzzau...
Chi nni diciti?... Ccu 'dda lancia in resta
si fici forti e si nn'apprufittau!...

O 'nnunca – e chistu po' darisi puru –
San Pantalìu – 'ddu gran mulu scintinu –
ci jiu di notti... e l'abbrazzò a lu scuru!...

Lu fattu è pani pani, vinu vinu,
e vostra matri, nni sugnu sicuru,
pri fari a vui patìu malu distinu!

RISPETTU

II.

Siti 'na castagnedda 'ntra la rizza
quann'è chiumputa e la vistudda strazza,
li capidduzzi di la vostra trizza
sunnu spichi maturi, côti a mazza.

Aviti l'occhi chini di prijzza,
li denti janchi comu la scumazza,
'ntra la vucidda un tonu di carizza,
'ntra lu guardari 'nfilu c'alliazza

Vampa di suli, ca lu focu attizza
dintra li cori e fa la genti pazza,
parrari, cu' nni po', di 'ssa biddizza?

Pinsannuci mi càscanu li vrazza!
Ci voli, pri cantarla ccu ducizza,
un rusignolu... ed ju su' carcarazza!

A 'NA BEDDA SULITARIA

– Funtana d'acqua, frisca e cristallina,
chi a cu' nni vivi lu cori ci sana;
certu si' figghia di re e di rigina,
o puramenti non si' cosa umana.

Quannu t'affacci arreri 'ssa vitrina,
carma Libici e carma Tramuntana,
quantu 'ntra mari c'è coccia di rina,
tanti biddizzi nn'hai, fata bagiana.

Tantu t'affacci 'ntra la me' mimoria
quantu acidduzzi passanu pri l'aria,
quantu nn'abbola pámpini la voria...

Tu di 'stu cori sula prupriitaria,
di li donni bannera di vittoria
d'ogni bedda chiù bedda e sulitaria.


_________________________

Note.

Carma (calma, si acquieta)
Coccia (granelli)
Nn'abbola (ne fa volare)
Pámpini (foglie e petali)
Voria (borea).




JU VOGGHIU PRI MUGGHIERI

Ju vogghiu pri mugghieri 'na bammina
ca s'ha' fari ccu mia lu primu amuri;
la vogghiu bedda, sperta e malantrina,
ccu la vuccuzza duci di sapuri.

L'occhi l'ha' a aviri nïuri, spaccati,
comu la minnulicchia majulina,
li capidduzzi longhi e 'ncannulati,
jttati a trizza, arreri di la schina.

La vogghiu aperta comu 'na bannera,
sincera 'ntra la facci e 'ntra lu fari,
bedda di cori e franca di manera,
'ntinna parata, 'mmenzu di lu mari.

Baggianedda, la vogghiu, giniusa,
vucca di meli e fimmina di paci;
e... s'arrinesci tanticchia gilusa,
vi dicu francu c' 'un mi dispiaci!

A LA ME' ZITA
(oggi me' mugghieri)

Pri vui, ca siti nica e sardignola,
vosi la Musa mia mettersi 'ngala
e ppi 'ssa bedda facci mariola,
cantari comu canta la cicala.

Ma 'ntra lu megghiu fa comu la spola,
firriò tunna e ci pigghiò la mala;
non sacciu lu pirchì ca chiù non vola,
forsi pirchì ristò firuta all'ala.

Firuta di 'ssi labbra di 'nzarola,
'ssa vita dritta comu la cannila,
'ssu ciàuru di rosa e di viola.

Vui di li beddi bedda a capufila,
la carzarastru dintra 'ssa tagghiola,
pirchissu si lamenta e non s'appila.




Note.

Mugghieri (moglie)
Bammina (bambina)
Sperta (scaltra)
Malantrina (coraggiosa, energica)
Vuccuzza (boccuccia)
Nïuri (neri)
Minnulicchia majulina (la mandorla verde di maggio)
'Ncannulati (ad anelli)
Jttati (gittati)
Arreri (dietro)
Schina (schiena)
'Ntinna (antenna)
Baggianedda (elegante)
Giniusa (simpatica)
S'arrinesci (se riesce)
Tanticchia (un tantino)
C' 'un (che non).








Nica (piccola)
Vosi (volle)
Mariola (seducente)
Firriò tunna (girò su se stessa)
Pigghiò (pigliò, prese)
Firuta (ferita)
'Nzarola (l'azzeruola)
Cannila (candela)
Ciàuru (odore, profumo)
La carzarastru (la carceraste)
Tagghiòla (tagliuola)
Non s'appila (non si secca la lingua)

L'URTIMA CANZUNA
(a la stissa)

Vui lu sapiti: già la Musa mia
è junta a fini di la sò jurnata,
e chista ca vi cantu, occhi di fata,
è la canzuna di la Virmaria.

Comu la rosa quannu è spampinata
jetta li fogghi e nuddu li talìa,
'ccussì jttavi la me' puisia,
senza cumpensu, pri 'ssa strata strata!...

Fogghi di rosa spirduti a lu ventu,
sciuriddi onesti di la fantasia,
jttati a muzzu... quantu mi nni pentu!...

Ma non mi pentu surtantu pri dui:
pri li canzuni a la Matruzza mia
e pri li versi didicati a Vui.


_____________________

Note.

junta (giunta)
Spampinata (sfogliata)
Jetta (gitta)
Nuddu (nessuno)
Jttavi (gittai, dispersi)
Sciuriddi (fiorellini)
A muzzu (a casaccio).




A me' figghiu Luigi-Marcu.
L'OMU

Sonetti Satirico - morali

DEDICA

Quannu sarai grannuzzu e liggirai
(forsi sarannu chiusi l'occhi mei!)
'sti quattru sunitteddi ca 'nvintai
contra di l'omu e di li so' nichei,

'nsignati beni chistu ca non sai,
e chi spirimintavi a costi mei
contra li tristi 'un pridicari mai,
ca l'omini su' tutti farisei.

Non addrizzari li gammi a li cani,
lassa lu vrazzu stortu a San Raineri
e lu piloccu a zòtici e viddani.

Ju, ca radivi peju d'un varveri,
mi vitti senza amici, a lu 'nnumani,
'na manu avanti e 'nautra d'arreri!

_______________________

Note.

Grannuzzu (grandicello)
Nichei (dispetti, cattive azioni, nequizie)
Spirimintavi (esperimentai)
Vrazzu (braccio)
Vuliri addrizzari lu vrazzu a S. Raineri (ha lo stesso significato di: drizzar le gambe ai cani, fare l'impossibile)
Piloccu (pelugine)
Radivi (rasi)
Varveri (barbiere)
A lu 'nnumani (all'indomani)
'Na manu davanti e 'n'autra d'arreri (vecchio adagio che significa: a mani vuote, con un pugno di mosche).

III.

E fùssiru picciotti sulamenti!...
Ma si mi cridi, non dicu bucìa,
ci su' taluni, misi 'nfantasia...
certi sciabbecchi!... E fannu cumprimenti!...

Ju ci lu dissi: – mettatillu a menti,
Tanuzza, e siddu ha' a fari ôcche pazzia,
falla cu tutti, macari cu mia...
ma cu 'ssi vecchi no, ca su' fitenti!...

Ma Tana è sperta... cu 'dd'occhi lucenti,
fratuzzu beddu, quannu ti talìa,
ti vota dintra e fora, tempu nenti.

E ci l'ha dittu bellu, chiaramenti,
ad unu ad unu: sciù a vossignuria!
non sugnu pani ppi li vostri denti!
________________________

Note.
I
Carusa (ragazza) – Ppi la patana!... (esclamazione, come per dire: perbacco) – 'Na cità sana (una città intera) – Duci (dolce) – Sguazza (sciacqua) – Acqua di la Reitana (l'acqua potabile, che giunge in Catania dalla contrada Reitana).– 'Nn'idda (da lei) – Ginïusa! (attraente, che dà a genio) – Puddastredda (pollastrina: le pollastre e le galline padovane hanno un ciuffo in testa, a diadema) – Non sugnu 'n gana (non sono in brio) – A 'ccattati (a comprare) – Sammillu (sàppimilo) – Bagiana (elegante, graziosa).
II
Chiospu (idiotismo: kiosco) – Chianu (la piazza) – Ci fanu (le fanno) – Ci vanu (ci vanno) – Non la mòddanu (non la lasciano per corto) – Cusà (chi sà) – Chippi (grasso, omento, zerbo – farisi cu li chippi, dicesi pure di chi si arricchisce con un facile commercio) – Unchi (gonfi) – Nni sacciu (ne so, ne conosco) – Si vippi (bevve) – Larunchi (ranocchie).
III
Bucìa (bugìa) – Sciabbecchi (barche di vecchio tipo e di forma goffa; dicesi comunemente dei vecchi e delle vecchie pretenziosi e pesanti) – Mettatillu (mèttitelo) – Ôcche (qualche) – Fratuzzu beddu (equivale: fratello, fratello mio) – Ti talìa (ti guarda) – Ti vota dintra e fora (ti scruta fino in fondo) – Sciù (voce che si vuol fare per cacciar mosche... ed anche gente noiosa)




LI FESTI PRI LI 'NGRISI

Oh catanisi, unni semu junti,
'ntra quali scaccu mattu semu misi!...
La fami cca si cogghi junti junti
e priparanu festi pri li 'ngrisi!...

Chi festi e festi! Chisti sunnu cunti
ca fôru mali fatti, sunnu 'mprisi
di pazzi: Senza corda, 'ntra lu munti,
non si va a ligna... e non si mori 'mpisi!...

Li 'ngrisi sunnu lordi, e su' riccuni,
ca li stirlini l'ánnu a panza china
e li vannu jttannu 'gnuni, 'gnuni;

mentri ca nui, pulìti, ôcche stirlina...
sulu l'avemu misa pri spilluni,
o pri battagghiu, appisa a la catina!...

_________________________

Note.

– Nel 1893, epoca in cui ho scritto questo sonetto, doveva approdare nel porto di Catania, la squadra inglese del Mediterraneo. Sorse, allora, in città, un Comitato per iniziare i festeggiamenti in onore dell'Armata amica; ma esso, dopo quasi un mese di pubblica sottoscrizione non era riuscito a raccogliere che una somma irrisoria. Il sonetto, pubblicato nel giornale d'Artagnan, ebbe il merito di far sciogliere l'anemico Comitato – e sia pace alla sua memoria! – Junti (giunti) – Junti junti (a manate) – 'Mpisi (impiccati) – Lordi (in siciliano ha il significato di: sporchi) – Jttannu (gittando) – Pulìti (ha il significato metaforico di: squattrinati) – Ocche (qualche) – Battagghiu (batocchio ed anche ciondolo).


LI SALAREDDA

I.

Di ottu o novi annuzzi d'aitati,
comu muli di zénia 'mpunuti,
li matri già li jettanu a li strati
a vinniri, chiù nudi ca vistuti.

Hannu li spaddi tutti scaudati
pri lu suduri e lu sali junciuti,
e sutta 'dda qualura di la stati
macari fannu chiánciri li cuti!...

Ccu la vucidda tremula e suttili
vannu gridannu: «A cu' ha' accattari sali!»
spunènnusi e 'mpunènnu lu zimmili.

E li 'ncuntrati pri 'ssi scali scali,
ca vi nni dánnu un soldu cincu chili;
mancu si fussi fangu di vattali!...


II.

Quann'è la sira, avvinti, strapazzati,
ccu li panzuddi sicchi, addibuluti,
ccu li piduzzi ùnchi, azzaccagnati,
trovanu un piattu di favi scunnuti.

E crisciunu accussì,sempri affamati,
giálini, sicchi, lordi, 'mpatidduti,
pigghiati di la giàlina, malati,
la megghiu parti ciunchi e jmmiruti.

Ccu 'ssu misteri faticusu e vili,
vannu a finiri tutti a lu spitali,
quannu non fannu chiù a li so' canili!

Ma chi nn'ha' a fari: all'epuca attuali,
la suciità, ch'è provvida e civili,
si sbrazza ppi... pruteggiri l'armali!


CANDIA

Lu jornu avanti 'na carnificina,
sutta la scimitarra a menza luna;
l'acqua, lorda di sangu, fa lavina
e arròzzula li testi ad una ad una...

Chiovi ed è notti... Sula, 'na bammina,
bedda, chiù bedda di la stissa luna,
rumpi ccu la vucidda sularina
la carma di 'dda notti di sfurtuna:

– Mamma! ... – Figghiuzza, ha' vogghia di chiamari,
la testa di to' mamma è peri peri
e lu so' corpu è 'nfunnu di lu mari!...

– Mamma!!...– Zittiti, figghia!... Chi succeri?...
Eccu, li turchi tornanu a scannari!...
E li Putenzi fannu li cruceri!



__________________________

Note.

Lorda (sporca)
Lavina (rigagnolo largo)
Arròzzula (rotola)
Chiovi (piove)
Bammina (bambina)
Vucidda sularina (voce solitaria)
Peri peri (abbandonata in balìa di sè stessa)
Cruceri (crociere)
– Il presente sonetto fu scritto quando la squadra internazionale si limitava a illuminare con fasci di luce elettrica i massacri operati dai turchi a Candia, a la Canea e altrove. Poi venne Akrotiri!...



LA MEGGHIU AMANTI MIA

Mamma, 'stu cori miu lazzariatu
pri 'nganni e tradimenti e pri scunforti,
'st'amaru e affrittu cori, cunsacratu
lu vogghiu sulu a Tia, finu a la morti.

Chiù di 'na bedda mi l'ha fracassatu
a corpa di cuteddu, forti forti,
ora l'affidu a Tia, pirch'è malatu,
pirchì a Tia sula premi la me' sorti.

A Tia, ca si' la megghiu amanti mia,
la vera amanti, china di ducizzi,
senza capricci, tutta puisia;

a Tia, ca non mi vinni li carizzi,
ca m'ami pri daveru, Mamma, a Tia,
ca si' custanti e chi non hai fintizzi!



__________________________

Note.

Megghiu (migliore)
Lazzariatu (dilaniato)
China (piena)
Ducizzi (dolcezze)
Vinni (vendi)
Fintizzi (finzioni).




a Cesare Pascarella
'A TISTIMUNIANZA
Dramma in otto sonetti, nella parlata catanese

I.

– 'Ccillenza, ora cci dicu: – 'Dda matina
mi truvàva a passari agghìri ddani,
quannu 'ntisi 'na vuci sularina,
e doppu un 'fui–fui di cristiani.

M'avvicinai e vitti a 'na vintina,
e forsi chiù, di mastri e di viddani,
attàgghiu 'u puzzu 'i Santa Catarina,
unn'è a carrittaria di Facci 'i cani.

Vosi appuràri e a Minicu Cipudda,
chiddu ca 'u sannu sèntiri lu Chiuzzu,
cci addimannai : – Chi è, tutta 'sta fudda?

Dici: – Casànza c' 'a tradìu Niluzzu
Sautampizzu, 'a figghia 'i donna Tudda,
stanotti, s'ha jttatu dintra 'u puzzu!

II.

'A matri, svinturata, era 'mpazzuta;
s'avia scippàtu, spènziri, capiddi,
pinnenti, aricchi, facci e 'mmenzu a chiddi
chiantàva pugna comu 'na sbannuta!

Ogni tantu, vidennu carusiddi,
'i tastïava tutti, muta muta,
po' jttava 'na schìgghia, accussì acuta
ca si puteva sèntiri d' 'i stiddi;

– 'Nfami, cu quali cori la 'ngannasti!? –
Diceva: – Figghia!... unni si', sciatuzzu
di l'arma mia; com'è ca mi lassasti!? –

'N'aveva abbèntu, nun truvava carma,
si vuleva jttari dintra 'u puzzu
macari idda... nni scippava l'arma!...
NINO MARTOGLIO  - CENTONA - Parte quarta
Note.


L'OMU

Varvasapiu (uomo serio, che sputa sentenze) – Qualimenti (qualmente, come che) – Di fora (di fuori, esternamente) – Scecchi (somari) – Gianfuttiri (uomo tristo, impiccatello).



PRI 'N'ALBUM

Picciriddu (piccolino) – Litturi (lettore, maestro) – Grannuzzu (grandicello) – Albi (albums) – Cummìnu (combino, acconcio) – Vidia (vedeva) – Scravagghi (scarabocchi) – Firrati (colpi di ferla, o fèrula, che serve per castigare i bambini, secondo il gesuitico sistema sferza) – Sbagghi (sbagli, errori).






CARITA'

Ginïusa (simpatica) – Pri non nni fari (per non farne) – Caritatusa (caritatevole) – Risatedda (risatina, sorrisetto).




LA CUCCA

Vanedda (vicolo) – Bedda figghia (bella figliuola) – Si nni trasi (rientra) – Misi (messi, posti) – 'Nsinga (segno, segnale) – Gnuna (angoli) – Idda (lei) – Si nn'adduna (se ne accorge) – Attruppicuni (inciampicone) – Vasuna (baci) – Santiuni (bestemmia) – Darrissi mmesta (darebbe buon gioco).
CARITA'

La carità, signura ginïusa,
è 'na virtù ch'è 'n pocu curïusa
c'è cu' la fa pri 'un diri ca ricusa
– e chista è vera carità pilusa – ;

c'è cu' la fa di cori, a manu chiusa,
ed è la carità chiù ginirusa;
c'è, poi, cu' fa la carità pumpusa
e cui, pri non nni fari, fingi scusa.

Ma vui passati pri caritatusa.
Ora, si non v'offenni la me' Musa,
vi fazzu 'na dimanna maliziusa:

'dda risatedda vostra graziusa,
doppu 'dda me' prijera piatusa,
fu carità di cori, o fu pilusa?



LA CUCCA

'Ntra la vanedda di li Tri Scaluni
ci sta 'na bedda figghia civittuna,
all'ùnnici s'affaccia a lu barcuni
e si nni trasi quannu sona l'una.

Li 'nnamurati, misi di piantuni,
ci fannu 'nsinga, 'ntra ddi gnuna gnuna,
ccu fazzuletti, cappeddi e vastuni,
idda rispunni... quannu si nn'adduna.

Di tantu in tantu quarche attruppicuni
pp'amuri di mannàrici vasuna,
quarchi parola duci... o un santiuni!

Idda darrissi mmesta a un miliuni,
iddi su' tanti re... senza la cruna...;
ju guardu... e pensu quantu su' minchiuni!


A LI VISITATURI DI LU CAMPUSANTU
'NTRA LU JORNU DI LI MORTI

I.

Matruzzi, spusi, figghi, soru e frati,
ca 'ntra 'stu jornu a Locu Santu jti,
vistuti a luttu, tutti angustiati,
ccu l'occhi sicchi, pri quantu chianciti!

Gintuzzi boni ca frunni cugghiti,
e li fossi di ciuri Ci parati;
li figghi, li matruzzi e li mariti,
vi vìdunu di 'ncelu e su' priati!

Dicitimi: un cunfortu non sintiti,
quannu li lampiceddi Ci addumati,
quannu 'sta fisticedda Ci faciti?

Vui mi sintiti e l'occhi v'asciucati...
Conusciu lu duluri ca suffriti,
gintuzzi ca li Fossi arrifriscati!


II.

Gintazzi brutti, tristi e scrianzati,
ca 'ntra 'stu jornu a Locu Santu jti,
tutti fistanti, mezzi avvinazzati,
e davanti li Morti ci riditi!...

Gintazzi ca rispettu non aviti,
mancu pri Chiddi ca su' suttirrati,
vagabunnazzi ca mancu chianciti
accostu di li matri scunsulati!

Dicitimi, lu cori unni l'aviti?
Sa quali riligioni prufissati?
Li vostri Morti dunni li tiniti?

Ju vi vurrissi vidiri arraggiati,
comu li cani morti di la siti,
gintazzi ca li Fossi scarpisati!

Note.

I

Sora (sorelle)
Frati (fratelli)
Jti (andati)
Chianciti (piangete)
Cugghiti (cogliete)
Parati (ornate)
Priati (contenti, più che contenti)
Lampiceddi (lampadine)
Addumati (accendete)
Fisticedda (festicciuola).











II

Tinti (cattivi)
Vagabunnazzi (vagabondacci)
Dunni (dove)
Arraggiati (arrabbiati)
Scarpisati (calpestate).


A LA MIMORIA DI «CUNTISSA LARA»

Chista, nascennu, fu la to' praneta
tistuzza brunna, facciuzza di fata,
chi tantu amasti e tantu fusti amata,
pri 'ssu curuzzu. e 'ss'arma di pueta:

Cùrriri la valìa, senza 'na meta,
pùddira spersa, ccu l'ala abbruciata,
cuntenta d'un panuzzu e 'na vasata...
E curristi di l'A fino a la Zeta.

Diu l'avìa scrittu 'ntra li sò dicreta:
– Amari sempri e mòriri ammazzata –
e tu muristi, placita e cuèta...

Chiddu ca 'n'avìa scrittu è la sfruntata
spubbricazioni di li to' sigreta,
pùddira morta, ccu l'ala abbruciata!...


LI MATRIMONII D'AUANNU

Sentu cuntari tanti e tanti cosi
di matrimoni veri mustruusi,
tra picciutteddi comu Diu li vosi
e vecchi stranchillati e scuncirtusi...

O beddu Amuri, sa unn'è ca posi
si non ti trovi 'npettu a li carusi;
si li buttuni stissi di li rosi
ti cangianu pri picciuli rinusi!?...

O matri carculanti e scialarati,
ca li figghiuzzi vostri vi vinniti
comu jmenti pri jri appaiati;

Sa pirchì è ca vi scrupuliati
sintennu di taluni chi sapiti
ca vinnunu li carni pri li strati?

Note.

A LA MIMORIA DI «CUNTISSA LARA»

Praneta (pianeta, destino)
Tistuzza (testina)
Brunna (bionda)
Cùrriri la valìa (correre la vita)
Pùddira (farfalla)
Panuzzu (panetto)
Vasata (bacio, baciata)
Spubbricazioni (pubblicazione, pubblicità, scandalo).







LI MATRIMONII D'AUANNU

D'auannu (di quest'anno, d'oggi)
Picciutteddi (giovanette)
Comu Diu li vosi (ben fatte, come Dio le volle)
Stranchillati (acciaccaticci)
Scuncirtusi (rivoltanti)
Carusi (ragazze)
Buttuni (bocciuoli)
Picciuli (spiccioli, quattrini)
Rinusi (renosi, sabbiosi, dicesi dei soldi di cattiva lega)
Carculanti (calcolatrici)
Scialarati (scellerate)
Vinniti (vendete)
Jmenti (giumente)
Vi scrupuliati (vi fate scrupolo).

DICHIARAZIONI A 'N'AMICU INTIMU

– Pippinu, 'ssa tò soru è 'na gran figghia,
– tènila fitta, senzamai ti squagghia! –
ma si mi fa la cucca e si cattigghia,
diccillu chiaru e tunnu, ca si sbagghia.

Prima di tuttu 'un sugnu 'ntinziunatu,
e pozza pozza, si m'ha fari zitu,
vogghiu 'na picciuttedda d' 'u me' statu,
senza vampugghi 'ntesta e aneddi o' jtu.

Tò soru, amicu miu, è prisintusa,
si tingi l'occhi, va tutta allisciata,
si 'mpruvuligghia e fa la vummicusa;

e quannu 'a vidu d'accussì cunzata,
d'onuri miu, Pippinu, senz'offisa,
non sacciu s'è tò soru, o 'na 'nzalata!

________________________

Note.

'Ssa (codesta)
Soru (sorella)
Figghia (figlia)
Cucca (civetta)
Si cattìgghia (si solletica)
Sugnu (sono)
E pozza pozza (modo di dire, che ha il
         significato di: e al postutto)
Zitu (fidanzato)
Picciuttedda (ragazzina)
Vampugghi (trucioli)
Jtu (dito)
Si 'mpruvuligghia (s'incipria)
Vummicusa (difficile a contentarsi,
        schizzinosa: detto di cosa insipida)
Cunzata (conciata, truccata).
Note.

I

Sciuri (fiore – dicesi comunemente sciuri, o fiore, in Sicilia, quella sottil peluria che ha la pesca o l'albicocca matura e fresca)
Vircoca (albicocca)
Mennula (mandorla)
Fazzu (faccio)
Curuzzu (cuoricino)
Niuru (nero)
Pilusu (peloso; aviri lu cori pilusu ha il significato di: esser fredda, indifferente, egoista, cattiva).






II

Sbagghiastru (sbagliaste)
'Nviritati (in verità)
Peju (Peggio)
Cuti (ciottoli duri)
Valati (pezzi di macigno)
Sugnu (sono)
Muru vasciu (letteralmente tradotto: muro basso; ha il significato di: debole, facile preda)
E pozza pozza (modo di dire, che significa: e al postutto)
Diminiscanza (Dio ce ne scampi)
Vasci (basse)
Jti (andate)
Scinnuta (discesa)
Abbrìvu (abbrivo, aire)
Vi 'mpudùgghiu (v'impiglio)
Faciti (fate).
A UNA BEDDA "INGENUA"
DI CUMPAGNIA DRAMMATICA

E chi v'ha' diri chiù, maliziusedda,
si non criditi nenti? Miatidda!
Vi dicu: «Aviti un nêu ch'è 'na stidda,
«'mmenzu a li gigghia, quantu siti bedda.

«Aviti l'ochi latri e 'na vucidda
«ca trasi 'ntra lu cori e lu fa a fedda...»
riditi... e mi tirati la curdedda!
A vah!... Pirchì?... Non siati picciridda!...

E puru... lu sapiti ch'è un amuri,
'ssu nêu c'aviti; ca su' cosi rari
'ss'occhi e 'ssa vucca vostra e siti un ciuri,

pirchì lu suli non si po' ammucciari...
Signurina... facitimi un favuri:
l'ingenua, ccu mia, non l'âti a fari!...



_________________________

Note.

Miatidda (beata lei, o idda)
Nêu (neo)
Gigghia (Ciglia)
Vucidda (vocetta)
Trasi (entra, penetra)
Fedda (Fetta)
Tirari la curdedda (prendere in giro)
Picciridda (bambina)
Ciuri (fiore)
Ammucciari (nascondere)
L'âti (la dovete, l'avete a).

AVVIRTIMENTU A 'NA MARCHISA

Sintiti, si mittistivu la 'mprisa
di farimminni jri a la Lungara,
è megghiu ca parrati bedda chiara,
ca ju ci levu l'òpira, marchisa...

Sapiti, la me' testa è menza offisa
pirchì mi l'ha punciutu 'na magara...
Non ci jucati chiù, marchisa cara,
pirchì si no vi pozzu fari offisa.

Ju vi l'avvisu mentri sugnu saggiu:
siti strudusa assai, sciatuzzu beddu,
siti strudusa ed ju sugnu sarvaggiu.

Non ci jucati!... Lu me' ciriveddu
è chinu di lavanchi e di sdirrupi...
Cc'àvi a finiri ad òpira di pupi?


A 'NA BEDDA AMICA UPIRANTI

Non m'annigghiati ccu 'ssu pruulazzu!
'Ntra 'ssu carrettu, no, non mi ci 'mpaju!...
Non sugnu cani di purtari lazzu,
mùzzicu picca, ma chiù picca abbaju.

Ju ddocu a supra curti non nni fazzu,
pirchì tempu di perdiri non nn'haju,
e pozza pozza, mi facissi pazzu,
pizzica e vola, sempri... e mi nni vaju.

Supra 'ssi ligna di lu parcu oscenu
ci nni su' tanti amici sfacinnati,
ca vui di mia putiti farni a menu.

Ccu 'n sulu 'mmizzigghieddu li piscati,
mentri chi a mia, buttazza di vilenu,
mancu si mi pigghiati a timpulati!
Note.

AVVIRTIMENTU A 'NA MARCHISA

'Mprisa (scommessa)
Farimminni (farmene, farmi)
Lungara (il manicomio di Roma, nella quale città l'A. scrisse il presente sonetto)
Ci levu l'òpira (la smetto, mi ritiro in buon ordine)
Punciutu (punto, sventato)
Magara (megera, strega)
Saggiu (saggio, quieto)
Strudusa (dispettosa, che fa struggere per dispetto)
Sciatuzzu (sospiro)
Sarvaggiu (selvaggio)
Ciriveddu (cervello)
Lavanchi (avvallamenti, scoscese)
Sdirrupi (precipizii)
Finìri ad òpira di pupi (finir male, a tragedia, a ecatombe!).



A 'NA BEDDA AMICA UPIRANTI

Upiranti (d'opera, di teatro)
Annigghiati (annebbiate, accecate)
Pruulazzu (polverone)
Carrettu (carro)
Non mi ci 'mpaju (non mi ci attacco, non mi ci aggiogo)
Lazzu (laccio)
Picca (poco)
Ddocu (costì)
Curti (corte)
Fazzu (faccio)
Mi nni vaju (me ne vado)
Parcu oscenu (palcoscenico)
Sfacinnati (sfaccendati, oziosi)
'Mmizzigghieddu (piccola moina)
Buttazza di vilenu (imprecazione d'uso, come: accidenti, per baccone, ecc.)
Timpulati (schiaffi).
NON C'È FACCI!...

Dicisti chi m'amavi e fu bucìa,
ti dissi chi t'amava e fu pri leccu;
tu lu facisti... pri 'na fantasia,
ju... pri pruvari 'n autru gileccu.

Tu ti cridevi di 'ngannari a mia
ed ju, arrinannu, mi fingeva sceccu:
ma chidda chi fastuca ti parìa,
prestu vidisti ch'era scornabeccu!

La storia finìu ccu quattru tacci:
tu ti chiantasti... pirchì si' assinnata,
ju mi chiantavi... pirchì sugnu un omu.

E pri li genti strani – non c'è facci –
tu si' sempri 'na fimmina onurata
ed ju mi chiamu sempri un gentilomu!...



___________________________

Note.

Pri leccu (per scherzo, per finzione)
Gileccu (il gilet o panciotto – metaforicamente ha il significato di: seno)
Arrinannu (da arrinari: farsi menar la redina)
Sceccu (somaro)
Fastuca (il pistacchio)
Ti parìa (ti pareva)
Scornabeccu (pianta di pistacchio selvaggio, il maschio del pistacchio o fastuca)
Finìu (finì)
Tacci (bullette)
Ti chiantasti (tenesti il silenzio, tacesti)
Sugnu (sono)
Strani (estranei).



FINE
PARTE QUARTA
III.

Currèru tanti sbirri e un diljatu,
'ntisiru 'u fattu, e scrissiru 'i virbala,
purtaru 'n ganciu, 'n capu 'ncatramatu,
po' dici: – vinti liri a cu' cci cala!...

Cu' s'avia a fari avanti, svinturatu!...
Mancu si cci facevanu 'na scala!...
'U puzzu senza 'siri esageratu,
è centu parmi; a cuda di cicala!...

Nun cci rispusi nuddu: ju, 'nfilici
di mia, sudd'era 'mpagghia, nun sciatava
mancu pri tuttu l'oru ca Diu fici!...

Ma a me' famigghia nun manciava chiù,
ju avìa tri misi ca non travagghiava...
pri cui, mi fici 'a cruci e dissi: – ju!...



IV.

Mi 'mbracaru cu 'n pezzu di cumannu
liatu a 'menzu ciancu e 'nt' 'e cavigghi.
Dicu: – signuri mei, m'arraccumannu,
ca lassu 'mmenzu 'a strada a quattru figghi! –

Avanti c'arrivai ci vosi un annu!...
'U cori mi pireva, sia pp' 'i schigghi
di donna Tudda, sia pirchì, muddannu,
m'avissi fattu pitigghi pitigghi!...

Basta, 'ccillenza, fici comu a chiddu,
dissi: – curaggiu! – e m' abbuddai, l'affrittu
di mia, cu 'ddu gran jelu e 'ddu gran friddu...

I denti mi sbattevanu a marteddu,
e 'u scuru, ddani era accussì fittu
ca si putìa fiddari cc' 'u cuteddu!...
V.

Mi scìsiru 'na torcia e a 'ddu chiariu,
cu corda e gànciu accuminzài a piscari...
Ma chi, 'ccillenza, nun m'arrinisciu...
era allippàta e nun putia assumari...

Stesi cchiù di menz'ura!... 'Pp'accurzari,
finalimmenti, comu vosi Diu;
fici corpu 'ntra 'n ciancu, e accumparìu...
di 'na manera ca facìa scantari!...

Unchia comu 'na buffa, anniricata,
'i vrazza rutti, 'a testa fracassata,
i labbra virdi comu du' sangeli...

'Ntr' 'o pettu avia 'n cafòlu; l'adurino
ccu' 'u so' ritrattu, ca cci desi Neli,
cci avia azziccatu comu un timpirinu!



VI.

'A desi vôta 'n pezzu di barusa
e fici 'nsinga, supra, di jsari;
e mi tinía 'nt' 'e spichi e 'nt' 'e catusa
pri canziàlla e nun farla attruzzari.

Quarchi du' canni prima d'arrivari,
'ntisi 'na vuci d'omu lamintusa,
e vitti a Neli... ca chiancia macari,
ccu ogni stizza chi facia purtusa!...

Mi pensu c'avia 'ntisu 'dda svintura,
si nni pintìu, cci nni parsi forti,
e cursi pri vidilla, crïatura!...

Quann'è c' 'a vitti, poi, sbuttò a sugghiuzzu...
e s'avia misu, pri so' mala sorti,
sùpira 'u coddu propria d' 'u puzzu.
Pani Jancu e tocca a' mamma!...

Guardai lu suli e mi ristò scurpitu,
pri tantu tempu, dintra l'occhiu miu,
ma mi stricavi l'occhiu ccu lu jtu
e sùbitu lu suli scumparìu.

Guardavi, bedda, a tia, tantu attrivitu,
ca mi ristasti ccá, comu un disìu,
ma ammàtula mi stricu ccu lu jtu,
tu non scumpari, e l'occhiu mi cugghìu!

III.
Sipalati spinusi di mureddi,
passa la bedda di li setti stiddi,
jttati 'nterra ciuri e pimpineddi.

Sciuri ca pungi e fa la bò, l'ardica,
è bedda e janca comu la sauca
sta madunedda, giniusa e nica.

Di lu jardinu li megghiu sciuriddi,
la vita e li manuzzi nicareddi,
niuri e longhi l'àvi li capiddi.

Jalufareddu, ch'è sciuri d'amuri,
l'ucchiuzzi beddi, ca fannu scantari,
su' di lu stissu nïuru culuri.

Sciuri di stufa, tinnireddi e fini
lu mari è granni, non c'è custïoni,
ma dintra l'occhi so' non c'è cunfini.

Sciuri di rosa, sciuri pintïatu,
miatu pri daveru lu maritu
ca teni 'sta bannera a lu so' latu!

La vïuledda mammula odurusa,
'sta rosa furistera è milanisa
e di 'sti tempi vesti visitusa.

Sciuriddu, ca ci manca la parola,
haiu cantatu quantu la cicala,
'nzirtatammilla la nninghinignola.
L'OMU

Un vecchiu varvasapiu
mi dissi qualimenti
l'omu si po' conusciri
di fora sulamenti;

ed è cosa urdinaria
truvari diffirenti
l'omu dintra lu stomacu
di chiddu ch'è apparenti.

Da fora è sula maschira
– ed ju mi spiegu comu
li scecchi su' filosufi. –

C'è l'omu dintra l'omu,
e spissu è un gran gianfuttiri
cui pari un galantomu.



PRI 'N'ALBUM

Quann'era picciriddu, lu litturi,
mi dava un cartularu ogni matina,
e a forza di pupazzi e di brutturi
lu riduceva 'na carnificina.

Ora sugnu grannuzzu (!), e li Signuri,
senza cuntari qualche Signurina,
mi dànnu l'albi, e ccu li me' scritturi
ci li cummìnu 'na vera ruina...

Ma lu litturi ch'era disumanu,
quannu vidía 'dda sorta di scravagghi,
mi dava gran firrati 'ntra la manu;

mentri ca li Signuri, ccu 'ntinzioni,
non sulu mi pirdunanu li sbagghi,
ma mi dicinu: grazii!... Chi su' boni!


Note.

I

Annuzzi (annetti)
Aitati (età)
Zènia (la noria)
'Mpunuti (carichi)
Vinniri (vendere)
Scaudati (escoriate)
Junciuti (uniti)
Chiànciri (piangere)
Cuti (i ciottoli di mare)
Accattari (comprare)
Spunènnusi e 'mpunènnu (scaricando e
                                             ricaricandosi)
Zimmili (bisaccia)
Fangu di vattali (fango dei solchi fra le porche dei rigagnoli. In Sicilia, non essendovi la tassa sul sale, questo ha un valore irrisorio, tanto più in quanto l'isola è tutta una salina ed ha nell'interno grande abbondanza di sale minerale).


II

Panzuddi (pancette)
Sicchi (secche, vuote)
Addibuluti (indebolite)
Ûnchi (gonfii)
Azzaccagnati (inaridite, dal sangue guasto, dalle ferite non rimarginate)
Scunnuti (scondite, senza condimento)
Crisciunu (crescono)
Lordi (sporchi)
'Mpatidduti (rattrappiti, scheletrici, tisicuzzi)
Pigghiàti di la giàlina (affetti da febbre malarica o febbre putrida)
Ciunchi (storpii)
Jmmiruti (gobbi)
Chiù (è il canto malauguroso del gufo
– fari «chiù» ha il significato di: morire
Si sbrazza (si sbraccia)
– All'epoca in cui fu scritto questo sonetto sorgeva in Catania la Società per la protezione delle bestie!


CU' TROPPU SI FIDO' RISTO' 'NGANNATU.

I.

Pri quantu è veru Diu, cara signura,
'ntra 'ssa facciuzza, janca di culuri,
aviti lu villutu, o sia lu sciuri
di 'la vircoca, quannu è già matura.

'Ss'occhi a mennula vostri su' 'n'amuri,
'ssi labbra russi mettunu l'arsura
di li vasuni; megghiu miniatura
nun haju vistu, d'abili pitturi.

Eppuru non mi fazzu pirsuasu
com'è chi lu Distinu o sia lu Casu,
ccu vui si mustrò tantu capricciusu;

e 'mmenzu a tantu beni priziusu,
vi cumminau all'aria lu nasu
e lu curuzzu niuru e pilusu.


II.

Però ccu mia sbagghiastru, 'nviritati,
pri quantu vi stimati la saluti;
haju lu cori peju di li cuti
e la me' testa è a conza di valati.

Vi l'ha' cantatu cu centu battuti:
non sugnu muru vasciu, vi 'ngannati;
e pozza pozza, vui lu 'nsignati:
Diminiscanza di vasci caduti!

Signura... siti troppu privinuta;
troppu, troppu di vui vi nni fidati,
e jti a cursa assai, 'ntra la scinnuta.

Sintemu, ccu 'ss'abbrivu ca purtati,
si vi 'mpudùgghiu l'anca e stramazzati,
chi ci faciti, poi, la ricivuta?

Note.


III

Currèru (accorsero) – Sbirri (questurini) – 'Ntisiru (intesero) – Virbala (verbali) – 'N capu 'ncatramatu (una corda incatramata) – Cu' (chi) – Mancu (neanche, nemmeno) – 'Siri (essere) – A cuda di cicala (ad imbuto) – Nuddu (nessuno) – Sudd'era (se ero) – 'Mpagghia: essiri 'mpagghia (aver soldi in tasca, essere sicuro del domani) – Non sciatava (non muovevo labbro, non dicevo verbo) – Mi fici 'a cruci (mi segnai, il popolano di Sicilia si segna quando si accinge non solo ad un lavoro pericoloso, ma al lavoro in genere, nonchè quando si siede al desco e spesso prima di bere un bicchier di vino).







IV

Mi 'mbracaru (da imbracare, cingere con braca) – Cumannu (comando – termine marinaresco, per indicare della corda sottile e catramata) – Cavigghi (caviglie) – 'Mmenzu 'a strata (sul lastrico) – Ci vosi (ci volle) – 'U cori mi pireva (il cuore mi si rimpiccioliva) – Schigghi (grida acutissime) – Muddannu (mollando) – Pitigghi pitigghi (a pezzetti, malmenato, acciaccato, – corruzione di poltiglia) – Fici comu a chiddu (espressivo idiotismo che ha il significato di: feci di necessità virtù) – M'abbuddai (m'immersi) – Jelu (gelo) – Scuru (buio) – Fiddari (fendere, affettare).


Note.

III

Virmaria (l'Avemaria)
Abbuttunata (a bocciolo chiuso)
Bagiana (elegante)
Assittata (seduta)
Putìa (bottega)
Passiata (il passeggio)
Sècuta (seguita, continua)
Sfàrdanu (sciupano, consumano)
'Nzuccarata (inzuccherata. Qui ha il significato
                      di graziosa, avvenente)
Mavaria (magheria, malia, fascino)
A quannu a quannu (di quando in quando)
'Ritta (dritta)
Vicaria (il carcere).





IV

Nun sacciu (non so)
Facciuzza (faccina, visetto)
Vutari li cirivedda (letteralmente tradotto:
                  voltare il cervello, far ammattire)
Firrìu (giro)
Vanedda (vicolo)
Attàgghiu (accanto)
Risatedda (risolino)
Custuriredda (sartinella)
Zoccu (quello che)
Rucchedda (rocchetti)
Siddu (se)
Tirari la curdedda (letteralmente tradotto:
tirare la fettuccia, il nastrino; ha il significato di:
prendere in giro, per il bavero, farsi giuoco)
Tirati attempu (tirate adagio, con cautela)
Si linzìa! (si strappa, si fa a lenze).