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NINO MARTOGLIO

CENTONA*
* Confusione di voci di più persone: chiucchiuriaja, badanai, centone.

RACCOLTA COMPLETA
DI POESIE SICILIANE
CON L'AGGIUNTA DI ALCUNI
COMPONIMENTI INEDITI
E DI UNA PREFAZIONE DI
LUIGI PIRANDELLO



I.

Signurinedda, vui c'arraccamati,
'ntra lu tilaru, arreri la vitrina
dicitimi: pirchì è ca mi guardati
quannu di ddocu passu, a la matina?

Li vostri augghi sunnu prilibati,
ca su' d'azzaru e ccu la punta fina,
ma chiù puntuti sunnu e chiù ammulati,
'ss'occhi, 'ntra 'ssa facciuzza di bammina.

Vui ccu 'ss'ucchiuzzi beddi e tradituri
arraccamati supra lu me' cori,
e arraccamati 'na cifra d'amuri:

ma tuttu spurtusatu lu me' cori,
mori pri la priizza e lu duluri,
senza chi vui sapiti pricchì mori.

______________________

Note.

Arraccamati (ricamate)
Tilaru (telaio)
Di ddocu (da codesto luogo)
Augghi (aghi)
Puntuti (acuminati)
Ammulati (arrotati)
Spurtusatu (trapuntatu)
Priizza (contento, allegria).

Pagina a cura di Nino Fiorillo == e-mail:nfiorillo@email.it ==
Nino Martoglio

PREFAZIONE
_________

di
Luigi Pirandello
__________________
Mentre egli vive qui, e vivrà ancora per tanto e tanto tempo, e canta e ride e piange e freme in tutta la sua opera arguta e schietta, così calde e sincere simpatie suscitando col suo canto in tutto il popolo della sua Sicilia, e tante risa e tanta commozione ogni sera, nei teatri d'Italia, negli innumerevoli spettatori delle sue commedie e dei suoi drammi, pensarlo morto (e d'una così inopinata orribile morte!), pensare che non potrò più rivederlo nella fraterna consuetudine che avevo con lui e nella quale di giorno in giorno mi si rivelavano tutti i moti della sua nobilissima anima e del suo cuore generoso, moti che, seppur talvolta violenti e inconsiderati, palesavano sempre in lui l'eterno fanciullo-poeta: tanto oscuro e freddo turbamento mi cagiona e tal dolore mi dà, che non m'è possibile mettermi a scrivere ora di lui, come vorrei.
Nino Martoglio è per la Sicilia quello ch'è il Di Giacomo e il Russo per Napoli; il Pascarella e Trilussa per Roma; il Fucini per la Toscana; il Selvatico e il Barbarani per il Veneto: voci native che dicono le cose della loro terra, come la loro terra vuole che siano dette per esser quelle e non altre, col sapore e il colore, l'aria, l'alito e l'odore con cui vivono veramente e si gustano e s'illuminano e respirano e palpitano lì soltanto e non altrove.

Nino Martoglio è tutta la sua Sicilia, che ama e che odia, che ride e giuoca e piange e si dispera, con gli accenti e coi modi che qui in Centona sono espressi per sempre, incomparabilmente. Giornalista per tanti anni nella sua nativa Catania, figlio di giornalista, fondò e diresse il d'Artagnan, la cui memoria è ancora vivissima nell'Isola: miniera inesauribile di spirito. Per la coraggiosa e audace satira della vita cittadina, per certi tipi colti dal vero, e certi epigrammi ad hominem e certi dialoghi di finissima arguzia paesana, parecchie volte dovette battersi in duello, e più d'una col rischio di perderci la vita.
Don Procopio Ballaccheri fu, in quel giornale, quel che poi Oranzo E. Marginati fu nel "Travaso delle idee"; e il Lucatelli lo riconosceva e lo dichiarava; e il Martoglio ne era orgoglioso. Morti tutti e due, adesso, e prima del tempo!

Famosissima rimase, dell'attività giornalistica e poetica di quegli anni, la satira politica in versi: La triplice alleanza; tanto che non fu possibile al Martoglio eliminarla, come forse avrebbe voluto, dalla raccolta dei suoi versi. E si trova ancora, difatti, e si legge con piacere, in fondo a questa Centona, che lo fa, dopo il Meli, il poeta dialettale più espressivo del popolo siciliano.

Tutti in Sicilia conoscono Centona. Le edizioni di essa si esauriscono e si rinnovano continuamente; questo è il segno che il popolo riconosce nel suo poeta la sua voce. Il che basta a perpetuare la fama del Martoglio anche se di queste liriche appassionate o giocose, di questi tanti sonetti, in cui un intero dramma, un'intera commedia, son racchiusi con potente efficacia nel giro di quattordici versi e tante volte in una sola parola o in un gesto espressivo, segnato con un'esclamazione, la critica ufficiale del Continente non ha mai mostrato di accorgersi bene. Sonetti come La cira sono autentici capolavori. E sono parecchi.

Ma Nino Martoglio non fu poeta lirico soltanto: fu anche commediografo acclamato, in lingua e in dialetto. Tutti immaginano facilmente le grandi soddisfazioni che l'esito trionfale d'alcune commedie gli procurò; ma nessuno forse immagina quanto gli costò d'amarezze, di cure, di fatiche e anche di denari il teatro siciliano che vive massimamente per lui e di lui e di cui egli fu il vero ed unico fondatore. Fondatore rivelatore, poichè fu lui a mettere per il primo in luce e in valore i suoi attori più grandi, ora giustamente famosi; il Musco e il Grasso; e poi gli Spadaro e il Lo Turco e l'altro Grasso, la Bragaglia, l'Aguglia, la Balistrieri, l'Anselmi, il Marcellini, il Pandolfini. Quante amarezze, povero Martoglio, per quel suo grande sogno, così ingiustamente e perfidamente avversato sino a farlo fallire, della Compagnia del Teatro Mediterraneo, con la quale, divenute già a mattatore quelle dapprima fondate col Grasso e col Musco, s'era proposto di mettere insieme, per spettacoli di pura arte, una numerosa Compagnia di "complesso", meravigliosamente affiatata; quella Compagnia che diede al pubblico di Roma, al Teatro Argentina, rappresentazioni d'insuperabile bellezza, come quelle del Ciclope di Euripide, del Rosario del De Roberto, del Dal tuo al mio e della Lupa del Verga.
Preparava il Martoglio un libro di Memorie su questo suo teatro siciliano, che non so se aveva già cominciato a scrivere. Non credo. Che un tal libro di memorie non si possa più avere è iattura grave per la storia del teatro ancora a noi contemporaneo, perchè il libro sarebbe stato pieno, certo, di notizie interessantissime, d'episodi caratteristici d'un sapore straordinario, per la vivacità impulsiva, le stranezze, i prodigi del meraviglioso intuito, che dovevano esservi narrati e rappresentati, dei comici siciliani.

Nino Martoglio fu un vittorioso. Vinse tutti gli ostacoli, tutte le diffidenze, tutte le gelosie. Il teatro siciliano difatti, vive: ha ormai un larghissimo repertorio e una fin troppo numerosa schiera di attori. E finchè vivrà, vivranno per la delizia dei pubblici d'Italia, Mastru Austinu Misciasciu del "S. Giovanni Decollato" e Don Cola Duscio del "L'aria del Continente" e 'U riffanti e i due ciechi di "Scuru" e il Capitan Turrisi di "Sua Eccellenza" e il povero Marchisi di Ruvolito e Taddarita e Nica e Capitan Seniu, tutte le creature del suo teatro, in cui quei magnifici attori si sentono vivi. Lui solo, povero Nino, non potrà più soffrirne o goderne. E che abbia lasciato sul meglio e innanzi tempo il suo lavoro, sul meglio e innanzi tempo i suoi adorati piccoli figliuoli, l'adorata Compagna, i fratelli, gli amici, così, per uno sciagurato incidente, aprendo per isbaglio una porta che dava in un baratro, è cosa di tale e tanta crudeltà, che veramente fa disperare e inorridire.

Roma, 18 Settembre 1921.
______________________
Note.

II

'Scutati (ascoltate)
Svotu (svolto)
Cantunera (cantone)
Ugghiera (agoraio)
Vènnu (vengono)
Rucchedda (rocchetti).

III

Janca (bianca)
Palummeddi (palombelle)
Palummeddi di mari (la schiuma bianca sulle
                                    creste delle onde)
Pircantata (incantare)
Magisterii e fatturi (incantesimi)
Spàranu (sbocciano d'un tratto)
Vènivi (venirvi)
'Sirj (essere)
Unni (dove)
Vòschira (boschi)
Jti (andate).

IV

Tidda (diminuitivo di Agata: Agatidda)
Sapìa (sapevo)
Cascari (cadere)
Sacciu (so)
Lassari (lasciare)
Jri (andare)
Siddiari (annoiare, seccare)
Sfüari (sfogare).

V

Risbigghi (risvegli)
Timpi (balze, rupi)
Vadduni (valli, borri)
Pusaticci (pòsatele)
Vasuni (baci)
Gnuni (angolo)
Scurusu (bujo, cupo)
Pìula (il cucolo)
Jnestra (ginestra)
Marranzanu  (grillo canterino).








VIII.

Di quannu tu partisti, Tidda mia,
non cantu chiù li beddi me' canzuni,
e misi la chitarra 'ntra 'na gnuni,
accostu a la me' vecchia scrivania.

Ogni tantu ci dùnanu un truzzuni,
si movi, quarche corda trimulìa,
e fa un lamentu, un chiantu a litania,
comu pri diri: pricchì m'abbannuni?

E 'stu lamentu so', d'accussì funnu,
mi scinni 'rittu 'rittu 'ntra lu cori;
mi pari lu lamentu di cu' mori,

mi pari di la piula lu cantu!
Tidda, pirchì non torni? Un campusantu,
ora, senza di tia, pari lu munnu!



IX.

Pirchì, pirchì, ti custrincii a giurari
quannu partisti, di non mi tradiri?
Forsi non mi l'aveva a figurari
l'amuri to' com'è c'avìa a finiri?

Ora pirchì mi manni a dimannari
si ccu lu novu amanti ti pò uniri?
Chi su' assissuri, chi v'ha' maritari,
o su' parrinu e v'haju a binidiri?

Forsi è pri scantu?... 'N'aviri paura
È pirchì timi ca moru addannatu?
Non ti pigghiari tutta 'sta primura!

Spusalu, bedda, la partita è grossa;
pensa ad avvantaggiari lu tò statu...
Pri mia... ccu' mori jnghi la so fossa!

Note.

VI

Nnimina vintura (indovino o indovina)
Zoccu (quello, quanto)
Sarvatu (serbato)
Nn'âmu (ci siamo)
Tegnu a cura (ho presente, guardo, penso)
Lassasti (lasciasti).

VII

– Questo sonetto fu scritto dall'incantevole hotel San Domenico, che sorge nei locali dell'ex convento omonimo, a Taormina, e domina il mare, a cavaliere di una ripida e pittoresca collina
'Nfirmu (gravemente malato)
Visitusa (a lutto)
Cunortu (conforto)
Juntu (giunto, arrivato)
Abbuscicatu (gonfiato)
Sfuâri (sfogare).

VIII

Truzzuni (urtone, urto)
Funnu (profondo)
Scinni (scende)
'Rittu 'rittu (diritto).

IX

Custrincii (costrinsi)
Si ccu (se con)
Parrinu (prete)
Scantu (paura)
Timi (temi)
Addannutu (dannato)
Pri mia (per me).
















LA TÙRTURA

I.
La tùrturedda, quannu si scumpagna,
non trova chiù rizzettu a nuddu locu;
va spersa pri la Chiana e la Muntagna,
jttannu schigghi e lacrimi di focu.

Si trova l'acqua lu pizzu si vagna,
ma lu rifriscu ci dura pri pocu,
pirchì àvi siti di la so' cumpagna,
non àvi siti di friscu e di jocu.

Sugnu 'na tùrturedda ca si lagna
pri la cumpagna, ca persi da pocu,
e pri circarla 'n'haju chiù carcagna!

Si la viditi passari di ddocu,
'nsignaticcilla la giusta filagna,
dicitaccillu, ca sugnu a 'stu locu!

________________________

Note.

Turturedda (tortorella)
Rizzettu (ricetto)
Nuddu (nessuno)
Schigghi (grida acute e disperate)
Pizzu (becco)
Vagna (bagna)
Rifrìscu (refrigerio)
Friscu (fresco, frescura)
Jocu (gioco)
Sugnu (sono)
Carcagna (talloni)
Ddocu (codesto luogo)
Filagna (filare, fila d'alberi)
Dicitaccìllu (diteglielo).


LA FIMMINA

II.

Oggi, turnannu, nun truvai lu cani!
Accostu porta dissiru taluni:
– Si l'arrubbaru certi genti strani,
L'armali si difisi a muzzicuni,

ma tutti li so' sforzi fôru vani. –
E sugnu attorna sulu, 'ntra 'sta gnuni!...
La storia finìu non c'è chiù nenti:
l'haju cuntatu, comu tanti e tanti,

pirchì a cuntarla mi ritorna a menti
quannu ju puru pussidía 'n'amanti.
Era la me' rigina, ju lu pizzenti,

e un jornu asciái la casa mia vacanti...
Comu lu cani mi spirìu, ma nenti,
nenti idda fici pp'êssirmi custanti!

_________________________

Note.

Strani (estranei)
Muzzicuni (morsi)
Fôru (furono)
Attorna (di bel nuovo)
Gnuni (angolo, cantuccio)
Finìu (finì)
Nenti (niente)
Pussidia (possedevo)
Asciài (trovai)
Vacanti (vuota)
Spirìu (sparì)
Fici (fece)
Pp'êssirmi (per essermi, per mantenersi
                    a me).





NICA

T'amai, tiranna, e sugnu già pintutu;
pintutu, di ss'amuri a tia purtatu;
purtatu ccu suspiri – e fu pirdutu! –;
pirdutu, ppi 'ssu cori accussì 'ngratu!
'Ngratu è lu cori tò, ca ristò mutu;
mutu pirch'è di marmuru, agghiazzatu;
agghiazzatu, chi a mia non desi ajutu;
ajutu, ca spirava e fui 'ngannatu!




I.

Eri nicuzza e quannu ti 'ncuntrai
da tantu tempu già ti canuscia,
pirchì a di nicu, ccu la fantasia,
tali e quali accussì ti 'mmaginai.

Chi cosa fici 'ntra la vita mia
pp'ansina ca ccu tia m'accumpagnai?
Ju non ti dicu, no, chi non amai,
pirchì non vogghiu diri la bugia.

Amai, sì, troppu amai, ma a la luntana,
'ntra lu me' celu, limpiu o annuvulatu,
ti vitti sempri, e sempri chiù bagiana.

Pirchì, quannu vinisti a lu me' latu,
pirchì quannu pigghiasti forma umana,
trimò lu cori miu tuttu scantatu?

II.

Doppu chi ti chiamai cu tanti e tanti
nomi gintili e duci di sapuri,
addimannati in prestitu a li santi,
arrubbati a li pùddiri e a li ciuri,

'n jornu, ca lu me' cori era fistanti,
'ntra 'stu dialettu nostru ammagaturi,
truvai lu veru nomu chiù galanti:
Nica, Nicuzza mia, Nica d'amuri!

E Nica, ti chiamai... Nomu tuccanti,
oh, nomu anticu, nomu di duluri,
quantu peni mi costi e quali chianti!

Ancora, ancora, abbannunatu amanti,
ti pensu, nomu duci e tradituri,
e ti cunsacru cca, 'ntra li me' canti!




III.

Fimmini 'ntricalori: maritati,
viduvi o schetti, 'ncrepiti o carusi;
omini furficiara, abituati
a fari cu la lingua scusi scusi;

si 'mmenzu a li me' versi vui circati
lu nomu d'idda e siti curiusi,
putiti fari cuntu ca ristati
ccu l'occhi sicchi e li lingui lappusi.

Ci truviriti tutti li turmenti
ch'idda m'ha datu e tutti li carizzi;
ci truviriti l'occhi so' lucenti,

li so' 'mmizzigghi e li so' tradimenti;
ma lu so' nomu, chinu di ducizzi,
ju nun lu mettu 'nvucca di la genti!
Note. 

NICA

Sugnu (sono)
'Ssu, o chissu (codesto)
Marmuru (marmo)
Agghiazzatu (gelato)
Spirava (speravo).

I

Nicuzza (piccolina)
Nicu (piccolo)
Pp'ansina (fino a che, fino a quando)
Limpiu (limpido)
Bagiana (graziosa)
Scantatu (timoroso, pauroso).

II

Duci (dolci)
Pùddiri (farfalle)
Ammagaturi (ammaliatore).

III

Fimmini (donne)
'Ntricalori (intriganti)
Schetti (zitelle)
'Ncrepiti (vecchie)
Carusi (giovani)
Furficiara (letteralmente tradotto: forbiciai,
    dicesi di coloro che scuciono panni addosso)
Scusi (scuci)
'Mmenzu (in mezzo)
Idda (lei)
Ccu l'occhi sicchi e li lingui lappusi
        (insodisfatti, con le pive nel sacco)
'Mmizzigghi (moine).


VI.

Ah, si sapissi, tu, quali nuttati
ju passu 'ntra 'stu lettu scunsulatu!
Guardu lu scuru cu l'occhi sbarrati,
pri lu duluri mi sicca lu ciatu.

Li tèmpii mi sbattunu sudati,
lu cori mi lu sentu sdradicatu;
sentu tutti li scrùsci di li strati,
ogni rumuri di lu vicinatu...

Oh, si sapissi, tu, chi eternitati
è un'ura ca ju passu 'ntra 'stu statu!...
Pensu quannu durmèvamu abbrazzati,

pensu a 'ddi notti... e tu ti l'ha' scurdatu!
E pensu, ccu li denti 'nsirragghiati,
c'ora si' 'nvrazza a 'n'autru 'nnamuratu!




VII.

Nica, tu fusti babba: mi lassasti
cridennu ca ju tuttu t'avìa datu,
e tuttu chiddu chi tegnu sarvatu
ancora non è tò, e ci l'appizzasti...

Quantu carizzi chi non hai pruvatu!
Quantu piaciri chini di cuntrasti!...
Babba chi si', pirchì m'abbannunasti,
si lu me' saccu 'n'era sbacantatu?

Ju sacciu dari certi vasuneddi,
supra lu coddu, accostu a li capiddi,
chi fannu li carnuzzi stiddi stiddi...

Sacciu 'ncantari sulu ca m'affacciu
dintra l'ucchiuzzi di li beddi... Sacciu...
Ma, Nica!... A cu' talii, ccu 'ss'occhi friddi?!...
Note.

IV

Haju (ho)
Civu (midollo)
Arrifulìa (fa groppo)
Sbampannu (divampando)
Côtu côtu (moggio moggio)
Mussiddu (musetto..., boccuccia)
Giniusu (simpatico, attraente).
V

Statti (sta, fermati)
Lu sacciu (lo so)
Sugnu (sono).

VI

Mi sicca lu ciatu (mi si arresta il respiro)
Scrùsci (rumori)
'N'autru (un altro).

VII

Babba (sciocca)
Sarvatu (in serbo)
Ci l'appizzasti (ce l'hai rimesso, l'hai perduto)
Sbacantatu (vuotato)
Vasuneddi (bacetti)
Coddu (collo)
Fari li carni stiddi stiddi (fare arricciare,
              accapponar l'epidermide per piacere o
              per terrore)
Talii (guardi).

VIII.

Sèntimi, ca ti dicu la tò sorti:
Haju un cuteddu ch'è comu un rasolu,
longu e lucenti, ccu la punta forti,
e notti e jornu l'ammolu, l'ammolu...

Ccu 'stu cuteddu t'ha' dari la morti,
ccu stu cuteddu t'ha' fari un cafolu
'mmenzu lu pettu e po' ccu l'ugna storti
t'ha scippari lu cori... e mi cunsolu!

Dintra 'na grutta, arreri setti porti
tegnu un ciaschittu ccu lu vitriolu:
ti l'ha' jttari 'ntra chissi ca porti,

occhi di maga, pupiddi d'azzolu;
t'haju a fari chiù brutta di la morti,
tannu mi tegnu, tannu mi cunsolu!




IX.

Non ti prïari, cori tradituri,
ca 'sti canzuni non sunnu pri tia;
tu non si' donna ca meriti amuri,
tu fimmina non si' di puisia.

Cantu supra 'na morta, supra un ciuri
c'ora 'ntra la limarra scarfitìa,
e cantu lu so' anticu e gratu oduri,
non mai lu fetu, c'ora fa pri via.

Cantu 'dda Nica scisa di li celi,
ca beni mi vulìa senza minzogna,
e dintra lu pittuzzu avìa lu meli.

Cantu 'dda Nica santa – miatidda! –
A cantari pri tia sentu vriogna
e... non ci cantu, no, cantu pri chidda!



Note.

VIII

Cuteddu (coltello)
Rasolu (rasoio)
L'ammolu (l'arroto)
Cafolu (buco profondo e informe)
Scippari (strappare, svellere)
Arreri (dietro)
Ciaschittu (orciuoletto)
Azzolu (turchino chiuso)
Pupiddi (pupille)
Tannu mi tegnu (allora sarò pago).














IX

Non ti prïari (non ti rallegrare, non insuperbire)
Tia (te)
Limarra (limo, fango)
Scarfitìa (infracida)
Fetu (puzza)
Miatidda! (beata lei!)
Vriogna (vergogna).
ONOMASTICU

Ascuta, mamma: –'Ntra 'stu munnu stortu
l'haju passatu a middi, li svinturi,
e a 'st'ura certu ca sarissi mortu
senza li tò ducizzi e li tò curi.

Te' sula, 'ntra li jorna di scunfortu,
m'haju truvatu, amica e cunfissuri,
te' sula ha' statu l'unicu cunortu,
barsamu e 'nguentu pri li me' duluri.

Vucca di santa chi non sa' tradiri,
sciumi d'amuri, ca lu munnu allaja,
oggi, mammuzza, chi ti pozzu diri?

Vogghiu sanari tutti li tò chiaja,
vogghiu fáriti ricca e vogghiu 'siri
lu vastuneddu di la tò vicchiaja!




______________________

Note.

Munnu (mondo)
A middi (a mille)
Cunortu (conforto)
Sciumi (fiume)
Allaja (allaga)
Chiaja (piaghe)
'Siri (essere)
Vastuneddu (bastoncello).
III.

– Figghiuzzu, ridu pirchì avìa pinsatu
a tanti cosi brutti, amuri miu!...
Ti senti moddu ca si' 'nnamuratu...
Chi t'haju a diri?... Non vurrissi Diu...

– Di chi?... – Ca... di cascàrimi malatu!
– Malatu, sì... Però, siddu la viju,
sugnu sicuru ca ripigghiu ciatu!
Macari lu pitittu mi finìu!...

– Sèntimi, beddu, e poi ti nn'arriordi
di 'sti paroli, pirchì non ti 'ngannu:
Non ci passari chiù, ca ti la scordi!...

– Chi?... Mamma!... – E no... Però t'arraccumannu!...
Mi pari ca vai a ligna senza cordi
e po' patiri quarche disingannu!


IV.

– Chi senti diri?... – Chidda àvi dinari,
marcia ccu lu munzù e li cammareri,
e siddu un jornu ti putissi amari,
chi ci apprisenti, tu, ca non pusseri?...

– Mammuzza bedda, chi mi fa' pinsari?...
'Nnunca pirchì mi guarda, di ddà arreri?
– Ca... forsi lu farà pri si spassari,
comu fannu 'ssi genti furasteri...

– No, mamma, tu, accussì mi fa' muriri,
mi mittisti 'na spina 'ntra lu cori.....
'sti cosi brutti non mi l'âvi a diri!...

– Ju ti vurrissi chinu di trisori:
siddu ti parru d'accussì vordiri
ca mi spaventu siddu po' mi mori!



V.

– Mamma, ci pensi?... Nn'avevi ragiuni!...
– Accúra, figghiu, non ti scummigghiari!...
– Mi lassau malatu 'ntra 'sta gnuni,
e mancu manna chiù, pri si 'nfurmari!...

–Aspetta, beddu, chiudu 'stu barcuni!...
– Calmati, forsi 'un 'ávi a cu' mannari...
– No, mamajedda, ca non c'è ragiuni;
siddu m'amassi sapissi truvari!...

Amuri passageru, di vinnigna!...
Dicevi beni, tu, santi palori!...
Vinni pri vinnignárisi la vigna,

si vinnignò macari lu me' cori,
lassò li fogghi giàlini e li ligna,
e non ci pensa chiù, cu' mori mori!




Note.

IV

Chidda (quella, colei)
Lu munzù (il cuoco)
Siddu (se)
Pusseri (possiede)
'Nnunca (dunque)
Ddà arreri (laddietro)
Pri si spassari (per prendersi spasso)
Non mi l'âvi (non me li dovevi)
Trisori (tesori)
Parru (parlo)
Vordiri (vuol dire.).










V

Accúra (sta attento)
Scummigghiari (scoprire)
Lassau (lasciò)
Gnuni (angolo)
Mancu (nemmeno)
Pri si 'nfurmari (per prendere informazioni)
'Un'ávi (non ha)
Mamajedda (mammina)
Siddu (se)
Vinnigna (vendemmia)
Palori (parole).
NON CRÌDIRI
NÈ A DONNI, NÈ A SIRENI

I.

Haju scrittu 'na littra a la me zita,
ccu 'na pinnuzza di 'n'aceddu raru,
la carta è arraccamata ccu la sita
e fu d'argentu, lu me' calamaru.

A manu 'ritta c'è 'na calamita
e 'na palumma ca cerca riparu,
a manu manca un cori e 'na firita
d'unni ci cula sangu, paru paru.

Dintra lu fogghiu ci misi la spica,
pri farlu addivintari abbarsamatu
e, pp'attaccarlu, 'na fittuccia nica.

Pri 'nchiostru lu me' sangu stimpiratu,
e pri suggillu, allocu di muddica,
lu stissu cori miu 'nsanguniatu.


II.

Pensi quannu si' vecchia chi farai
si ju nun ti vurroggiu beni chiui,
pirchì 'ssa bedda giuvintù chi hai,
comu lu ventu, dici, si nni fui.

Ed ju ti dicu chi nun 'nvecchia mai,
lu cori, e si nn'amamu tutti dui,
vinti o sissanta, quantu nn'hai nn'hai,
anni di 'ncoddu, chi nni 'mporta a nui?

Tu sempri mi darai li to' carizzi,
ed ju pri tia farò cosi di pazzi
fùssiru brunni o janchi li to' trizzi,

fùssiru niri o no li me' mustazzi;
ma... nun li pirdirai 'ssi to' biddizzi,
no, nun ci cridu, mancu si m'ammazzi!

Note.

I

Littra (lettera)
Zita (fidanzata)
Pinnuzza (piccola penna)
Arraccamata (ricamata)
Sita (seta)
Calamaru (calamaio)
'Ritta (dritta)
Cula (cola)
Paru paru (a lungo, copiosamente)
Spica (spiga di Francia, erba odorosa notissima)
Abbarsamatu (profumato)
Nica (piccola, breve)
Allocu (invece)
Muddica (mollica di pane – nel popolino si usa incollare lettere con la mollica di pane masticato)
'Nsanguniatu (insanguinato).






II

Vurroggiu (vorrò)
Fui (fugge)
Di 'ncoddu (di sopra, sulle spalle)
Trizzi (treccie)
Brunni (bionde)
Janchi (bianchi)
Mustazzi (baffi).




III.

Tegnu lu cori miu 'mpintu 'ntra 'nchiovu,
vaju pri spiccicallu e non ci arrivu,
e non ti sacciu diri lu currivu
e lu dispettu granni ca nni provu.

Sugnu sutta la cuva comu all'ovu,
non sugnu mortu e mancu sugnu vivu,
e pri di chiù non sacciu lu mutivu
di 'ssu patiri e 'ssu turmentu novu.

Ti l'haju scrittu e ti lu tornu a scrivu,
e speru ca 'sta vota ti cummovu:
lu me' duluri è troppu pusitivu!...

Si lu to' cori 'un'è vinnicativu,
dammi lu cori miu 'mpintu a 'ssu chiovu,
lèvami, bedda, di 'stu focu vivu!



IV.

No, non mi diri ccu 'ssa vucca duci
chi mèttiri mi pozzu l'arma 'mpaci:
lu sai ca su' cchiù duru di la nuci,
vera testa di trunzu nata a Jaci.

Avi tri anni chi ti mettu 'ncruci
pri dirimi di sì e nun ti cumpiaci;
senti, Carmela, sentila 'sta vuci,
abbèntalu 'stu cori, ch'è 'na braci!

Vidi ca ti lu dicu beddu saggiu,
e ccu lu bonu, non mi fari sfreggiu,
pirchì l'amuri miu è assai sarvaggiu!...

Vidi chi ti l'avvisu, sciàtu beddu:
ritirati li ponti, sai, ccu chiddu,
si no finisci a corpa di cuteddu!




Note.
III

'Mpintu (sospeso)
Chiovu (chiodo)
Vaju (vado)
Spiccicallu (staccarlo)
Sacciu (so)
Sugnu (sono)
'Un'è (non è)
Vinnicativu (vendicativo)
Focu (fuoco).














IV

Vucca (bocca)
Duci (dolce)
Pozzu (posso)
Trunzu (torsolo)
Jaci (Acireale, famosa per i cavoli forzuti; enormi, che si producono nel suo territorio.
– Si dice testa di trunzu a chi è duro di cervice
Abbèntalu (calmalo, acquietalo)
Braci (bragia)
Chiddu (colui, quegli)
Corpa (colpi).

V.

E lu me' cori mancu si nni lagna
si tu mi tratti mali o si' binigna;
si la to' vucca è duci o è maligna,
siddu mi ridi o si mi fai la 'ncagna.

'Stu cori miu sulu ca si spagna,
ca fidirtà nni tia non ci nni alligna;
cu 'stu pinseri addivintai 'na signa,
mi struj la saluti e m'azzaccagna!...

Haj 'ntra la facci du' puma sanghigna,
'na fussitedda ch'è 'na cosa magna –
pari 'na cucchiaredda di castagna

'mmenzu lu pampinitu di la vigna... –
Non mi lassari, bedda me' cumpagna,
e poi... fammi macari la matrigna!



VI.

Vinni di notti e m'abbaiò lu cani,
mentri guardava 'ntra lu to' barcuni!
Li cani – ju dissi – abbajanu a li strani;
dunca è lu signu ca cangiò patruni!

Turnavi ccu sampugni e marranzani,
e ti cantai li soliti canzuni...
Non t'affacciasti, e mancu a lu 'nnumani:
chistu è lu signu ca tu m'abbannuni!

Oh, Diu, ca mancu l'âvi du' simani
ca mi dicevi: – quantu mi vo' beni? –
e m'accupavi ccu li to' vasuni!

Ah, ca sugnu lu re di li babbani!
Non cridiri nè a donni nè a sireni;
ju lu sapeva, e ci cascai appuzzuni!




Note.

V

Fari la 'ncagna (tenere il broncio)
Si spagna (ha paura, teme)
Signa (scimmia. Divintari 'na signa: intisichire)
Struj (strugge)
M'azzaccagna (da azzaccagnari: azzannare, dilaniare)
Puma (pomi)
Sanghigna (sanguigni)
Fussitedda (fossetta)
Cucchiaredda (piccolo cucchiaio. Cucchiaredda di castagna: la castagna vuota che ha la sola buccia e si accoppa, dentro il riccio, sulla castagna piena )
pampinìtu (tutti i pampini).







VI

Strani (estranei)
Turnavi (tornai)
Lu 'nnumani (l'indomani)
Marranzani (scaccia pensieri)
L'âvi (l'ha; qui è detto nel senso di: sono)
Simani (settimane)
Accuppavi (soffocavi, asfissiavi)
Babbani (sciocchi, baggiani)
Appuzzuni (a capo fitto).





NATALIZIU

– Mamma, mammuzza, si 'n'avissi a tia,
ju 'ntra 'stu munnu, mi sintissi persu;
ti vogghiu beni chiù di l'Universu,
chiù di la vista e chiù di l'arma mia.

Si lu me' sensu ancora non s'ha' persu,
lu vidi, mamma, è pirchì pensu a tia:
a tia ca si' la megghiu puisia;
e di la puisia lu megghiu versu!

Oggi ricurri ancora la to' festa
ed ju, chi non mi scordu la iurnata,
t'offru l'umili miu, solitu cantu.

Tu dùnami la solita vasata,
e po' fammi durmiri ccu la testa
supra lu pettu to' amurusu e santu!

________________________

Note.

L'arma (l'anima)
Sensu (sentimento, ragione)
Persu (perduto)
La megghiu (la migliore)
Scordu (dimentico)
Vasata (baciata, bacio).


Note.

I

Sacciu (so)
Vurrìa (vorrei)
Chiantu (pianto)
Virrina (verrina, succhiu)
Fazzu (faccio)
Scantu (paura)
Acquazzina (rugiada)
Arsira (iersera)
Firriasti (girasti)
A la stranìa (lontano dal proprio paese).

II

Scantulina (che di leggieri ha paura)
Sfuàrimi (sfogarmi)
Casina (villino)
Giàlina (gialla)
Arsira (iersera)
A' Virmaria (l'Avemaria)
Jennu (andando)
Marvìzzi (tordi)
Arreri (dietro)
Vitti (vidi)
Beddamatruzza (Bella Madre Santa;
                   esclamazione di spavento)
Òcche (qualche)
Ccu 'mparu d'occhi tanti (con tanto d'occhi)
Agghiri ddà (verso lì, verso quel luogo)
M'aurta (mi urta).

III

Moddu (molle, moscio)
Non vurrissi Diu (non voglia Iddio)
Cascàrimi (cadermi)
Siddu la viju (se la vedo)
Ciatu (fiato, respiro)
Macari (pure, anche)
Ti nn'arriordi (te ne ricorderai)
T'arraccumannu (ti raccomando).




III.

Bedda, si mi criditi, lu me' cori
è 'na paranza a largu di lu mari,
misa 'n cuntrastu ccu li riuturi..

Nisciu quannu li venti eranu sóri,
ma 'ntra lu megghiu di lu navigari
si vitti 'mmenzu di li scuntraturi!

Lu mari la spugghiò di li só gioi,
l'arvuli ci li ruppi tutti dui,
persi li rimi e li viluzzi soi,
lu so' timuni non guverna chiui!...

Sulu ci arresta 'na sarvizza, e poi
l'unna la sippillisci... e si nni fui...
È la sarvizza di li jorna soi
l'àncura di spiranza: e siti vui!



IV.

Vegnu di notti e vegnu scumpagnatu,
– sulu cumpagnu lu pinseri miu –
pirchì mi scantu di lu vicinatu
e di l'amici mi nn'aggilusìu.

Oh, 'ssu barcuni to', sempri stangatu!...
Oh, 'ssa facciuzza to', ca chiù non viju!...
Lu sonnu com'è fattu m'ha scurdatu,
la fami e lu pitittu mi finìu!...

Tu non t'affacci, e ccu li me' suspiri,
ju, di cca sutta, spezzu cantuneri,
misu a lu scuru, ccu l'occhi a li viri!..

È la saluti mia 'ntramata a 'n filu:
mentri tu dormi e non ti fa vidìri,
ju mi nni vaju 'nsuppilu 'nsuppilu!...


V.

Comu percia la petra la stizzana,
'ccussì lu cori to' sappi pirciari;
non fu 'ntra 'n'ura, o un jornu, o 'na simana,
e mancu senza chiànciri e pinari.

Ma ora ca si' mia, Fata Murgana,
'ddi peni non li vogghiu jastimari:
tantu chiù costa la priizza umana,
tantu chiù fitta si voli sarvari.

Si tu m'ha' datu li biddizzi toi
pussedi l'arma e lu curuzzu mei,
e si vo' chiù ti pigghi 'nzoccu voi.

Ju, ciatu miu, non sugnu di l'ebrei:
dammi la manu e ti l'incu di gioi;
dammi un vasuni e ti nni dugnu sei!...



VI.

– Quannu saremu vecchi, amata Vanna,
non mi nni darai chiù, vasuni ardenti!...
Non cantiremu chiù la Marianna,
'n'avremu chiù capiddi e mancu denti!

Ccu lu rusariu a manu, a la capanna,
dirai prijeri pri morti e viventi.
Semu vicchiuzzi – ti dirò – non 'ncanna
chiui, la fila di l'amuri! Senti:

Ti nn'arriôrdi chiù di 'ddi jurnati,
quannu circâmu tutti 'ddi piliddi
pri stari 'nparu d'uri sciarriati?

T'arriôrdi lu lustru di li stiddi,
quann'eramu 'ntra 'dd'astricu ammucciati
e ti vasava l'occhi e li capiddi?


Note.

V

Percia (penetra, fora, perfora)
Petra (pietra)
Stizzana (stillicidio)
'Ccussì (così)
Simana (settimana)
Mancu (neanche)
Chiànciri (piangere)
Jastimare (bestemmiare, imprecare)
Priizza (contento, felicità)
Sarvari (tenere in serbo)
Biddizzi (bellezze)
Curuzzu (il cuore)
'Nzoccu voi (quel che vuoi)
Ciatu miu (sospiro mio)
Sugnu (sono)
Ti l'incu (te la colmo)





VI

La Marianna (canzone allegra)
Capiddi (capelli)
Prijeri (preci, preghiere)
'Ncanna (incanna)
Ti nn'arriôrdi (te ne ricordi)
Jurnati (giornate)
Piliddi (scuse, pretesti, peli nell'uovo)
Sciarriati (in collera, imbronciati)
Lu lustru (la luce, il lume)
Stiddi (stelle)
Astrico (terrazzo)
Ammucciati (nascosti).


QUATRU

Già lu suli apparìa 'nfunnu a lu mari,
'ncurunatu di nuvoli a culuri,
l'irvuzza si stinnìa pri s'asciucari,
sbucciavunu 'ntra l'arvuli li ciuri;

l'oceddi cuminciavanu a vulari,
cantannu pri diliziu e pp'amuri,
la mánnira scinneva a pasculari,
sunava la sampugna lu pasturi...

Quannu 'ntutt'una, supra lu criatu,
senza sapiri d'unni era vinutu,
pusò lu nuvulazzu agghiummaratu...

L'oceddu s'aggiuccò e si stesi mutu,
spirìu lu nuvuliddu di granatu,
tuttu lu munnu si vistìu di vutu!




TIDDA

Ju patirria li guai di lu linu,
tagghiatu tuttu, poi stisu a lu chianu,
poi mazzïatu e fattu finu finu,
senza ca nni ristassi un filu sanu;
poi fattu matapolla e musulinu,
poi fazzulettu, pri li vostri manu;
d'accussì sulu vi staria vicinu
e no ca v'è guardari di luntanu!...



Note.

'Nfunnu (in fondo)
L'irvuzza (l'erbetta)
Stinnia (stendeva)
Pri s'asciucari (per asciugarsi)
Arvuli (alberi)
Mànnira (mandra)
Scinneva (scendeva, veniva al piano)
'Ntutt'una (tutto a un tratto)
Agghiummaratu (aggrovigliato)
S'aggiuccò (s'appollaiò)
Spirìu (sparì)
Nuvuliddu (nuvoletta)
Vistìu (vestì)
Vistirisi di vutu (vestirsi a lutto, coprir gramaglie).










Patìri li guai di lu linu (modo di dire, per significare: noje, triboli e avversità immense)
Tagghiatu (tagliato, mozzato)
A lu chianu (all'aperto, a tutte le intemperie)
Finu finu (sottile sottile)
Matapolla (specie di mussola)
Fazzulettu (Fazzoletto)
Ca v'è (che vi devo).
NINO MARTOGLIO  - CENTONA - Parte terza
Note.


I

China (piena)
Barcuni (balcone)
Di longu a longu (lungamente)
Vasuni (baci)
Non vi nn'addunati (non v'accorgete)
Astutaru (spensero)
Misu (messo)
Gnuni (angoletto)
Trasiti (entrate)
Sugnu (sono)
Chianu (piano, liscio)
A lu scuru (al buio)
Siti (siete)
Mannu (mando)
Ccu la (con la)
'Mpinti (attaccati).






II


Sacciu (so)
'Un (non)
Chiddu (quello)
Dicissivu (direste)
Cunfunnistivu (confondeste)
Scartari (scegliere)
Accussì (così)
Non sacciu chi (non so che)
Chistu (questo)
Comu è ed è (comunque sia)
Mancu (neanche).

I.

La luna è china: vui, di lu barcuni,
bedda, di longu a longu, la guardati:
lu sacciu, 'ntra la luna vui circati
l'amanti ca si dunanu vasuni!

Passanu l'uri e non vi nn'addunati
ch'è notti e chi astutaru li lampiuni,
non v'addunati ca misu a 'sta gnuni
vi guardu 'ntra l'ucchiuzzi 'nnamurati.

Chi siti bedda!... Non vi nni trasiti!...
Sugnu pitturi e cca lu muru è chianu:
lassativi addipìnciri, a lu scuru.

'Ccussì a la notti, quannu non ci siti,
'sti vasuni ca mannu ccu la manu,
ju vi li lassu cca, 'mpinti a lu muru!....



II.

Sacciu chi 'un vi vuliti maritari,
ma chiddu ca non sacciu è lu pirchì...
e puru ch'ju putissi 'nduvinari
certu non mi dicìssivu: gnursì.

Forsi vi cunfunnistivu a scartari,
forsi non la truvastivu accussì,
comu vi l'avìa fattu immaginari
la fantasia, ccu lu... non sacciu chi.

Chistu è lu munnu, e vui, comu è ed è,
siti megghiu di mia... Vui non truvati
cui di lu cori vostru fari re;

mentri pri mia li parti su' cangiati:
di lu me' cori la rigina c'è,
e siti vui, ca mancu mi pinsati!



VII.

E 'nsemi pinsiremu a lu passatu,
a chist'amuri c'ora nni purtamu,
a 'sta gran forza ca nn'ha' alliazzatu
comu di l'urmu l'èdira a lu ramu!

Ju, chi sarò cadenti e senza ciatu,
forza non avrò chiù pri dirti: – t'amu!
strincennuti li gammi, agginucchiatu,
'ncucciatu forti, comu l'isca a l'amu!

E puru... non ci cridu, no, ca mori,
l'amuri nostru, ccu la giuvintù!
Ju sacciu chi non 'nvecchia mai lu cori!...

Dimmi, Vannuzza, chi nni pensi, tu?
Ju cridu chi anchi vecchi, ccu crianza,
l'avemu a fari, quarche stravaganza!...




VIII.

Ti nn'arriordi chiù, cori tirannu?
Ju ti diceva: – Si mi lassi mori
di li me' manu! – E tu: – Sidd'ju ti 'ngannu,
cca c'è 'n cuteddu; scàssimi lu cori!

E 'ntantu ancora àvi a passari un annu
e mi tradisti!... Beddi to' paroli!...
Sicuru, mi tradisti, e pri chiù dannu
mi fai tanti sdilleggi e scattacori!

Lu to' cuteddu, lucitu, ammulatu,
lu tegnu dintra lu gileccu novu,
untatu d'agghiu e di cicuta a friddu;

puru lu cori non ti l'ha' scassatu...
e sai pirchì?... Mi scantu ca ci trovu
comu 'ntra 'n quatru, la 'mmagini d'iddu!

Note.

VII

Allazzatu (allacciato)
Urmu (olmo)
Senza ciatu (senz'anima, senza forza)
Agginucchiatu (ginocchioni)
'Ncucchiatu (ingangherato, appiccicato, avviticchiato)
Isca (esca)
Sacciu (so).












VIII

Lassi (lasci)
Scàssimi (spaccami, squarciami)
Avi a (deve)
Sdilleggi (dileggi, disprezzi)
Scattacori (dispetti, astiosità)
Ammulatu (arrotato, affilato)
Agghiu (aglio)
Mi scantu (temo)
Iddu (lui, quegli).



IX.

Malidittu lu jornu e lu mumentu
quannu ti canuscii, curazzu 'ngratu;
megghiu c'avissi mortu scafazzatu,
senza cunfortu e senza sacramentu!

Cu' mi lu fici fari, scialaratu!
Ora, poviru mia, non haju abbentu,
pinsannu sempri a lu to' tradimentu
e a 'ss'omu tristu ca ti sta d'allatu!

Ma senti, tanta fidi tegnu a Diu
chi 'sta sudisfazioni mi l'hai' a dari:
Non è la morti to', ca ju disìu,

ma lu rimorsu, ed ju t'ha' a disprizzari,
mentri chianci lu mortu amuri miu...
Pri oggi chianciu ju... non c'è chi fari!



X.

Ajeri, Giuvannina, si non sbagghiu,
doppu tant'anni ca non t'arrisbigghiu,
chiancènnuti d'amuri comu un nigghiu
e non ti smovu chiù 'ddu gran guadagghiu,

ti vitti, 'ntra la villa, ccu to' figghiu,
e t'ammucciasti arreri lu vintagghiu,
– mentri ca ti passava quasi attagghiu –
pri t'asciucari lu vagnatu gigghiu.

È inutili, Giuvanna, non ci 'ngagghiu:
ccu 'ssi 'mmizzigghi, chiù, non mi cattigghiu!...
Dimmi la virità: fu sucu d'agghiu,

o fu rapè 'ntra l'occhì?... Ju non ni pigghiu!...
Senti: chi scafazzasti òcche scravagghiu
o fu lu chiantu di lu cuccutrigghiu?

Note.

IX

Quannu ti canuscii (quando ti conobbi)
Curazzu (coraccio)
Scafazzatu (scofacciato)
Scialariatu (scellerato)
Poviru mia (povero me)
Abbentu (riposo, calma, requie).




X

Sbagghiu (sbaglio)
Arrisbigghiu (sveglio)
Chiancènnuti (piangendoti)
Nigghiu (nibbio)
Guadagghiu (sbadiglio)
Fìgghiu (figlio)
T'ammucciasti (ti celasti)
Vintagghiu (ventaglio)
Attagghiu (vicino, accosto)
Pri l'asciucari (per asciugarti)
Non ci 'ngagghiu (non ci cado, non mi faccio
                               uccellare)
'Mmizzigghi (moine)
Cattigghiu (solletico)
Sucu (succo)
Agghiu (aglio; il succo d'aglio agli occhi, fa
               lacrimare)
rapè 'ntra l'occhì (lo stesso il rapè, sorta di
                              tabacco da naso, nero)
Pigghiu (piglio)
Scafazzasti (scofacciasti)
Ocche (qualche)
Scravagghiu (scarafaggio: scafazzari
un scravagghiu o bratta, significa: minghionare, prendere per il bavero, dare a intendere una cosa per l'altra)
Cuccutrigghiu (coccodrillo).

A 'NA PRIMA ATTRICI

E chi m'importa siddu vui fingiti
supra la scena li parti amurusi,
li spasimi, li chianti e li fucusi
sensi ca 'nternamenti non sintiti?

Tutti 'ssi parti tènniri e 'ngannusi
ccu tanta valintizza li faciti
ca scippati li lagrimi, criditi,
signura di l'ucchiuzzi maliziusi!

Oggi tuttu è fintizza e fa li vici
di qualunchi virtù lu 'ngannu umanu...
Fingiti beni... ed ju battu li manu!

Ju, chi 'un cridennu chiù a li donni amanti,
cercu cu' megghiu fingi, 'ntra li tanti,
ju, 'ngannatu di vui... sarìa filici!



NON È LU DARI CA STRUJ E CUNSUMA

Arsira, ccu lu lustru di la luna,
pigghiai ppi la trazzera di la chiana;
pri strata vitti càrrichi li pruna
e càrrica 'na ficu mulinciana.

Lu cori mi facìa 'nnicchi pri una,
s'affaccia 'na picciotta e dici: acchiana,
e ccu l'ajutu di 'ssa me' patruna
lestu mi nni scippai menza duzzana.

'Nchianavi leggiu... ma a la fini, 'nsuma;
a lu scinniri, ci sciancai 'na rama,
d'unni lu latti, ci niscìu, e la scuma!...

– Ahi! – dissi, la picciotta – comu abbrama!
«Non è lu dari ca struj e cunsuma,
«ma lu perdìri l'oggettu chi s'ama!» –


Note.

Tènniri (tenere)
'Ngannusi (ingannatrici)
Valintizza (valentia)
Faciti (fate)
Scippati (strappate)
Fintizza (finzione)
Vici (veci)
Cridennu (credendo).






Arsira (ieri sera)
Lu lustru (il lume)
Pigghiai (presi)
Trazzera (sentiero di campagna)
Chiana (la Piana di Catania)
Vitti (vidi)
Pruna (susini)
Ficu mulinciana (fico che produce i fichi neri, a forma di melenzana)
Fari lu cori 'nnicchi (aver forte desio)
Picciotta (giovinotta)
Acchiana (monta, vieni su)
Patruna (padrona)
Scippai (colsi)
Menza duzzana (mezza dozzina)
'Nchianavi leggiu (montai con leggerezza, leggero)
'Nsuma (insomma)
Scinniri (scendere)
Sciancai (scollai, ruppi)
'Na rama (un ramo)
Niscìu (uscì)
Scuma (schiuma, linfa)
Abbrama (spasima)
Struj (strugge).
CI PINSATI CHIUI?

Cridiri divu, dunca, a l'occhi mei?
Chidda chi vitti ajeri, fui e sfui,
umbra non era, eravu propriu vui,
vui, ccu 'ss' ucchiuzzi ca su du' camei?

Quant'anni su' passati?... Cincu... sei?...
Cu' si ricorda!... Ci pinsati chiui?
Lu tempu è priscialoru, e passa, e fui!...
Comu passaru li vint'anni mei!

Ci pinsati, ddà, attagghiu all'Agnusdei...
Vui bedda tantu e virtuusa assai...
Vi pigghiavi li manu tuttu dui,

dintra l'occhi vi misi l'occhi mei,
d'accussì 'ntrignu ca v'ammaraggiai...
E doppu... doppu, ci pinsati chiui?



_________________________

Note.

Dunca (dunque)
Ajeri (ieri)
Fui e sfui (di sfuggita)
Priscialoru (frettoloso)
'Ntrignu (fitto, intenso)
Ammaraggiai (sconcertai).

III.

Siddu cci dicu: – 'Nfami, m'ha' tradutu,
canusciu lu to' novu 'nnamuratu!...
m'afferra spasimannu e poi, strinciutu
a lu so' pettu, mi dici: – Si' 'ngratu!

A 'ss'omu vili ca t'ha aggilusutu,
l'amu chiù picca di l'ogghiu abbuccatu;
tu sulu si' lu gigghiu miu ciurutu,
tu sulu si l'amanti miu aduratu!

E ccu dda vucca sò, duci, ammilata,
mi duna certi scocchi di vasuni
ca lássanu la testa scuncirtata...

E pri 'na frasi ca ci dicu sgrata,
capaci ca vo' chianci 'ntra 'na gnuni
tuttu lu jornu e tutta la nuttata...



IV.

'Ntantu, vutannu fogghiu, ju sacciu, amici,
ca li stissi paroli spasimanti,
li stissi cosi duci idda li dici,
ccu 'dda stissa vuccuzza, all'autru amanti.

E sacciu puru ca lu fa filici
ccu li stissi vasuni, e, 'ntra li tanti,
avanti d'iddu a mia mi malidici,
mi chiama 'nfami, fausu e briganti...

Ccu tutti 'sti cusazzi laidi e brutti
ju l'amu sempri chiui, e comu fazzu!?...
Picciotti, amici mei, vi preju a tutti,

datimi ajutu, 'nnunca nèsciu pazzu!
L'arma e lu cori l'haju pri sempri rutti,
dicitimi: n'è megghiu ca l'ammazzu?
Note.

I

Picciotti (giovanotti) – Pr'idda (per lei) – Fici l'omu (feci la persona seria, lo scaltro, il dignitoso) – Sfantasiari (divagarmi) – Arrifriscai (da rifriscu: refrigerio, sollievo) – Scì (esclamazione di gaudio) – Trugghiu trugghiu (tondo tondo).

II

Finutu (finito) – Ci aveva jutu (v'ero andato) – Acidduzzu (uccellino) – Ascutu (ascolto) – A li viditti (di vedetta, spiando).

III

Strinciutu (retto) – Aggilusutu (ingelosito) – Amari quantu l'ogghiu abbuccatu (meno di nulla. – In Sicilia c'è il pregiudizio che l'olio versato porti disgrazia e quindi, si detesta) – Gigghiu (giglio) – Ciurutu (fiorito) – Ammilata (di miele) – Scocchi (dicesi di frutta, fogli, fiori, quando sono in molti, attaccati allo stesso ramoscello).

IV

Vutannu fogghiu (voltando foglio) – Fausu (falso) – Nèsciu (esco) – Megghiu (meglio).

V

Carzaratu (carcerato) – Réula (regola) – 'Ntussicatu (attossicato) – Zocch'è (cos'è) – A costi to' (a tue spese) – Fui (fuggi) – Appizzi (rimetti, perdi) – Zoccu (quello).

VI

Dunca (dunque) – Vurricati (seppellite) – Fidirtati (fedeltà) – Muralitati (moralità) – Vriogna (vergogna) – Cunurtari (confortare, rassegnare) – Jetti (butti).
V.

– Ma chi, ma chi! Lu sensu tò malatu
ti fa parrari comu l'animali;
siddu l'ammazzi väi carzaratu,
la suciità ti chiama omu brutali.

La liggi rèula tuttu, 'ntra lu Statu:
cci su' curti civili e criminali;
sulu pri chidda, ca t'ha 'ntussicatu,
non ci su' liggi e mancu tribunali.

Di cui la curpa, si nun hai pinsatu
zocch'è la donna all'epuca attuali?
Di cui la curpa, siddu si' malatu?

Ora chi a costi to' ti l'ha 'mparatu,
fuj 'ssu focu, ca ci appizzi l'ali:
puntu e da capu, e zoccu ha' statu ha' statu.



VI.

– Ma dunca, li picciotti 'nnamurati?...
– Fimmini antichi, morti e vurricati!...
– Li regni di l'amuri dicantati?...
– Favuli di pueti stralunati!...

– E la sincirità... e la fidirtati?...
– Paroli chi si leggiunu stampati!...
– Giustizia, virtù, muralitati?...
– Custumi di 'ddi tempi, disusati!...

– Ma allura, 'ntra sti tempi di vriogna,
chi cosa resta, di lu munnu anticu?
– Lu 'ngannu, la pirfidia e la minzogna!

– E s'ju non mi putissi cunurtari
ccu 'stu munnazzu tristu? – Allura, amicu,
megghiu ti 'nfurchi, o ti vo' jetti a mari!



FINE
PARTE TERZA
II.

Pri carità, 'scutati 'sta prijera
ca ju vi dugnu, amata signurina,
quann'è ca svotu di 'ssa cantunera
non mi guardati, arreri la vitrina!

Si poi circati la battista vera
pri farici 'na cifra suprafina,
priparati la sita e la ugghiera
e arraccamati 'st'arma mia mischina.

Anzi putiti arraccamarni dui,
cifri di focu, tutti dui vicini,
la cifra mia e la cifra di vui.

E allura si non vènnu purpurini,
'ntra li rucchedda nun circati chiui,
fatili ccu lu sangu di 'sti vini!



III.

Bedda, ca siti janca di culuri
Comu li palummeddi di lu mari,
sirena ca sapiti pircantari
ccu centu magisterii e fatturi;

quannu riditi spàranu li sciuri,
quannu parrati scìnninu macari,
pri vènivi d'attornu ad ascutari
l'óceddi cchiù sarvaggi e currituri.

Oh, siddu fussi un celibri pitturi,
sa comu vi vurrissi appitturari!
Oh, si putissi 'sirj ju lu mari,

unni la notti, vui, sciumi d'amuri,
c'abbarsamati vòschira e chianuri,
vi jti, chetu chetu, a ripusari!
IV.

Tidda, ju lu sapìa c'avìa a cascari
sutta 'ss'ucchiuzzi toi ammagaturi,
e ti prijava di non mi guardari
pirchì 'ss'ucchiuzzi dùnanu duluri.

Tu mi vo' beni e mi vo' cunfurtari,
ccu la ducizza di 'ssu beddu amuri:
sugnu filici, e puru... chi ci ha' a fari?
soffru a muriri e soffru di tutt'uri!...

Chiddu chi soffru non tu sacciu diri,
mi pari chi tu un jornu m'ha' a lassari,
mi pari chi tu un jornu ti nn'ha' a jri!

Si chianciu, Tidda, non ti siddiari...
Haju 'stu gruppu ca mi fa suffriri,
haju 'stu chiantu ca voli sfüari!



V.

Suli ca jornu fai, suli ca spunti
e risbìgghi li timpi e li vadduni;
comu la vidi pusaticci 'nfrunti
e dùnacci pri mia centu vasuni.

Dicci ca d'ora 'nsina ca tramunti,
ju cca l'aspettu, misu 'ntra 'sta gnuni!...
Staju murennu comu li cunsunti
pirch'idda non s'affaccia a lu barcuni!...

Ma tu ti curchi, suli maistusu,
Senza ascutari la prijera mia,
e lu munnu diventa chiù scurusu!

Canta la pìula 'mmensu la jnestra,
canta lu marranzanu. a litania...
e Tidda non s'affaccia a la finestra!
VI.

Eccu: lu cori non m'avìa 'ngannatu,
stu cori miu, ch'è nnimina vintura!
Partisti, Tidda, ed ju sugnu malatu,
sutta lu pisu di la me' svintura!

Sa lu Distinu zoccu m'ha sarvatu!
La me' sintenza già fu data a 'st'ura;
sa si m'aspetta d'essiri scurdatu,
lu 'ngannu, la pazzìa, la sipurtura!...

Tidduzza, quantu tempu nn'âmu amatu?
Un annu, un misi, un jornu sulu, un'ura?
Ju non lu sacciu, e tu, chi l'ha' cuntatu?

Ora 'na cosa sula tegnu a cura,
ed è chi mi lassasti scunsulatu,
ed è chi mi Iassasti a la vintura!




VII.

Misu cca supra, ccu lu mari 'nfrunti,
malatu 'nfirmu dintra a quattru mura,
non sacciu li biddizzi di 'sti punti
e non canusciu 'sta bedd'aria pura.

Pensu ca nun ci si', fazzu cunfrunti,
e 'stu jardinu, pri mia, è sipurtura,
nïuri m'apparisciunu li munti
e visitusa tutta la natura.

Sulu cunortu miu, juntu a 'stu statu,
su' li suspiri e su' li chianti amari,
chianti ca l'occhi m'hannu abbuscicatu.

E puru chiànciu sempri e mai mi sfocu,
ca pri putiri chiànciri e sfuâri,
du' occhi e un cori sulu sunnu pocu!
IV.

Haju dintra lu civu di la testa
comu 'na fudda fitta di pinseri,
c'arrifulìa e forma 'na timpesta,
sbampannu focu di centu braceri.

Ora ti cridu vili ed ora onesta,
ora li ditti to' cridu sinceri,
ora all'oricchia, 'na vuci mulesta,
mi dici ca tu fingi pri misteri.

E mentri ti vulissi disprizzari
sentu ca senza 'ss'alitu odurusu
ju 'ntra 'stu munnu non putría campari.

E tornu côtu côtu e pïatusu
pri stáriti a lu cantu e pri vasari
'ss'ucchiuzzi e 'ssu mussiddu giniusu.




V.

No, statti muta, Nica non parrari...
lu sacciu, sì, lu sacciu tu cu' si',
ed iu ti lu dimannu, sai pirchì?
Pirchì mi piaci fárimi 'ngannari.

Sì, 'ngannami, chi voi, sugnu accussì...
si ti cunfessi, poi, chi t'haju a fari?
Fimmina traditura 'un si po' amari,
e senza amari a tia, chi fazzu, chi?...

..... No... megghiu parri, 'un diri chiù bugia:
cunfessiti: piccatu cunfissatu,
si soli diri, è menzu pirdunatu...

Ju ti pirdunu... parra, Nica mia,
cùntami tuttu... fammi 'stu piaciri...
...... Aspetta, Nica!... No!... Non mi lu diri!...
AMURI DI FIMMINA E AMURI DI MATRI

I.
– Mamma, non sacciu cc'haju, stamatina!...
– Gesuzzu!... Chi ti senti, amuri santu?!...
– Mi sentu ca vurrìa sbuttari 'n chiantu,
e 'ntra lu pettu comu na' virrina!

– Figghiuzzu, e comu fazzu?... Vih, chi scantu
ca mi sta' dannu, cori miu, chi spina
ca mi metti!... Ma tu, ccu dd'acquazzina,
com'è c'arsira firriásti tantu?...

Ora, si si' malatu, comu fazzu,
ammenzu 'sta campagna, a la stranìa?
– Mamma, chi dici?... Non è malatia...

mancu ju stissu sacciu chi mi sentu...
vurrìa chiànciri e poi... sugnu cuntentu...
– Vih, Matri Santa, chi niscisti pazzu?

II.
– No, mamma bedda, ca non è pazzia...
('Sta cosa ca si' tanta scantulina!...
Ju pinsava a sfuàrimi ccu tia!...)
– E sfoga, sì, ma levami 'sta spina,

non mi tèniri chiù 'ntra 'st'agunia!...
Chi ti successi?...– Sai... 'ntra dda casina
giàlina... arsira, versu a'Virmaria...
jennu a marvizzi... arreri 'na vitrina...

vitti... – Beddamatruzza, òcche briganti?!...
– No!... 'Na picciuttedda ca parìa 'na fata!...
E mi guardò ccu 'mparu d'occhi tanti!...

Stanotti non durmivi... a matinata
scappavi agghiri ddà... – Non c'era!... (Avanti,
'u vidi?... A mia m'aurta, 'ssa risata!)


VANNA

L'amuri, certi voti, è cungignatu,
comu a du' aceddi di diversi nida:
unu vola luntanu, ch'è 'mpinnatu,
'n'autru è senza pinni e non si fida!...
Cci crisciunu li pinni 'ntra li cianchi,
pensa a la cumpagnedda e l'assicuta;
ma già la trova ccu l'aluzzi stanchi
e senza li pinni, pirchì fa la muta!
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Note.

Aceddi (uccelli) – Nida (nidi) – 'Mpinnatu (con le penne) – Crisciunu (crescono) – Cianchi (fianchi) – L'assicuta (l'insegue) – Aluzzi (alucce) – Fa la muta (cambia le penne).


Note.

III

Riuturi (rivolture, tempesta di vento)
Niscíu (sortì)
Sóri (quieti)
Vitti (vide)
Scuntraturi (bufere)
Spugghiò (spogliò)
Gioi (gioie)
Arvuli (alberi)
Persi (perdette)
Viluzzi (vele)
Unna (onda)
Fui (fugge)
Soi (suoi).







IV

Vegnu (vengo)
Scantu (paura)
Mi scantu (temo)
Mi nn'aggilusìu (ne sono geloso)
Stangatu (serrato, chiuso ermeticamente)
Facciuzza (visetto)
Viju (vedo)
Pitittu (appetito)
Cantuneri (cantoni)
A li viri (di vedetta)
'Ntramata a 'n filu (suscettibilissima)
''Nsuppilu 'nsuppilu (lentamente:
   jrasinni 'nsuppilu: consumarsi lentamente).


CUNFIDENZI

I.

Picciotti, mi vuliti cunsigghiari?
Amai 'na giuvinotta bedda assai;
ma tantu pr'idda fu lu me' pinari
ca un jornu fici l'omu e la lassai.

Sì, la lassai... e pri sfantasiari
mi misi ccu la prima ca 'ncuntrai;
mentr'idda – la superba! – misi a fari:
– Ah, menu mali; armenu arrifriscai! –

Ma doppu quarche tempu, amici cari,
quannu avia dittu: – Sci, mi la scurdai! –
la giuvinotta mi mannò a chiamari!...

Chi fici? Trugghiu trugghiu, ci turnai!
Pri gilusia mi riturnò ad amari...
Oh, brutta malatia, quantu nni fai!


II.

'N mumentu, ca ju ancora 'n'ha' finutu
lu fattu ca vi cuntu è chiù 'ntricatu:
doppu tri jorna ca cci aveva jutu
e mi sinteva l'omu chiù bïatu,

mi parra 'n'acidduzzu, ascutu, ascutu:
la 'nfami aveva 'n'autru 'nnamuratu!
Mi mettu a li viditti, zittu e mutu,
e... l'acidduzzu non m'avia 'ngannatu!

Chistu è lu fattu, picciutteddi mei,
chistu è lu fattu, ca nni passa a nui!
Mi sentu persu 'ntra li farisei;

pricchì, addimannu ju, addimannu a vui:
chista pò amari, pri li santi Dei,
cuntimpuraniamenti a tutti dui?