CULTURA
COLLABORA
GRANDI POETI
NEWS













































































MEDUSA



AL LETTORE

Chiedi tu donde mova il disperato
Dolor che murge e mi dilania il verso?
Dalla terra e dal mar, dal turbinato
Aere, dal cielo luminoso e terso;

Dallignivomo sol, dallincreato
Bujo, dallinfinito ove sommerso
Tutto disvien, dalleterno passato,
Dalleterno avvenir, dalluniverso;

Dai morti innumerati che in arcano
Sonno per sempre giacciono, dai vivi
Innumerati che piangono invano;

Da questanima mia, da questo core
Ebbro dodio e damor, che il sangue a rivi
Perde e bramoso di morir non muore.



PROLOGO

Di notte circonfusa,
Di spavento ripiena,
Gorgo vota damor, muta sirena,
O Medusa, o Medusa!

Tu per tutto diffusa,
Nellalto, nel profondo,
Spirito universal, faccia del mondo,
O Medusa, o Medusa!

Tu nel mio petto inchiusa,
Tu nel mio cor sepolta,
Tu, bieca, a tutti i miei pensieri avvolta,
O Medusa, o Medusa!

O mia lugubre Musa,
Implacabile Erinni,
Tu dal mio labbro fai proromper glinni
Venenati, o Medusa!

I versi, o tetra Empusa,
Tu mannodi coi serpi,
E la vita mi suggi, e il cor mi scerpi,
O Medusa, o Medusa.






LIBRO PRIMO
(1876 - 1879)
ALLORO

Ramoscello dalloro,
Odoroso, lucente,
La tua fogliuzza fa ammattir la gente
Quanto riso di donna, o abbaglio doro.

O fogliolina acuta,
O verde fogliolina,
Acuta tu mi par come una spina,
Verde come lassenzio e la cicuta.


OBBLIO

S pien danni son io, bench non anco
Mabbia canuto il crine o curvo il dorso,
Che a risalir della mia vita il corso
La memoria mi trema e mi vien manco.

Dentro il mio cor n brama, n rimorso,
N duol, n sdegno; abbandonato e stanco
Giaccio, qual nave in sullaperto fianco
Travolta, fuori dogni uman soccorso.

Minvade un lento obblio. Passano i giorni
E i mesi e gli anni, ed io non me navvedo,
Fatto cos di sentimento privo.

E se talora avvien che in me ritorni,
Quasi a me stesso e al mio pensier non credo,
E mi vergogno di trovarmi vivo.
ACQUA CHIARA

Picciol lago, che in mezzo
A questa valle e a questi sassi enormi,
Dignota vena ti raccogli e dormi
Dellalte querce e de grandolmi al rezzo;

Sul margin tuo che in giro
Tutto verdeggia solitario io seggo;
La stanca fronte con la man mi reggo,
Lo specchio di tue pure acque rimiro.

Primaticce vole
E verde timo fan laria fragrante:
In te la bianca nuvoletta errante,
E dallalto del ciel si guarda il sole.

Intorno a te nereggia
Silenzoso il bosco; dalla frasca
La secca foglia vagolando casca,
E lieve sulla cupa onda galleggia.

Tra l verde, in dolce rima,
Un usignol la primavera canta:
Passano lore e dombre il ciel sammanta,
Splende la luna ai negri sassi in cima.
==>SEGUE

Acqua chiara e tranquilla,
Sul tuo margine io seggo; il ciel sereno
Veggo in te rispecchiarsi, e nel tuo seno
Dagli occhi miei piove unamara stilla.


PRIMAVERA

Torna laprile e si rinnova il mondo,
E tutta un riso la natura appare:
De primi fiori inghirlandate, o care
Fanciulle, il crine inanellato e biondo.

Torna laprile ed in leggiadre gare
Apre natura il suo spirto profondo:
Sciogliete, o care vergini, a giocondo
Inno le voci armoniose e chiare.

Esultate, esultate al dolce orezzo.
Ch a voi saddice e a vostra et fiorita,
Obblivosa di una certa sorte:

Non a me, cui d noja e fa ribrezzo
Questo rigoglio di novella vita
Intesa solo a preparar la morte.

PALLIDA MORS

Mentre intorno ai fioriti e scintillanti
Deschi sediam entro dorata sala,
E dalle tazze traboccanti esala
Il sonoro e gentil spirto dei canti;

Mentre ferve la gioja, e accende il volto
Alle fanciulle e scalda il sen di neve,
Dietro i serici arazzi il passo greve
E il riso acuto io della morte ascolto.

E gli occhi, pieno di sgomento il core,
Ficco nel viso a un oruol beffardo,
E il negro, maledetto indice guardo
Per langusto volar cerchio dellore.

Mi guardo a fianco, e sullamata fronte
Veggo di tratto inaridir le rose,
E spegnersi il balen dellamorose
Luci che al mio piacere eran s pronte

Illividir le tempie ed il soave
Labbro farsi di gel, sciorsi le chiome,
E sulla sedia arrovesciarsi, come
Morto, il bel corpo illanguidito e grave.

E mi sagghiaccia il cor; falso n vero
Pi non discerno, non rido, non piango;
Ma, con le braccia al sen, muto rimango,
Immobile, a guatar lempio mistero.
PENSIERO FULMINEO

Talora, quando pi secreta e folta
La notte incombe e lemisfero tace.
Io, da vana deluso ombra di pace,
Gli sparsi miei pensier chiamo a raccolta.

E la speranza suscito che giace
Sotto le antiche ceneri sepolta,
E di tesser mi studio anco una volta
Bella vita il sottil sogno fallace.

Ma dimprovviso, s chio non lavverto,
Piomba dallalto sulla mia follia
Fulminando il pensier dellinfinito:

Dissipa il frale e dilicato ordito,
E lascia dentro a me lanima mia
Fatta un gorgo di mar, fatta un deserto.

SPERANZA

Immobilmente solitario e tetro
Lo sconfinato pelago si stende;
Alta in un cielo di spulito vetro
La luna come ammalata splende.

Di mezzo allonde morte una gran rupe
Di livido basalto alza le terga,
E orribil mostro par che dalle cupe
Profondit voraginose emerga.

L, bilicato sulla pietra bruna,
Si leva un brigantin; nessun sa donde
Venuto e come, n per qual fortuna
Lass lanciato dal furor dellonde.

Negro lo scafo; alle troniere i bruni
Cannoni stanno immobili allagguato;
Il dagramma delle tese funi
E degli alberi in ciel sembra segnato.

Di fulvo e terso rame una sirena
Rutila a prora e guata il ciel remoto:
Assicurata ad una gran catena
Pende ivi presso lancora nel voto.

Nella custodia di metal, diritto,
Sappunta lago allimmutabil polo:
Sovra la poppa a cifre doro scritto:
Speranza . . . . . . . . . . .

IN CHIESA

Per tre cupe navate
Di bieco stil sincaverna la chiesa,
Ai gran pilastri ed alle aguzze arcate
Di granito sospesa.

Un color di zaffiro
Scialbo lumeggia i vetri ai finestroni;
Dai frastagliati capitelli in giro
Pende il bujo a festoni.

Pari a stelle disperse,
Luccicanti nel mar del firmamento,
Splendono nella vana ombra sommerse
Le lampade dargento.

Sopra laltar maggiore
Un Cristo ignudo sulla croce gronda
Sangue, e, morente, sul trafitto core
Piega la testa bionda.

Tuona lorgano; varia
La formidal voce dalle vote
Canne prorompe, esultano nellaria
Le reboanti note.

Una voce soave
Di donna piange e con flessibil trama
Nellaria il rombo ondoleggiante e grave
Dellorgano ricama.


==>SEGUE
Trema in alto la volta;
Sotto, la fonda critta, ove una gente
Di morti innumerabili sepolta,
Rimugge cupamente.

Inconscio, ad una tetra,
Ignuda tomba il corpo mio saddossa;
Io sento il gelo della cruda pietra
Filtrarmisi nellossa;

Della rea morte il gelo
Filtrarmisi nel cor. Nelle trapunte
Nicchie pregan per me, con gli occhi al cielo,
I santi a mani giunte.




TRAMONTO

Muore il giorno; la muta aria non alita,
Lorizzonte sannuvola e si perde;
Brune sul cielo si disegnan larbori,
Saddensan lombre sullimmenso verde.

Freddo il mio core; intorno a me sabbujano
Le minacce del mondo e della sorte;
Di rimembranze il mio pensier rigurgita;
Trista lanima mia sino alla morte.

CICUTA

E te pur ama il generoso aprile,
Virulenta cicuta. Il sol, che infonde
La virt nella vite e nelle bionde
Messi, teduca e non ti tiene a vile.

Ti guardo e rido: oh strana cosa! e donde
Trasse Natura il tossico sottile
Entro il gracile stelo e nel gentile
Frastaglio inciso delle verdi fronde?

Ti guardo, e legro cor mi si dischiude.
E mi guizza un pensier dentro la mente
Siccome serpe in gorgo di palude:

Ti sia propizio il sole ed il veleno
Sia benedetto della tua semente,
Che dogni mal pi rio guarisce a pieno.



SAGGIO DI COMMENTO
AL PETRARCA

La vita fugge e non sarresta unora:
Messer Francesco, la sentenza vera.
Tempo fu chio men dolsi e che allaurora
Troppo vicina mi parea la sera.

La vita fugge e non sarresta unora:
Messer Francesco, pur verace il grido;
Ma lasciatela andare alla malora
Or che del suo fuggir mallegro e rido.
O NATURA!

Velata dea che formi, agiti, domi,
Con odii arcani e con arcani amori,
Io non intendo ci che tu lavori,
Non trovo allopre tue condegni nomi.

Tu sotto al pi del pellegrin, tra fiori,
Attorci il serpe, esizali aromi
Dalle corolle esali, in vaghi pomi
Stilli il velen delaborati umori.

Tu sirti occulte alla volante nave
Prepari, e gi dai lucidi Troni
Sciogli improvviso e ruinoso il vento;

Tu formi un petto candido e soave,
E dentro ascoso ad albergar vi poni
Un cor nato agli obbrobrii e al tradimento.

FEDE

E tu candida luna, irradavi
Il ciel di maggio, e la sparente scena
De gran monti nevosi, e la serena
Pace dellacque ove ti specchi e lavi.

E tu, gentile zeffiro giocondo,
Tripudavi tra le piante, e il molle
Inebbriante olezzo alle corolle
Givi predando e il polline fecondo.

Lungo i vali del giardin, davanti
Ai tassi bruni, ove a cantar si chiude
Il notturno usignol, nel marmo ignude
Biancheggiavan le ninfe e le baccanti.
==>SEGUE



Sopra lalto terrazzo, a canto a un plinto
Che il simulacro dellAmor reggea,
Sedean gli amanti insieme; egli le avea
Lun braccio al collo flessuoso avvinto.

E poi che il biondo capo ebbe a s tratto:
Oh come disse io brucio a te vicino!
Deh va, mi colma di fragrante vino
Il bicchier sacro allamoroso patto.

Ella sorrise e pronta volse il piede
Entro la stanza: ivi di lucidasse
Era uno stipo ondella il bicchier trasse
Di nitido cristal sacro alla fede.

E di vin lo colm; poscia di seno
Trasse unampolla, e con la man di neve,
Senza un sussulto, circospetta e lieve,
Vinfuse dentro linfernal veleno.

Ei bevve, e in premio sullamata fronte
Dieci e dieci stamp baci soavi:
E tu, candida luna, irradavi
Il ciel di maggio e la pianura e il monte.

Ei bevve, e dieci e dieci volte al core
Strinse il bel corpo tenero e lascivo:
E tu, gentile zeffiro giulivo,
Tripudavi tra le piante in fiore.

Ei bevve!... ahim, quale inaudito, orrendo
Strazio fu il suo! qual empia lotta! come
Mor! Non sospett: lamato nome,
Liniquo nome proffer morendo.


==>SEGUE
Ella il pianse e pi bella in veste nera
Apparve agli occhi damator novello:
Morigerate genti a cui favello,
Non mente il labbro mio, la storia vera.

MARE INTERNO

Lanima mia superba fatta un mare
Vasto, profondo, senza suon, senzira;
Si stende il flutto quanto locchio gira,
N terra alcuna allorizzonte appare.

Dallincurvato ciel nellonde amare
La fredda luna con terror si mira,
E mai sopresse laquilon non spira
Suscitator di fortunose gare.

Gi nel profondo, in tenebroso orrore,
Chiude gli avanzi dun perduto mondo,
Occulta lopre delliniqua sorte;

Citt sommerse, inabissate prore,
Inutili tesor buttati al fondo,
Tutta una infinit di cose morte.
UN FIORE

Perch, pallido fior, solo hai diletto
Degli ermi luoghi ov silenzio e pace?
E dove pi nereggia il bosco e tace
La valle ivi ti stai solo e negletto?

La rosa al Vizio orna le tempie e il letto
Profuma ove il Piacer disteso giace;
Ma quel che piace ad altri a te non piace,
A te che segui pi gentile affetto.

E ti raccogli sulle tombe, al rezzo
Degli alteri cipressi, e spargi ai morti
La carit del tuo soave olezzo.

Umile, casto, pio! ben veggo io certo
Che mano duom non teducava: gli orti
Fuggi, pallido fior, vivi al deserto.
E TU DOVERI?

Strinser le spade e saffrontr, le chiome
Al vento sparse, denudati i petti,
Belli entrambi e gentili e giovinetti,
Fregiati entrambi di superbo nome.

Muta, glacial copria la notte il mondo:
Di l dal pian che dalti olmi simbosca,
Fra bieche nubi, accipigliata e fosca
Scendea la luna al curvo cielo in fondo.

Guizzan quai serpi inveleniti i brandi,
Lunelsa allaltra si raccoglie e serra,
De due feroci combattenti in terra
Si stendon lombre paurose e grandi.

Balza e rifulge lo schermito acciaro,
E si raddrizza incontanente al core:
Giovani entrambi sono e dun valore,
Nellarte iniqua ammaestrati al paro.

Udiste un grido, udiste? ambo fuor fuora
Trafitti a un punto, ambo riversi al suolo!
Udiste il grido lor? fu un grido solo;
Ambo chiamar morendo Eleonora!
==>SEGUE


E tu doveri allor, bella dal bianco
Petto, dal volto angelico e soave?
Tu dagli amplessi estenuata un grave
Sonno dormivi daltro amante al fianco.

QUIETE

Una quete affascinata e stracca
Saddensa e poltre nel mio cor, qual suole
Nel fondo gi di tenebrosa lacca
Unacqua morta che non vegga il sole.

Da tutto ondaltri si rallegra o duole
Il mio pensier, la vita mia si stacca;
Un d pasciuto di superbe fole,
Or nel mio petto anche il desio si fiacca.

Io sento svaporar tacita e cheta
Lanima mia come un licor sottile
Chiuso in un vaso di porosa creta.

Senza romor, senza dolor svapora:...
Cos mi veggo, oh nova cosa e vile,
Morir giorno per giorno, ora per ora.

SIMULACRO

Dal marmoreo fonte
Ritto si leva il bianco simulacro:
Ancora par che dal selvoso monte
piana scenda al gelido lavacro.

Le fredde ignude membra
Un arcano e sottil spirito avviva:
Ancora sui divini omeri sembra
Che balzi e suoni la faretra argiva.

Sotto larco del ciglio
Immobilmente la pupilla guata,
Guata dellonde il lucido scompiglio
E lozosa danza interminata.

Sulla fronte superba
Unombra di pensier tacito vaga,
Misteroso desiderio, acerba
Reminiscenza, fantasia presaga.

Dimmi, ricordi i chiari
Gioghi dOlimpo, il ciel liquido immenso?
De numi il lieto popolo, gli altari
Su cui bruciava lodorato incenso?
==>SEGUE
Ricordi tu le selve
Dense, al fragor dellirruente caccia
Alto sonanti, e le inseguite belve,
E i can travolti sulla lunga traccia?

Ricordi i lieti e vaghi
Recessi dove dal sanguigno ludo
Posavi? i monti solitarii, i laghi
Ove immergevi il divin corpo ignudo?

Ricordi i baci ardenti
DEndimone e il venturato scoglio?
Del mal vinto pudore i turbamenti
Soavi e il novo femminile orgoglio?

Ricordi ancora? Or dove,
Dov quel tempo e quel felice mondo?
Ove il tuo culto e il nume tuo giocondo,
Superba figlia dellegioco Giove?

Buon per te che sei morta!
Il pellegrin dolente e affaticato
Ti passa innanzi, e meditando il fato
De numi erge la fronte e si conforta.
TESCHIO

In mezzo a una pianura erma e scoverta
Sorge la gran piramide dun monte,
Che, solcata da fulmini, la fronte
Avventa al cielo minacciosa ed erta.

Luom di lass potria mirar le glorie
Di cinquanta citt; opere e fasti
Dantiche genti, alte ruine e vasti
Regni, teatro di famose istorie.

Sopra una guglia dritta acuminata,
A cui laquila il vol drizzar non osa,
Un teschio ignudo e solitario posa,
E muto spettator dallalto guata.

E pensa? E par cos meditabondo!
E cos triste! O nudo teschio e vano,
O teschio pien dun gran pensiero arcano,
Dimmi, per dio, che pensi tu del mondo?
VECCHIO TRONCO

Buja e fredda la notte; la gelata
Piova flagella i vetri e il tetto innonda:
Entro lampio camin la rubiconda
Fiamma salza ronfando e si dilata.

Sopra la bragia incandescente fuma
Un vecchio tronco di betulla; geme
Riarso il legno, e fuor da capi spreme
Mista a denso vapor candida spuma.

Con le pupille spalancate e muto,
La feroce io contemplo opra del foco;
Guardo la fiamma e in mente a poco a poco
Mi torna il tempo giovenil perduto.

Ed ecco, sulla ruvida corteccia,
Cui gi morde la fiamma, a un tratto io miro
Sculti due nomi e insiem legati; in giro
Come di mirto un ramoscel sintreccia.

E mi sobbalza volento il core,
E pi da presso a riguardar mi faccio:...
Il suo nome, il mio nome, ambi in un laccio;
Tutta la storia del mio primo amore!
==>SEGUE
Nel ribollir del subitano affetto
Liniqua fiamma a spegnere maccingo,
Poi tosto indietro quel pensier respingo,
E immobil resto con le braccia al petto.

Oh, vecchio tronco! il bel tempo giocondo,
La felice stagion, quando levavi
Fronzuti i rami al ciel, quandombreggiavi
Il suo candido viso, il capo biondo!

Brucia, povero tronco! ormai la balda
Giovinezza svan; spenta la lampa
Della mia vita ormai! brucia, divampa,
Anco una volta il freddo cor riscalda.

Fiammeggia il legno, e fuor da capi spreme
Lultime stille, e di morir si duole:
Io guardo e taccio, e il volto mio due sole
Stille di pianto van rigando insieme.
FANTASMI

Mezzanotte: fremendo loruolo
I lenti squilli nel silenzio esala;
mezzanotte; pensieroso e solo
Io seggo in mezzo alla profonda sala.

Splende dun lume abbacinato e fioco
Delle finestre il gotico traforo;
Come una nebbia di stemprato foco
Raggian nel bujo i lacunari doro.

Nel ciel cui spazza il gelido rovajo,
Dietro i frastagli duna guglia bruna,
Come uno scudo di forbito acciajo
Il disco sale della colma luna.

mezzanotte; una mortal quiete
Il freddo e sonnolento aere ingombra;
Un organo saddossa alla parete,
E con le terse canne allista lombra.

Io guardo innanzi a me lo steso arazzo,
E a poco a poco, trasparenti e pure,
Veggo apparir sul fondo pavonazzo,
Colorirsi e passar care figure.
==>SEGUE
Larve di donne innamorate e morte,
Coronate di gigli e damaranti,
Belle, soavi, in dieta estasi assorte,
Piene di carit nei lor sembianti.

Passan lente e leggiere, in compagnia,
E tornano a vanir nellaer scuro;
Io veggo la dipinta anima mia
Istorarsi a mano a man sul muro.

Lorgano si ridesta; entro le cave
Trombe gorgoglia un gemebondo fiato;
Trema un canto nellaria arcano e grave,
Il canto della morte e del passato.

MARE

Amo limmenso, amo il fluido prodigio,
Linvitto mar, la gran menzogna verde,
Ove il nembo si culla, ove si perde
Lerrante prua senza lasciar vestigio.

Il bacio suo morde il granito e il forte
Acciar corrode: tirannia deroi,
Culto di numi non conosce; i suoi
Flutti pugnaci volvono la morte.
==>SEGUE


Egli indura la perla ed alla mole
Mostruosa dellorca alito infonde:
La superficie sua sfolgora al sole,
Orrendi arcani il cupo gorgo asconde.

Dal grembo inesauribile disserra
Il tonante vapor; dal ciel sommerge
I lati campi, e fulminando sterge
La polve e il sangue alla mavorzia terra.

E rimorsi non ha, non ha memorie!
Inconscio canta ai curvi lidi, ai franti
Scogli, alle grotte, allOrse fiammeggianti,
Linno sonoro delle sue vittorie.

PLANCTUS MUNDI

Nel mezzo della notte un grido orrendo
Mi rompe il sonno e lanima mintrona;
Balzo nel letto, incurvo la persona,
Pien dansia e di terror lorecchio tendo.

Fuor dal balcone appar nitida e liscia
La gran volta del ciel; la notte cheta;
Lucon le stelle, unignea cometa
Obliquamente il cupo etere striscia.
==>SEGUE
Arturo Graf - MEDUSA - Libro I
Sognai: sepolte son le dolorose
Creature nel sonno, e tace il mondo:
Lanima sol mi fiede alto, profondo,
Il pianto, ahim, delle universe cose.




REPULSA

Inver damarvi sarei vago: e quale
Donna ebbe mai quellincantevol riso?
E quale un pi che fosse al vostro eguale?
Deh, non chinate per vergogna il viso!

In voi cosa non che non maggradi,
E di potervi amar sarei pur lieto;
Ma come ho a far (sentite un gran segreto)
Se il core io me lo son giocato a dadi?

SCHERZO DI NATURA

Il mar senza confin ride in bonaccia,
Sullonde azzurre il chiaro sol balena;
Per laria un dolce venterel si sfrena
Che lungo soffia i nugoletti in caccia.

Sicuro i flutti un gran naviglio fende
Che tutte mostra le sue vele fuora;
Risplende in oro la tagliente prora,
Di spume a poppa un strascico si stende.

* * *
Il mar simbruna, il mar rugge in tempesta;
A soqquadro va il ciel tra lampi e tuoni;.
Corron dinanzi al vento i cavalloni
Drizzando in alto la bavosa cresta.

Pugna la nave conquassata e stracca,
Simprua, straorza, sobbalza, saffonda;
Cupa rintona sui gran fianchi londa,
Dopo luno laltralbero si fiacca.

* * *
==>SEGUE
Il mar senza confin ride in bonaccia,
Sullonde azzurre il chiaro sol balena;
Per laria un dolce venterel si sfrena
Che lunge soffia i nugoletti in caccia.

In fondo al mar, sopra larena giace
Lo scafo enorme, e sur un fianco pesa:
Pel cassero qua e l sparsa e distesa
La ciurma amica al ciel riposa in pace.

DESIDERIO

In malora, spiccatevi dai panni!
Che mho da far di vostra compagnia?
Mi va per capo unalta fantasia;
Esser morto vorrei da tremilanni.

Morto, ma non sepolto: e non c caso;
Odio lingorda, maledetta fossa,
Laria tufata, lumido nellossa,
E la villana polvere nel naso.

Vorrei giacer sul vertice dun monte,
Lungo disteso, o in mezzo a un verde piano,
E che dintorno a me vestigio umano
Non si scoprisse insino allorizzonte.
==>SEGUE


Potrei passar per un eroe di Troja,
E mi starei senza fiatar, contento,
Al sole, allacqua, alle brinate, al vento;
Non credo gi che mi darebber noja.

Me ne starei come un bambino in culla.
Come un bambino addormentato e cheto;
Laria avrei di covare un gran segreto,...
E il gusto, ahi dio, di non pensare a nulla.

DI CARNOVALE

Cos, simile ad uno
Spirito fulminato,
Quando il giorno si spegne e nellarcato
Cielo saddensa il bruno

Aere; a capo basso
Per le piazze, pei trivi,
Ove si mesce il popolo dei vivi,
Traggo lo stanco passo.

A me dattorno ondeggia
La moltitudin varia;
Di risa e motti un sonito nellaria
Vivo e festoso echeggia.
==>SEGUE

Intorno a me di mille
Fiamme un barbaglio acuto,
E gale e pompe e scintillar minute
Di gemme e di pupille.

Erompono dagli atri
Rumoreggiando i cocchi;
Volan le belle a folgorar con gli occhi
I lucidi teatri.

Traggono i lieti cori
Alle ritmiche danze,
Sogni intrecciando, volutt, speranze,
Desiderii ed amori.

Pallido, affranto, muto,
Tra i felici sol io,
Trascino il passo, memore del mio
Paradiso perduto.

E alcuno in me rivolto
Guata e maccenna altrui,
E dice: Mira; chi sar costui
Cha la morte nel volto?
INFINITO

Come un antico, lacerato legno,
Che per ignoto mar, con dubbio evento,
Fugge dinanzi ai cavalloni e al vento
Ed al suo corso non pu far ritegno;

Cos, dansia ripieno e di sgomento,
Fugge pugnando il mio spossato ingegno
Via per il mar dellinfinito, e un segno
Indarno spia che il guidi a salvamento.

E gi sopresso errando alla fortuna
Guizzar vidio come brandite lame
Orrendi mostri dentro londa bruna;

E il fiotto udii delle travolte et,
E sotto cieli di corrusco rame
Tonar la voce delleternit.
RIMEMBRANZA

Cheta la notte, vaporosa e grande
Dal mar la luna emerge;
Dal ciel stellato la rugiada lacrima,
E il volto mio di freddo pianto asperge.

Per la schiena del monte in gi si spande,
Silenzosa e cupa,
La selva dei castagni: orrido, livido,
Quinci uno scoglio in acqua si dirupa.

Una soave rimembranza amara
Dentro dal cor mi preme;
Su questa pietra or son dieci anni, un secolo,
Su questa pietra sedevamo insieme.

Ahim, compagna mia, gentile e cara
Compagna, ove se ita?
Vedi come dangoscia ho piena lanima,
Vedi la vita mia com smarrita.

Lingrato mondo conoscesti appena,
E molti a te gli acerbi
Anni sembrr; volasti a miglior patria
Ove di me nulla memoria serbi.
==>SEGUE
Cheta la notte, vaporosa e piena
La luna in mar simmerge;
Piove per laria la rugiada in lacrime
E il volto mio di freddo pianto asperge.
_________________________
SANGUE

Strano licor! nellinfingarda creta
Qualarte arcana, qual poter tinstilla?
Vive per te la sciagurata argilla;
Vive: il ciel pu saper quanto n lieta.

Nullo acume di mente o di pupilla
Pu penetrar la tua virt secreta;
Bagni linerte fibra e irrequeta
Vampa limperscrutata anima brilla.

Tu fomenti il pensier; dal cor profondo
Reggi estuoso della vita il gioco,
Mesci gli affetti in turbolente gare.

Strano licore! ogni tua stilla un mondo;
E non conosce i tuoi fervori il foco,
E non conosce le tue rabbie il mare.
OH, MIO CORE...

Maggio ridea. Degli uccelletti il canto
Sudia trillar per la campagna aprica:
Dun verde faggio la mia dolce amica
Sedeva allombra ed io le stava a canto.

Gi saettando il sol di tra le fronde,
Doro la cerulombra intarsava,
Che obbedente al zeffiro vagava
Sul niveo collo e sulle trecce bionde.

Via per il prato con gentil contrasto
I gigli sarruffavano e le rose;
Su per lerta montagna, orrido, vasto,
Saliva il bosco delle querce annose.

Maggio ridea. Lento cadeva il sole
Imporporato; e nelle nostre intanto
Anime accese Amor cantava un santo
Inno di ciel che non avea parole.

Oh mio core, mio cor! Fosco il gennajo
Di tetre nubi ravviluppa il cielo:
Traverso ai rami carichi di gelo
Lugubremente sibila il rovajo.
==>SEGUE
Oh mio core, mio cor! La neve lerto
Monte ricopre e la campagna rasa:
Misero e solo nella vota casa
Io piango innanzi al focolar deserto.

Oh mio core, mio cor! Via per la folta
Nebbia svolazza il passero a fatica:
L, dietro il monte, la mia dolce amica
Dentro laspro terren giace sepolta.

O TITANO!

I.

O tu, che oppresso dallorribil pondo,
Espii la colpa del superbo zelo,
Titano, antico oppugnator del cielo,
Cui troppo dolse a Giove esser secondo:

Non morir, non languir; lo spirto anelo
Raccogli e stringi intorno al cor profondo,
Lalta virt che fu s nova al mondo
Nel foco attempra e nel contrario gelo.

Non morir, non languir; sia men tenace
Di te l destin: chi sa che tu non possa
Anco levar lindomita cervice?

Non disperar, non chieder tregua o pace:
Non sempre forse innanzi a Pelio ed Ossa
Chiuso il ciel rimarr santo e felice.
II.

Il ciel santo e felice, almo retaggio
Del superbo Titan, nobile e chiara
Patra da cui fato empio il separa,
O pena forse di negato omaggio.

Folgorato divin! tempra lamara
Doglia e lo sdegno dellingiusto oltraggio:
Ai sommi giova anco del mal far saggio;
Le forti vie della sventura impara.

Vivi, soffri: potrai novella guerra
Tentar, rifatto dalla tua fornace,
N verr meno il premio al santo zelo.

Figlio non di questignobil terra
Chi la terra abborrisce, e senza pace
Tutte dirizza le sue brame al cielo.
TENTAZIONE

Sulla cima dun negro, orrido monte
Mi sollev lo spirto maledetto:
Immenso, tetro, duniforme aspetto,
Si girava allo intorno lorizzonte.

Io covava non so quale bugiarda
Speranza in fondo al core; egli uno strano
Riso frenava; luncinata mano
Allomero mavvinse e disse: Guarda.

E dimprovviso una sulfurea luce
Illumin la livida pianura,
Scoprendo unopra dinfernal fattura,
Nel proprio sfoggio paurosa e truce.

Sparso giacea della gran valle in fondo
Un vario, innumerabile tesoro,
Quanto misura la vilt delloro,
Quanto si merca e si baratta al mondo.

Grave sentii sopra la mia cervice
La vergogna pesar; Satana fisse
Gli occhi grifagni nel mio volto e disse:
Fatti ricco a tua posta e sii felice.
==>SEGUE
Ed io a lui: O spirito mendace,
Qual pro mavrei dal benefizio infame?
Non sai qual sia tu del mio cor la fame?
Dannato, dammi, se tu puoi, la pace.

Oh bugiardi fantasmi, oh vane larve,
Come tosto svanr! Squillando un riso
Di scherno e di trionfo il genio inviso
Si trabocc dallalto monte e sparve.

E fu silenzio. Dirupato ed erto
Dal pian si leva, il monte; un mar dasfalto
Allorizzonte affronta il ciel; dallalto
La torva luna illumina il deserto.

MORITURI SALUTAMUS

Salve, fulgido sol! Dai verdi prati
Ove tingi la rosa e il vin maturi,
Dagli aspri solchi di sudor bagnati,
Dai cavi spechi, dai superbi muri,

Dalla terra, dal mar, dovunque ai fati
Empii largilla sciagurata induri,
Noi salutiamo il sol, memori, grati,
Noi rifiuto del ciel, noi morituri.

Tu di tua gloria il vasto etra riempi;
Polve ed ombra noi siam; dissipa il vento,
Sterge la pioggia ogni memoria nostra.

Tu divino, immortal, partisci i tempi;
Noi contrastiam fremendo, in vil cimento,
La vita allora che in passar ci prostra.

LO SPECCHIO

Nella mia cameretta ove lamica
Luna dal ciel traguarda e il sol morente,
Sovra il camin pende uno specchio, antica
Darte venezana opra lucente.

Limmacolato vetro intorno intorno
Di negro legno una cornice accoglie,
Ove industre scalpel, con stile adorno,
Fiori e frutta intagli, viticci e foglie.

Dempia Medusa al negro cerchio in cima
La turpe faccia boccheggiar si vede;
Sculta nel legno e viva altri la stima,
E dallaspetto orribile recede.

Lo specchio dun baglior pallido brilla
Da soli antichi nel cristal piovuto:
Oh, la sua grande, immobile pupilla
Sa dio le orribil cose che ha veduto,

Nei marmorei palazzi, entro secrete
Stanze, o di simulati usci pel vano,
Lucida e tonda in mezzo alla parete,
Che sorda, muta, custoda larcano!
==>SEGUE


Or pi non serba e non respinge indietro
Larva n segno del veduto mondo;
Lucido, eguale, immacolato il vetro
Si stende come un lago senza fondo.

Talor mi pongo a riguardar furtivo
Entro il suo lume, quando il giorno muore,
E nel vedermi, e nel sentirmi vivo,
Dorror mi riempio, mi sagghiaccia il core.

E lempia Gorgo mi saetta addosso
Latroce sguardo e mi trapassa drento;
Vorrei fuggire e il pi mover non posso.
Immobil guardo ed impietrar mi sento.

NAUFRAGHI

Linterminabil mar gurgita e rugge,
Spumeggia londa incavallata e bruna,
Pel ciel la nube lacerata fugge,
Guizza sui flutti la sanguigna luna.

Volta di sbieco la sottil carcassa.
Con tutte quante le sue vele al vento,
Balza sullonde sgominate e passa
Come una visone il bastimento.

Addio, speranze mie, figlie del nulla,
Amori nati e non cresciuti, addio;
Con voi sdegnosa londa si trastulla;
Ah, potessi con voi perdermi anchio!

Linterminabil mar gurgita e rugge,
Incalza il vento con selvaggia foga,
Pel ciel la nube lacerata fugge,
La torba luna gi nel mar saffoga.



O AMLETO!

Amleto, dove sei? forse un pi lieto
Mondo taccoglie e in pi felice stato?
Sempre mi sta dinanzi agli occhi, Amleto,
Quella figura tua di sotterrato.

Dimmi; che fai, terribile, faceto
Zimbel del caso e correttor del fato?
Dimmi; ti d ancor noja il tuo secreto?
Dimmi; ti duole ancor dessere nato?

Ahim, che gel sentio dentro dellossa!
La ragion mi vacilla! Orrende fole
Si raccontano, Amleto, in Elsinora.

Dimmi, dimmi, per dio; l, nella fossa,
In quel bujo esecrato, onta del sole,
il sonno senza fin, si sogna ancora?
LELISIRE DELLA VITA

Sapre sotterra affumicata e tetra
La stanza nella selce aspra scavata,
Reggon la volta bassa ed affogata
Quattro pilastri di massiccia pietra.

Da un angusto spiraglio a fior di terra
Filtra del sol lattenuato acume,
E scorger lascia in pallido barlume
Quanto la stanza nel suo grembo serra:

Una confuson di strani arnesi,
Croguoli e trepi, lambicchi e storte,
Stromenti dogni forma e dogni sorte,
Buttati a terra, alle pareti appesi.

Lalchimista in un angolo seduto
Dentro un gran seggiolon di cuojo rosso;
Ha una zimarra di broccato in dosso,
Ha in capo una berretta di velluto.

Tutto egli par nella lettura assorto
Dun vecchio zibaldon vergato a mano;
Sembra che stia scrutando un grande arcano,
E son pi di trecento anni ch morto.
==>SEGUE


Le vote occhiaje trasognato sbarra;
Credo cerchi nel libro una ricetta:
Gli guazza il capo dentro la berretta,
Lossa aguzze gli bucan la zimarra.

Nella destra scarnata ed aggranchita
Stringe unampolla; un sedimento giallo
Dentro vappar; sul fragile cristallo
Evvi scritto: Elisir di lunga vita.

ASCOLTA

Quando sarai sepolto
Speri tu daver pace eternamente?
Speri tu nella morte e nel niente?
O stolto, o stolto!

Quando sarai disciolto
Da quelle membra speri tu che infranti
Sieno per sempre i ceppi tuoi pesanti?
O stolto, o stolto!

Porgi a miei detti ascolto:
Questo servaggio non finisce mai.
Non morrai, non morrai, n poserai
Poco n molto.
==>SEGUE


Pagina a cura di Nino Fiorillo == e-mail:nfiorillo@email.it ==
 
Arturo Graf
(1848-1913) e
Giacomo Leopardi (1798-1837)
_________

di Ayleen Boon
__________________
Arturo Graf, poeta marino

A differenza di Leopardi, Graf cerca il suo conforto nel mare fermandosi alla sua  superficie. Lo scrittore propone a se stesso un viaggio mentale, un viaggio verso la  morte, la quale viene impersonificata nella Medusa. Analizzer in questo capitolo tre poesie della raccolta Medusa (1880) e studier come nelle poesie il poeta ha descritto e  usato il suo topos.
Graf si fatto ispirare fortemente dalle tendenze romantiche  ottocentesche e dal profondo pessimismo di Leopardi; egli cant gli aspetti pi tragici e  angosciosi della vita con una predilezione per il tema del dolore desolato, della morte e  del vuoto che cerchiamo di analizzare nelle sue poesie nel prossimo capitolo. La  posizione dell'uomo contro la natura mostra il dubbio del poeta nel capire l'universo.
Questi pensieri sono allora gli stessi come da Leopardi: tutti e due mettono la natura in  contrasto con l'uomo e vedono che l'uomo impotente in confronto con la natura. La  differenza che Leopardi ci riesce ancora a godere la bellezza della natura, e Graf no.  L'ultimo poeta ha fresca nella sua mente l'eruzione del Vesuvio nel 1826 e vede la  natura semplicemente come un mostro. Non ammira pi, come da Leopardi, delle piante  tipiche (pensiamo alla poesie La Ginestra., in cui ammira una tipica pianta, gialla e  forte) e dei bei colori naturali. Da Graf, i paesaggi sono sempre tetri e misteriosi; Il mare  impenetrabile e le descrizioni della barca e il paesaggio sono infernali e squallidi.  Queste descrizioni dei paesaggi tardo-romantici evocano sentimenti di solitudine, paura  e un presagio infausto.
Graf non sempre ci riusciva a trasmettere il suo sgomento in immagini poetiche, perch  spesso bloccava la sua ispirazione e veniva preso dall'ansia di chiarire a se stesso il  destino della vita e la miseria umana. Egli era convinto che la vita era senza scopo o  significato. Neanche la fede, a cui anelava per liberarsi dai dubbi e superare il dolore, riusc mai a calmarne l'anima e l'intelletto. Questi tipi di immagini e pensieri  presentano un allontanamento dalla fusione romantica dell'uomo e la natura ed erano  gi presenti nei lavori di Leopardi: la natura non pi un testimone per l'essere del  poeta, ma una presenza indifferente e contraddittoria. La solitudine dell'uomo (e  anche di Graf) centrale, si potrebbe dire una solitudine Leopardiana.. Lo stile poetico  di Graf rivela l'influenza del pathos malinconico dei poeti decadenti, specialmente  Baudelaire. Graf ha avuto sempre una componente malinconica, forse perch si   trasferito continuamente e ha avuto una giovent molto inquieta, oppure forse a causa di  una malattia psichica che bilancia con la disciplina e con lo studio. I versi giovanili   della sua raccolta Medusa (1880, prima edizione) - uno dei lavori pi importanti del  poeta- ci mostrano tanti aspetti del simbolismo: la poesia intesa come storia di eventi  spirituali ed eco di misteriosi movimenti cosmici, e questi eventi e movimenti formano  per Graf oggetti simbolici che hanno tutti un significato magico, come per esempio il  vascello fantasma che rappresenta la ricerca della verit. Per il poeta agli uomini le cose  sembrano luminose e serene ma in realt portano distruzione e morte. Quest'ultima  faccia delle cose la si arriva a comprendere solo alla fine del percorso della conoscenza,  quando cio si arriva a guardare la realt nel loro essere, dunque senza qualcosa che le  nasconda: l'annullamento dell'essere. Graf riprende spesso il tema della Medusa, la  quale il principio di morte e pietrifica la persona che osa guardarla.
A parte le influenze romantiche e decadentistiche, la sua poesia stata anche influenzata  dai poeti della Scapigliatura e contiene caratteristiche come la morbosit, la tristezza e  l'ironia malinconica. Graf sviluppa l'elemento malinconico sviluppato dai poeti della  Scapigliatura: le poesie di Graf sembrano essere di un carattere pi serio e grave, senza  una attenuazione ironica o passaggi fortemente drammatici. Graf cos genera uno stile  poetico unico che combina un mondo antico con uno moderno che sta cambiando  velocemente e armonizza le influenze del passato per esprimere la sua voce  malinconica. Per il suo periodo Graf unico ed avanti nel modo di trasformare le forme naturali in  immagini o simboli. Ma proprio per questo motivo, nella sua poesia l.altra caratteristica  del decadentismo, l.estetismo, viene dimenticata: i simbolisti cercavano la realt  nascosta, il perch della vita, esprimendosi nelle sue poesie. Invece dai Decadenti  l'estetismo, la bellezza nella poesie che deve esser realizzata su tutti i fronti (forma e  contesto) senza pensare troppo ai pensieri interiori o la verit, centrale. Graf si fa  ispirare dal pittore svizzero e simbolista Arnold Bcklin, che include nei suoi lavori  anche il tema della morte orrenda. Il decadentismo in Graf allora molto particolare.  Ma, inaspettatamente, egli non rispetta sempre lo stile del classicismo bockliniano ma  usa anche frasi degli scrittori come Dante; Dante preferisce il pathos sopra l'estetica  nella poesia, che una caratteristica che appartiene pi al romanticismo. Quindi si  potrebbe dire che Graf non trae solo elementi da una corrente. In effetti non proprio un  romantico perch nella poesia di Graf si tratta di quella sensibilit complicata che i  simbolisti usano per descrivere la verit: come accennato prima, i simbolisti avevano  l'idea fondamentale che sotto la realt si nasconda una realt pi profonda e misteriosa  quindi nella poesia usano degli oggetti simbolici che hanno tutti un significato magico,  e le descrizioni dei paesaggi sono pi vaghe e indefinite. Esprimono le proprie emozioni  e stati d'animo, cercando la verit nascosta della vita umana. Quindi sembra di essere un  mix. tra il Romanticismo e un Decadentismo con le caratteristiche del Simbolismo,  per senza l'elemento dell'estetica. Graf rappresenta, come Leopardi, immagini  notturne, le quali vanno dal reale all'ultraterreno e all'immagine simbolica della nave  (che simboleggia la ricerca alla verit della vita) con le vele ammainate, vagando senza  meta. Il pessimismo di Leopardi era per Graf determinato dalla lirica, da motivi  filosofici, civili: Leopardi, nel suo pessimismo, cant gli aspetti pi tragici e angosciosi  della vita con una predilezione per il tema del dolore desolato, della morte e della  natura. Egli mette in contrasto l'uomo e la natura che anche tipico romantico come ho  spiegato prima. In Graf c' la crisi del positivismo (una corrente nella seconda met di  Novecento che caratterizza la positivit della scienza), la coscienza della contraddizione  tra memoria delle idee e dei sentimenti, tra bello e vero, tra realt e finzione, come in  Leopardi la crisi dell'Illuminismo.

Il ruolo del mare in Medusa e il mare come un luogo di conforto

Graf sta sempre cercando la verit, il perch. della vita. Sperando di trovarla, va spesso  ai margini di una citt presso un lago (siccome si trasferito spesso, non trovava sempre  il mare, soprattutto il suo Mare Nero), visto come luogo in cui compiere la sua ricerca  alternativa alla verit della vita. Graf usa l'acqua per riflettere; fa un viaggio mentale  guardando la superficie dell'acqua. Un viaggio, come lo fanno in realt una barca e i  suoi marinai. Egli guarda nell'acqua e vede che essa non ferma quindi i contorni delle  cose riflesse si muovono. Mostra le immagini dell'effimero, rivela le forme fuggitive di  cui si perde traccia.. Anche se realizza questo, trova conforto in quel luogo perch l  pu riflettere e fare questo tipo di viaggio mentale. Per di pi, il lago conserva gli echi  soffocati e confusi di ci che un tempo fu riflesso; tutte le cose e le persone che nel  corso del tempo sono passate di l, come lui stesso ora, sono state riflesse. E il lago ne  conserva la memoria, anche se gli echi (quindi oltre a cose e persone anche voci) sono  soffocati perch passato del tempo. Sembra che in quel momento il tempo si fermasse  l. Cio l'acqua non vista solo in senso negativo (l'acqua che simboleggia la vita senza  scopo), ma anche in un certo senso positivo -per quanto possibile- perch appunto  l'acqua ha la funzione di uno specchio ed capace di richiamare il passato.
Mentre si sedeva ai margini di un lago, pensava ad una barca, un vascello fantasma, che  simboleggia la vita dell'uomo. Graf vede la vita come un viaggio in mare, andando in  qualunque modo- verso la morte. Per l'uomo ci sono due opzioni: naufragare, quindi  schiantarsi contro il Nulla, la qual cosa preferita da Graf, oppure restare in una fase  come di attesa, appunto come una nave con le vele ammainate, ferma. Potremmo fare  un paragone con l'Infinito.(pubblicata nel 1826) ne I Canti di Leopardi, in cui si parla  anche del naufragare nel mare. In quella poesia il senso dell'indefinito dello spazio la  siepe, la quale impedisce al poeta di guardare oltre il giardino e vedere cosa si trova di  fronte a lui. Per questo Leopardi si immaginato tutti i giorni cosa potrebbe esserci  dietro di essa. Pensa all'eternit, al mondo infinito che comincia dopo la siepe ma pensa  anche al tempo passato e quello presente. La frase il naufragar m' dolce in questo  mare. mostra il suo pensiero che tutte le cose reali naufragano nell'infinito e tutte le loro  imperfezioni sono contenute nelle perfezioni di quest'ultimo. Questo smarrirsi  nell'immensit dell'infinito come un naufragare in un mare aperto, soltanto in questo  modo l'anima del poeta trova la sua quiete in questo immergersi nell'infinito. C' una  differenza nell'uso di naufragare nel mare.. Entrambi realizzano che l'acqua del mare  mostra le immagini dell'effimero , che scompaiono nell'infinito del mare. Ma mentre  Leopardi si gode il momento del pensiero infinito, senza esser bloccato dalle cose reali e  godersi il momento del viaggio al passato, Graf con la sua mente pi razionale, viene  rimesso con i piedi sulla terra e conclude con l'idea pessimistica che la vita sulla terra  solo lo schantarsi contro il nulla. Anche se tendenzialmente andrebbe a schiantarsi  contro il nulla, Graf non lo fa perch ha anche una grande paura della morte e per questo  gli appare spesso la faccia di Medusa, che simbolo di morte. Quindi la gente   obbligata a prendere la seconda strada, a stare l ferma con le vele ammainate. Graf non  trova quest'ultima una buona soluzione perch in questo modo la vita viene prolungata  e si obbligati a vivere per un tempo ancora pi lungo una vita noiosa; una vita senza  scopo che rovina la mentalit dell.uomo. Per di pi, anche in quel modo si incontra la  morte solo un viaggio pi lento. Quindi egli disprezza l'esistenza ma l'unico modo per sopravvivere stare l nelle sue acque come una nave con le vele ammainate.

Conclusione

Arturo Graf un poeta eccezionale; come Leopardi abbiamo osservato che non   possibile inquadrare neanche Graf in una sola corrente. Cerchiamo di riassumere tutte  le diversi correnti dalle quali Graf ha preso degli elementi. Come ho detto all'inizio,  Graf scrive traendo spunti dalla poesia leopardiana; si fatto ispirare dal profondo  pessimismo di Leopardi che appartiene al Romanticismo; egli ha cantato gli aspetti pi  tragici e angosciosi della vita con una predilezione per il tema del dolore desolato, della  morte e della natura. Egli mette in contrasto l'uomo e la natura che anche tipicamente  romantico. Graf mette in dubbio lo scopo della vita terrena. Non solo la sua  descrizione di paesaggi desolati e cupi, ma anche l'ammirazione per poeti come Dante.  Egli usa versi della sua poesia per rendere le sue descrizioni pi dolci, perch tanti  passaggi contengono un'altra atmosfera, che presenta un allontanamento dalla idea  romantica: spesso descrive la natura come un mostro con le descrizioni tetre, scure,  terribili e tristi. Come ho spiegato prima, anche diverso da Leopardi, la natura non   pi un testimone per l'essere del poeta, ma una presenza indifferente e contraddittoria.
Una corrente che ha chiaramente influenzato Graf, il simbolismo. Come ho detto  prima, i simbolisti avevano l'idea fondamentale che sotto la realt si nasconda una realt  pi profonda e misteriosa quindi nella poesia usano oggetti simbolici che hanno tutti un  significato magico, le descrizioni dei paesaggi sono pi vaghe e indefinite. I simbolisti  esprimono le proprie emozioni e stati d'animo, cercando la verit nascosta della vita  umana. Queste caratteristiche tornano spesso nella poesia di Graf, come abbiamo visto. Il vascello fantasma come il simbolo per la ricerca della verit, una verit pi profonda e  misteriosa. L'altra e l'ultima corrente di cui ho parlato prima, la Scapigliatura.  Caratteristiche degli Scapigliati come la tristezza, l'ironia malinconica e la morbosit  tornano nella poesia di Graf. Potrei concludere qui allora che in Graf ci sono tante  contraddizioni: tra le idee e dei sentimenti, tra il bello e il vero, tra la realt e il sogno. 
______________________
Morir, posar t tolto:
Eternamente, con vece infinita,
Di forma in forma, e duna in altra vita,
Andrai travolto.

AFFOGATA

Lento il giorno spuntava: un freddo albore
Schiarava il ciel piovigginoso e bigio;
Un mattino, signor, pallido e grigio,
Duna tristezza che stringeva il core.

E mi par come jeri. Ella giacea
Qui sulla spiaggia, ove stravolta il mare:
Affogata lavean questonde amare;
Era morta e gelata, e non parea.

Anzi sembrava di sua sorte lieta.
Per entro al verde carico dellonda
Prosciolta si spandea la chioma bionda,
Grondava la sottil veste di seta.

A pensarci, signor, mi ci confondo:
O perch si sarebbella annegata?
Nessun sapea che fosse innamorata,
N che lavesse un dispiacere al mondo.
==>SEGUE



Anzi parea che non pensasse a nulla;
Era tutta allegrezza e tutta brio:...
Ah, nessun pu sapere altri che Dio
Quel che cova nel cor duna fanciulla.

Cos talvolta un ciel limpido e cheto
Cova in sen la tempesta. A farla corta,
Son gi quattranni che la bimba morta,
E nessun lha saputo il suo secreto.

Il suo secreto! O non si pu pensare
Che labbia detto al mar la poverina?
Io, signor, non avrei pari in dottrina
Se potessi saper quel che sa il mare.
IDEA

Da qual fonte prorompi, ovhai la foce,
Indomabile idea? Terribil suona
Per linfinito limmortal tua voce,
La volata eternit rintrona.

Lalma Terra di te, di te ragiona
Con arcano linguaggio il Ciel veloce;
Tu nella polve sdrai Giove e Latona,
Tu sul mesto Calvario alzi la croce.

Invadi, accendi la flessibil creta,
E Achille a Troja sol per te combatte,
Per te Minos bandisce leggi in Creta.

E come lievi caccia il vento e ratte
Le secche foglie, verso arcana meta
Cacci dinanzi a te le umane schiatte.
IL VASCELLO FANTASMA

Io lo vidi, io lo vidi! un mar di piombo
Senza voce, senzonda: in occidente
Il sol morente insanguinava il cielo,
Le bige nubi lacerando a strombo.

Io lo vidi, io lo vidi! i cupi abissi
Venia premendo, procedeva stanco,
Lenorme fianco arrotondava al sole,
Pareva un mostro dellApocalissi.

Laggi, guardate! In ogni parte sua
Negro lo scafo; avviluppata e nera
Una bandiera penzola da poppa,
Bieca si drizza una Medusa a prua.

Splendon vestiti di lucenti lame
Gli alberi smisurati; per le nere
Cave troniere luccicano in doppia
Fila i cannoni di color di rame.

A prora, a poppa, in cima agli alti fusti.
Ai gran canapi, su, stanno ammucchiati,
Stanno aggrappati i cento marinai,
Estenuati, pallidi, vetusti.
==>SEGUE
Il capitan coi cento marinai,
Scrutando il cielo, investigando il morto
Pelago, un porto invan spando, il porto
Sempre invocato e non raggiunto mai.

Cos lalto vascel naviga ed erra,
E se talor la nebbia allorizzonte
Simula un monte, stanco ed affannato
Si leva il grido: Terra, terra, terra!

Ma breve error gli spiriti soggioga:
Si dilegua il fantasma: orrida e grave
La negra nave in suo cammin procede,
E la Speranza dietro a lei saffoga.
LA FONTANA DI GIOVENT

Dietro un selvoso e dirupato monte,
Entro una valle piccioletta ed erma,
Tra faggi ed elci onde dal sol si scherma
Cantando sgorga dalla pietra un fonte.

Strana virt chiudon quellacque in seno,
Ch chi ne beve solamente un sorso,
Degli anni il rio fardel scote dal dorso
E giovin ridiventa in un baleno.

Torna alle membra il giovanil vigore,
Sabbella il viso e si rif giocondo,
Rihan le chiome il color bruno o biondo;
Solo a ringiovanir non torna il core.

Or chi vorr, chi vorr ber del fonte
Chentro la valle piccioletta ed erma,
Tra faggi ed elci onde dal sol si scherma,
Cantando sgorga dal sassoso monte?
SFINGE

Sola in mezzo al deserto,
Fuor della sabbia che intorno la stringe,
Il capo leva imperioso ed erto
La jeratica sfinge.

Sopra un ciel di berillo
Sembra il volto inscrutabile scolpito;
Serrato il labbro, il largo occhio tranquillo
Contempla linfinito.

Sugli orizzonti arcani
La Morgana ingannevole colora
Menzogna dacque e di virenti piani
Che lArabo innamora.

Trafelato, focoso,
A lei da torno il vento si travolve,
Levando in nembi, traendo a ritroso
La mortifera polve.

Passan uomini e dei,
Regni e citt; ella non par che muti;
Seminato il deserto intorno a lei
Di secoli caduti.
==>SEGUE


Tace, guata profondo!
Chi sa che cosa pel cervel le frulla?
Medita forse in un pensiero il mondo?
Medita forse il nulla?

MISTERO

O vecchio, o tristo, o sciagurato mondo,
Chi mi rivela il tuo fatal secreto?
Invano, ahim, linchiesta mia ripeto,
Invan lo sguardo nel tuo grembo affondo,

Invan mi faccio del pensar divieto,
Invan da te rifuggo, invan mascondo;
Stanco, afflitto, sgomento, irrequeto,
Io gir mi sento del tuo mare al fondo.

Ogni d pi la dolorosa ambascia
Il cor mi stringe; la funesta cura
Lo spirto anelo respirar non lascia.

Un freddo orror minveste e mi conquide;.
Io dangoscia mi muojo e di paura;
Linespugnabil tuo mister muccide.
ROVINA

Larici densi e brune querce a torme
Copron la valle; dirupati monti
Levano in giro laccigliate fronti;
Nel mezzo un lago di cristallo dorme.

Sopra unaltura, mezzo ruinato,
Sorge lantico, baronal maniero,
Deserto, grande, minaccioso e nero,
Spoglia degli anni, spettro del passato.

Ai volti aperti, alle finestre acute,
Saffaccia un bujo desolato e fitto,
Siccome agli occhi di superbo afflitto
Un pensier cupo di cose perdute.

Ma la memoria degli antichi onori
Sorvive al tempo e alla vicenda labile,
Storia illustre, leggenda interminabile
Darmi e di cortesie, dodii e damori;

Quando fra pompe di regal decoro
Scendean co paggi e gli scudieri ai fianchi,
Caracollando sui ginnetti bianchi
Le castellane dai capelli doro;
==>SEGUE


Scendean vestiti di lucente squamma,
Di ricchi drappi, di costosi vai,
Suglimbrigliati palafreni bai,
I baroni dai torvi occhi di fiamma;

E nella valle, sopra i verdi piani,
Traverso i boschi avviluppati e cupi,
Correa la caccia e rombavan le rupi
Dinni di trombe e di latrar di cani;

Quando in gare di giostre e di tornei,
Ne lieti giorni, i cavalieri armati
Fulminando correan per gli steccati,
Vincendo amori e glorie di trofei;

Quando a gente nostrana e a peregrina
Saprian corti bandite, e di lontano
Traeva ad esse il garrulo occitano,
E la bellezza vi sedea regina.
* * *
Sotto lantico ostel, dentro la mole
Densa dei tufi e delle spente lave,
Sapre un rigiro di profonde cave
Dove non scese mai raggio di sole.

==>SEGUE
I baroni dai torvi occhi col,
Le castellane dai capelli doro,
Entro centarche di sottil lavoro
Dormono il sonno delleternit.

ANGOSCIA

Ahim che angoscia, ahim che vil tortura
Egli , vivendo, daspettar la morte,
Contare i giorni, maledir la sorte,
Lore intesser di rabbia e di paura.

Ahim che angoscia andarne alla ventura
Su questo mar tumultuoso e forte,
E veder come le pi fide scorte
Il tempo inesorabile ne fura.

Amar pur ci che pi ne offende e nuoce,
Sperar pur ci che pi sperare insano,
Fuggire un mal ch pi di noi veloce;

Perder la mente e il core a brano a brano,
A inutile lamento alzar la voce,
Patir, pugnare, soggiacere invano.

IL SONNO DI CARLO MAGNO

Entro il cavo dun monte ermo e lontano,
In mezzo a un bosco pauroso e folto,
In magico sopor giace sepolto
Re Carlo Magno, imperator romano.

Ampia la grotta: con bizzarro sfarzo,
Di qua, di l, sammassano i graniti,
Pendono sino al suol le stalattiti,
Luccica intorno alle pareti il quarzo.

Siede a una mensa di zaffiro il veglio
Di strenua belt, derculee forme;
Appoggia ad una man la fronte e dorme,
E aspetta lora del fatal risveglio.

Appoggia ad una man la fronte stanca,
E aspetta chabbia il suo letargo fine;
Gi per le spalle gli discorre il crine,
Gli casca sino ai pi la barba bianca.

Sopra il suo capo saccavalla il monte,
Vaneggia intorno a lui la gran caverna;
Fuma nellaer cheto una lucerna
E il fulvo raggio gli balena in fronte.
==>SEGUE


A lui da canto, sulla bruna terra,
Splende come una luna il tondo scudo.
Manda lampi sanguigni il brando ignudo,
Che fu s noto e s temuto in guerra.

Rombo di vento, o fischio di sampogna.
Non pu passar del monte la parete;
Nella profonda attonita quete
Dorme re Carlo, il sir pregiato, e sogna.

Sogna il tempo che fu, sogna la valle
Ampia del Reno e linclita Aquisgrana,
Sogna la gente rea maomettana,
Sogna Orlando morente in Roncisvalle;

LAlpi varcate e lacclamante Roma,
Lambito onor del rinnovato impero,
La nominanza del regal guerriero,
Gli allori cinti sulla giovin chioma.

Sogna re Carlo, il franco imperatore,
E unamara stanchezza, un orror muto,
Un rimorso daver tanto vissuto,
Lanima gli urge, gli avviluppa il core.

==>SEGUE


Sogna, e la mente stanca e sbigottita
Gli si dipinge sulla fronte prona,
E la sua voce in un lamento suona:
Signore Iddio, mi scampa dalla vita!

FRA BENEDETTO

Povero cappuccin, quantanni avete?
Oh, come siete malandato e tristo!
Quantanni avete, fraticel di Cristo?
Dite la verit, non lo sapete.

Del mondo assai lanima vostra sazia;
Sa Dio quel che dovete aver patito:
Or tempo vi parra daver finito;
Se poteste morir lavreste a grazia.
* * *
Presso il gotico altar Fra Benedetto
Sta ginocchion dentro la bruna panca:
Come la neve la sua barba bianca,
Tien le aggrinzate man giunte sul petto.

Davanti a lui, fra quattro ceri ardenti,
Il Redentor, di spine incoronato,
Sanguina dalle membra e dal costato,
Guarda fisso co grandi occhi morenti.
==>SEGUE


Sotto la volta, in luminosi sfondi,
Istorato il paradiso appare;
Il popolo del ciel somiglia un mare,
Cantano osanna gli angeletti biondi.

Splendon di chiare immagini dipinte
Lalte finestre, la gioconda e tersa
Luce del sol pei vetri si riversa,
Bagna laria ed il suol daccese tinte.

Vota la chiesa; tra le scarne dita
Fra Benedetto snocciola il rosario;
Il martire contempla del Calvario,
Ricorre col pensier la propria vita.

Rivede gli anni gaudosi e chiari
Della sua giovinezza, un repentino
Rivolgimento, un singolar destino.
Anni dangosce e di rimpianti amari.

Vede una chioma inanellata e bionda,
Un dolce sguardo, un volto sorridente;
Di duolo e di piet fremer si sente,
Unamara dolcezza il cor glinnonda.

==>SEGUE
Guarda sotto la volta il paradiso
Con le pupille estatiche ed immote:
Due lacrime gli scendon per le gote,
Lanima sua sinvola in un sorriso.
* * *
Freddo il mattino, il sol non ancor sorto,
Il ciel si tinge di color di rosa;
Nel suo lettuccio il cappuccin riposa,
Nel suo lettuccio il cappuccino morto.

Il suo povero cor fatto di gelo,
Sulle sue labbra la preghiera tace:
O Cristo, non mentir, dgli la pace,
O Cristo, non mentir, aprigli il cielo.
SOLE

O divo Sol, che folgorando i voti
Spazii rischiari, e pei silenzii arcani,
Vibrando letra, con volute immani,
Superbo, enorme, formidabil ruoti;

Che fai? perch delloggi e del dimani,
Perch degli anni la vicenda noti?
Stanco non sei dei ponderosi moti?
Stanco non sei deglinfiniti vani?

Tu (n so la ragion) questa sostenti
Misera terra, e con funesti ardori
Bella vita il mortal seme fomenti.

Vedi tante miserie e non ristai;
Vedi tante vergogne e tanti orrori,
E ruoti sempre, e non toffuschi mai.
CORVO

Nel concavo emisfero
Del ciel la nebbia boreal si pigia:
Sotto la nube grigia
Appare il corvo come un punto nero.

Sovra il piano deserto
Stende la neve un gran lenzuolo bianco:
Un pellegrino stanco
Trascina alla ventura il passo incerto.

Qualche sfrondata macchia
Lugubremente impruna la pianura;
Avido di pastura
Sotto la nube il negro corvo gracchia.

Irretito dal gelo,
Vinto dalla stanchezza e dallambascia,
Il pellegrin saccascia;
Il corvo sopra lui tresca pel cielo.
SOGNA

Dorme e sorride, seminuda, volta
Sul curvo fianco: le amorose poma
Turgon sul petto niveo, disciolta
Innonda lforiglier la flava chioma.

Tutto scoprendo il suo gentil secreto
Sfavviluppa alle lucide colonne
Il padiglion; sul morbido tappeto
E.fian li presso le fragranti gonne.

Entro una spera lattea captivo
Vigila un chiaro spiritel di foco,
E fuor traspare irrequieto e vivo
In mezzo a un nimbo vaporoso e fioco.

Il vispo raggio balenando guizza
Sulle nitide lacche, e nel tormento
Dfincisi vetri si scompiglia e frizza
I labbri a due forbite urne dfargento.

Veste le mura un fulgido broccato,
Di tal color qual e un brunito acciaro;
Serpeggia sul tessuto amarezzato
Un filo d'foro luminoso e chiaro.
==>SEGUE


Alla vezzosa dormente un lieve
Sogno la svagolata anima illude;
Cresce londa ansosa al sen di neve,
Treman di volutt le membra ignude.

Ella sogna; che mai? bagna la schietta
Fronte un sottil madore, un rotto accento
Sfugge al turgido labbro... Ah, maledetta!
Ella sogna la colpa e il tradimento.

VENDETTA

Egli diritto, con le braccia al petto,
Di truci vampe ancor piena la cava
Orbita, livido, sopra il farsetto
Nero una croce, una catena flava

Doro; a suoi piedi ella travolta, come
Fulminata, sul niveo candore
Del sen la pompa delle brune chiome
Sciolta, una lama di pugnal nel core.

Lelsa gemmata sui nitidi, caldi
Avorii sta; la fiammula tranquilla
Duna lucerna nei verdi smeraldi,
Nei rosei balasci arde e sfavilla.
==>SEGUE
Sui tondi vetri del balcon riposa
Il cheto lume della luna scema;
Gi nella via, lontano, unamorosa
Canzon per laria si ravvolge e trema.

INVITO

Lungo la strada bianca e solitaria
Sfilano gli olmi rabbuffati e torvi;
Sotto la luna turbina nellaria
Un negro cerchio di stridenti corvi.

O pellegrin, fermate in cortesia:
Dite, gli ver che siete stanco morto?
Deh, non istate andare allosteria,
Ch poco loste vi pu dar conforto.

Badate a me, guardate: ecco una fossa:
Non vi par fatta come si conviene?
Provate solo a porci dentro lossa,
Vedrete come ci si dorme bene.

Per dio se ci si dorme, e non canzona!
Chi ventra non ne vuole uscir pi fuora:
Provate a porci dentro la persona,
Provatevici un poco alla malora!
PROMETEO

Nasceva il sole, il sol moriva; e in ceppi
Aspri tu stretto, ai piedi tuoi vedevi
Una ruina di squarciati greppi,
E il baglior vasto dell'eccelse nevi.

Rimuggiva sul tuo capo il rotante
Ciel, che lignita folgore disserra;
Sallargava ondulata e verdeggiante
Gi nel profondo la ricurva terra.

Superbo stavi; n sospir, n motto
Che tuscisse del sen fera la cava
Etra; il cruento sasso invan di sotto
Allineffabil tuo dolor fumava.

Tacevi; e in grembo allimmortal foresta
Dallalto udivi tempestar la scure,
E rintonando lilice rubesta
Precipitar dalle scoscese alture.

Vedevi in cerca di novelle sponde,
Dintentati perigli, opra di tua
Artificiosa man, correr sullonde,
Fidata ai venti, la gagliarda prua.
==>SEGUE


E ti gioa la mente, e le sciagure
Tue senza fin ti sarien parse un gioco;
Se non che di lontan vedevi pure
Splender sullare il radante foco,

Immortale tuo vanto, onde lantica
Terra sempiea di meraviglie nuove,
E strugger sacri incensi, e dimpudica
Religone alzar lossequio a Giove.

Cos la stirpe smembrata e vile,
Cui doma e calca il pallido terrore,
Riconosceva il donator gentile:
E sol di questo ti gemeva il core.
LA SERENATA DI SCHUBERT

Dietro i gran pioppi allineati e ritti
Chiara e lenta la luna in ciel vaggia;
Vasto luccica il mar, gi per la spiaggia
Nereggian gli elci ammontonati e fitti.

La jonica ruina entro lazzurra
Nebbia affusa le gracili colonne
Albeggiando; dal mar vola linsonne
Brezza e pel cavo prnao susurra.

Di lontan di lontan, per la tranquilla
Notte ne vien sommormorando un canto;
Anelante daffanno, ebbra di pianto,
La lunga nota nel silenzio oscilla.

Vola il canto sui prati e le sonore
Valli ridesta ed empie il ciel sereno,
Tutto tremante di ricordi e pieno
Duna tristezza che mi schianta il core.

CRISTO

Fuor dalle membra il caldo sangue a rivi
Ti scorrea, lacerava le divine
Tempie il tormento di pungenti spine:
Ti parea di morire e non morivi.

Con gli occhi in te confitti, genuflessa
Tua madre stava appi dellalta croce;
La sciagurata non avea pi voce,
N respiro, n pianto, e intorno ad essa

Tumultuava senza fin loscena
Turba, braca di delitto: obliqua
Per i colli, dal pian, chiudea liniqua
Citt di Giuda lesecrabil scena.

Fumava il sol caliginoso ed atro
Nel bronzeo cielo; esterrefatta e muta
Stava la terra; ed alla tua veduta
Sapria come un funereo teatro

Let futura, e travedevi arcane
Fughe di tempi, e magistero occulto
Dindomabili posse, ed il tumulto
E la ruina delle cose umane.

E tronfar menzogna, e infami gioghi
Vedevi al mondo impor da tuoi vicarii,
E nel tuo nome benedir sicarii,
E nel tuo nome dar le vampe ai roghi.
==>SEGUE


Correr liniquit la terra e il mare,
Ed invocare a suo presidio il cielo;
La tua croce schernita, e il tuo Vangelo
Fatto insegna e blason di lupanare.

Tingiurava dai cadenti clivi
Il volgo di vendetta ancor non sazio;
Ma tu lingiuria vil, ma tu lo strazio
Di tue misere carni non sentivi;

Ch unangoscia pi grave, un duol pi rio,
Qual giammai non saccolse in mortal petto,
Ti strinse il cor, tavvinse lintelletto,
Ed esclamasti: O padre, o padre mio,

Per tal dabietti e di codardi schiavi
Nefando gregge ho il sangue mio versato?
Questo scempio cui giova? e reclinato
Sul petto il capo lanima esalavi.
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